Danno da perdita della capacità lavorativa specifica: presupposti per il riconoscimento

La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 15451/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha affrontato il tema del risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica in seguito a un incidente stradale. La Corte, in particolare, ha esaminato i presupposti per il riconoscimento di tale danno nel caso in cui la vittima dell’incidente non svolgeva alcuna attività lavorativa al momento del sinistro o la tipologia del rapporto del lavoro non era chiaramente definita. Per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “Il risarcimento del danno nell’infortunistica stradale”, disponibile sia su Shop Maggioli che su Amazon.

Il risarcimento del danno nell'infortunistica stradale

Il risarcimento del danno nell'infortunistica stradale

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Massimo Quezel
Consulente in infortunistica dal 1997, fondatore e presidente del primo franchising in Italia di studi di consulenza dedicati alla tutela dei diritti dei danneggiati. Ha maturato una decennale esperienza come liquidatore assicurativo per una compagnia estera che gli ha permesso di acquisire un’importante esperienza nel settore. È autore dei libri inchiesta Assicurazione a delinquere, Malassicurazione e, con Francesco Carraro, di Salute S.P.A. – La Sanità svenduta alle Assicurazioni. Dal 2003 dirige il trimestrale BluNews, dedicato al settore della tutela dei diritti e del risarcimento del danno (www.massimoquezel.it).
Francesco Carraro
Avvocato, vicepresidente dell’associazione forense “La Meridiana - Giuristi & Responsabilità”, composta da avvocati esperti nel campo della responsabilità civile e del risarcimento. Formatore in ambito giuridico e sulle tecniche di comunicazione, è autore dei seguenti saggi: Gestire il proprio tempo, Convincere per vincere e I nove semi del cambiamento. È coautore, con Massimo Quezel, di Salute S.P.A. – La Sanità svenduta alle Assicurazioni (www.avvocatocarraro.it).

Leggi descrizione
Massimo Quezel, Francesco Carraro, 2025, Maggioli Editore
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Il caso

La vittima di un incidente stradale avvenuto il 12 maggio 2007 citò in giudizio il responsabile per ottenere il risarcimento dei danni. Il Tribunale accertò una corresponsabilità paritaria e condannò il convenuto a versare € 367.653,00, aumentando i valori tabellari per l’invalidità permanente e riconoscendo anche il danno da lesione della cenestesi lavorativa.

La Corte d’Appello, con una prima sentenza non definitiva (n. 546/2021), confermò la ripartizione della responsabilità ma dispose la prosecuzione del giudizio per acquisire la documentazione relativa agli emolumenti previdenziali e assistenziali percepiti. Successivamente, con la sentenza n. 1092/2022, respinse la domanda di risarcimento per perdita della capacità lavorativa specifica, rilevando:

  • l’assenza di prove sulla tipologia di rapporto di lavoro in essere al momento del sinistro;

  • la mancanza di evidenza che, dopo l’incidente, il danneggiato avrebbe potuto percepire redditi netti almeno doppi rispetto alla pensione di invalidità, detratte le somme già erogate dall’INPS.

Contro tale decisione il ricorrente ha proposto ricorso per Cassazione, articolando cinque motivi:

  1. Nullità della sentenza (art. 360, n. 4, c.p.c.): affermazione immotivata dell’assenza di prova dell’attività lavorativa al momento del sinistro, in contrasto con le risultanze documentali e con la stessa sentenza d’appello, che dava atto di un rapporto di lavoro dipendente con retribuzione mensile di € 1.300; illogicità della negazione del nesso causale tra invalidità permanente e perdita della capacità lavorativa, evidenziato dalla CTU medico-legale di primo grado.

  2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2056 c.c. e dell’art. 137, comma 3, Cod. Assicurazioni: mancato riconoscimento del risarcimento per perdita della capacità lavorativa specifica, nonostante la prova dell’esistenza di un reddito da lavoro dipendente.

  3. Falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.: omessa valutazione presuntiva del danno futuro in base alla percezione di reddito e alla gravità delle lesioni.

  4. Mancata applicazione del principio di non contestazione (art. 360, n. 4, c.p.c.): mancato riconoscimento come provata della circostanza che il danneggiato lavorasse presso la ditta e non potesse più lavorare in futuro per le gravi lesioni.

