La presunzione di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base sociale si estende ai costi disconosciuti e alle compagini societarie indirette

Con l’ordinanza n. 16035 del 16 giugno 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), la Corte di Cassazione (Sez. 5) interviene su un principio chiave del diritto tributario: la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili nelle società a ristretta base sociale. La Corte chiarisce che questa presunzione si applica non solo quando l’amministrazione accerta maggiori componenti positivi di reddito, ma anche in caso di disconoscimento di costi. Inoltre, estende l’ambito di applicazione della presunzione anche alle società partecipate esclusivamente da altre società, valorizzando il profilo sostanziale della compagine sociale, e non la sola forma giuridica. La decisione rafforza i principi costituzionali di capacità contributiva e uguaglianza.

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Il caso

La controversia trae origine dal ricorso per Cassazione proposto dalla società Alfa S.p.A. e dai suoi soci Gamma e Delta avverso una sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado. La sentenza impugnata aveva rigettato gli appelli della società e dei soci, confermando la legittimità degli avvisi di accertamento per maggiori imposte (I.I.D.D. e IVA) e sanzioni, derivanti dall’applicazione della presunzione di distribuzione degli utili.

I ricorrenti hanno contestato la decisione su più fronti.

  1. Il primo motivo di ricorso riguardava l’illegittimità della sentenza per aver confermato gli avvisi di accertamento relativi a IRES, IRAP e IVA, ritenendo insussistenti i presupposti per la deduzione dei costi e l’indetraibilità dell’IVA a causa di presunte irregolarità nella fatturazione delle operazioni di acquisto da Beta. In particolare, è stata censurata l’errata imputazione dell’onere della prova e l’insufficienza degli elementi indiziari a supporto della ripresa fiscale.
  2. Il secondo motivo concerneva analoghe contestazioni relative a operazioni di acquisto intracomunitario con la società Gamma Consulting.
  3. Infine, con il terzo motivo, i ricorrenti hanno censurato l’affermazione della natura di “società a ristretta base sociale” della Alfa S.p.A., sia sotto il profilo soggettivo (compagine sociale non direttamente composta da persone fisiche) sia oggettivo (presunzione di distribuzione degli utili non invocabile per costi disconosciuti).

Inammissibilità dei primi due motivi di ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i primi due motivi di ricorso. Quanto al primo, ha rilevato l’eterogeneità delle doglianze e il tentativo di ottenere una rivalutazione della prova, operazione non consentita in sede di legittimità. Il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per ragioni analoghe, poiché mirava a una nuova valutazione del materiale probatorio.

La presunzione di distribuzione degli utili

La Corte ha rigettato anche il terzo motivo, ritenendolo infondato. In particolare, ha confermato un principio consolidato: la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili tra i soci di una società di capitali a ristretta base partecipativa non è neutralizzata dalla forma giuridica societaria. Essa si applica a qualsiasi assetto societario ristretto, valorizzando il vincolo di solidarietà e controllo reciproco tra soci, in coerenza con i principi costituzionali di capacità contributiva e uguaglianza.

Il fatto noto su cui si fonda la presunzione non è la presenza di maggior reddito, ma la ristrettezza della compagine sociale, da cui si desume la gestione accentrata. Spetta al contribuente l’onere di fornire la prova contraria.

Compagine societaria e soci “di secondo livello”

La Corte ha sottolineato che la presunzione si applica indipendentemente dalla natura giuridica dei soci: è irrilevante che essi siano persone fisiche o giuridiche, incluse società di persone o di capitali. La difesa, che tentava di classificare i soci-persone fisiche come “di secondo livello”, è stata ritenuta infondata. L’accertamento deve basarsi su criteri sostanziali, volti a escludere che le società partecipanti siano meri schermi rispetto ai soci effettivi.

Nel caso in esame, la Corte ha rilevato che la Alfa S.p.A. era partecipata da due sole società: Holding Gamma S.a.s. (50,50%) e Beta S.r.l. (49,50%), a sua volta partecipata al 95,76% dalla stessa Holding Gamma. Questa struttura, connessa anche a legami familiari, dimostra un controllo societario concentrato in poche mani.

Disconoscimento dei costi e presunzione

Un punto centrale della pronuncia riguarda l’estensione della presunzione anche ai costi disconosciuti. Secondo la Corte, un costo non documentato e quindi non deducibile rappresenta una maggiore disponibilità economica per la società, e dunque una manifestazione di capacità contributiva rilevante ai sensi dell’art. 53 Cost.

In tali casi, la presunzione di distribuzione degli utili si applica anche alle componenti negative disconosciute, poiché rivelano la presenza di risorse non dichiarate che si presumono distribuite tra i soci. Anche in questa ipotesi, resta salva la possibilità per i soci di fornire prova contraria.

Il principio di diritto affermato

Alla luce di quanto sopra, la Corte ha affermato il seguente principio di diritto:

“In materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, la presunzione di attribuzione ai soci di maggiori utili, in corrispondenza di costi risultanti dalle scritture contabili ma disconosciuti, opera anche nel caso in cui la compagine sociale si componga esclusivamente di società, sia di persone sia di capitali, senza che ciò si ponga in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, allorquando il fatto noto è dato dalla ristrettezza dell’assetto societario che implica un reciproco controllo dei soci nella gestione sociale con conseguente vincolo di solidarietà”

(Nella specie, società di capitali partecipata da due società: una S.a.s. per il 50,50% e una S.r.l. per il 49,50%, quest’ultima partecipata a sua volta per il 95,76% dalla prima e per il resto da membri della stessa famiglia).

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale volto a contrastare le forme elusive di riparto degli utili, estendendo la portata della presunzione di distribuzione anche in presenza di costi disconosciuti e quando la compagine sociale è composta da altre entità societarie.

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