  5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 345, 356, 213 e 115 c.p.c.: errata applicazione della compensatio lucri cum damno, senza prova dell’esistenza e dell’entità del credito da compensare e senza una legittima acquisizione probatoria d’ufficio.

Accoglimento del ricorso

La Corte di Cassazione ha accolto i primi quattro motivi di ricorso, ritenendoli strettamente connessi, mentre il quinto è stato dichiarato assorbito.

Principi generali sul danno da perdita della capacità lavorativa specifica

La Corte di Cassazione ha accolto i primi quattro motivi di ricorso, ritenendoli strettamente connessi, mentre il quinto è stato dichiarato assorbito.

Secondo la Corte, i postumi permanenti derivanti da una lesione alla salute possono comportare una riduzione della capacità di produrre reddito. Ciò vale sia in riferimento a un’occupazione specifica, preesistente o futura, sia in relazione a generiche opportunità lavorative.

Perché il danno sia risarcibile è necessaria la prova del nesso causale tra:

  1. le lesioni riportate;

  2. l’impossibilità di svolgere il lavoro precedentemente esercitato;

  3. la concreta riduzione del reddito.

La liquidazione si effettua capitalizzando il reddito annuo perduto, includendo accessori e probabili incrementi, al netto delle ritenute fiscali.

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Risarcibilità anche senza attività lavorativa pregressa

La Corte ha ribadito che il danno da capacità lavorativa specifica è risarcibile anche se il danneggiato non svolgeva alcuna attività al momento del sinistro (ad esempio, in caso di disoccupati o minori). In questi casi, la liquidazione deve basarsi sul reddito che, con ragionevole verosimiglianza, la persona avrebbe conseguito, valutando la sua posizione economica e sociale, il percorso di studi e i risultati raggiunti.

Se il danneggiato era disoccupato, occorre una ragionevole certezza che avrebbe intrapreso un nuovo rapporto di lavoro. La giurisprudenza ha inoltre riconosciuto che un’invalidità permanente superiore al 30% può far presumere l’esistenza di un danno patrimoniale anche per chi non è ancora in età lavorativa.

Criterio del triplo della pensione sociale

In assenza di un reddito effettivamente percepito, o ragionevolmente conseguibile in futuro, la liquidazione equitativa può avvenire utilizzando il criterio del triplo della pensione sociale, previsto dall’art. 137, comma 3, del Codice delle assicurazioni.

Il caso concreto

Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva riconosciuto un’invalidità permanente del 60%, aumentata di un ulteriore 10% per maggiore difficoltà nello svolgimento dell’attività lavorativa. Nonostante ciò, la sentenza definitiva aveva respinto la domanda di risarcimento per perdita della capacità lavorativa specifica, fondandosi su argomentazioni che la Cassazione ha ritenuto illogiche.

I rilievi della Cassazione

  • Attività lavorativa pregressa – L’assenza di un’occupazione al momento del sinistro non esclude la configurabilità del danno, soprattutto per soggetti in età lavorativa. La circostanza rileva solo per determinare il reddito di riferimento, parametrato ai lavori che la persona avrebbe potuto svolgere.

  • Prova di attività lavorativa specifica – La Corte d’Appello aveva riconosciuto che il danneggiato lavorava presso una ditta, ma lamentava la mancata specificazione del tipo di rapporto. Per la Cassazione, se l’attività è pacificamente provata, il danno futuro può essere calcolato utilizzando lo stipendio percepito. Anche se il rapporto non fosse stato a tempo indeterminato, si sarebbe potuto usare come parametro il reddito di altra occupazione confacente alle attitudini del soggetto o, in via residuale, il triplo della pensione sociale.

  • Compensatio lucri cum damno – La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata illogica e apodittica. Escludere un danno “differenziale” senza conoscere il valore del danno patrimoniale futuro e l’ammontare della pensione INPS non è corretto. La Cassazione ha ricordato che il giudice può avvalersi dei propri poteri officiosi per acquisire tali dati.

Esito

La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per procedere all’accertamento e alla liquidazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, applicando i principi esposti.

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