
La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 11290 del 29 aprile 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), interviene su un punto chiave della responsabilità extracontrattuale. Al centro della pronuncia c’è la solidarietà passiva ex art. 2055 c.c. tra più soggetti responsabili dello stesso evento dannoso, quando uno di essi non partecipa al giudizio.
La Corte formula un principio di diritto chiaro. Precisa quando il vincolo solidale si applica anche in presenza di un’azione parziale e quali effetti produce nei rapporti tra coobbligati.
La decisione non si limita a richiamare orientamenti consolidati. Li adatta a uno scenario processuale incompleto. Il caso riguarda la morte di un paziente, conseguenza di una serie di errori medici. Il danneggiato ha scelto di citare solo alcuni dei responsabili. La Cassazione chiarisce l’estensione della responsabilità solidale in situazioni simili.
La vicenda processuale: un danno unitario da concorso di più soggetti
Il fatto all’origine della controversia vede protagonista una donna anziana, sottoposta a intervento chirurgico per frattura del femore, successivamente ricoverata in una prima casa di cura per la riabilitazione post-operatoria. Durante il soggiorno, la paziente cade dalla sedia a rotelle, riportando lesioni tali da richiedere un secondo intervento chirurgico. A seguito dell’operazione, la donna viene trasferita presso una seconda casa di cura, e infine ricoverata in una struttura ospedaliera, dove viene sottoposta a un terzo intervento. Nei giorni immediatamente successivi, la paziente contrae una grave infezione da Staphylococcus aureus, che in breve tempo la conduce al decesso.
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Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia.
L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario.
Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
La figlia della donna, in qualità di danneggiata iure proprio e di erede iure hereditatis, agisce in giudizio nei confronti della prima casa di cura e dell’ospedale, sostenendo che entrambi abbiano concorso causalmente alla morte della madre. La seconda casa di cura, pur indicata come potenzialmente responsabile, non viene evocata in giudizio dall’attrice.
Il Tribunale, accogliendo le domande attoree, riconosce la responsabilità solidale della casa di cura e dell’ospedale nella misura del 90%, attribuendo il restante 10% di corresponsabilità alla seconda casa di cura, rimasta però estranea al processo. La Corte d’appello conferma integralmente la decisione, precisando che i due soggetti convenuti sono tenuti in solido al pagamento dell’importo corrispondente al 90% del danno accertato, con ripartizione interna del debito in misura paritaria, e dunque nella percentuale del 45% ciascuno.
La prima casa di cura propone ricorso per cassazione, sostenendo, tra le altre censure, che la Corte d’appello non si sarebbe pronunciata sulla graduazione interna della responsabilità tra i coobbligati, lasciando così indebitamente incerta la ripartizione definitiva del peso risarcitorio.
La risposta della Cassazione: il fondamento della solidarietà limitata
La Corte rigetta la censura come manifestamente infondata, rilevando che la sentenza impugnata ha chiaramente indicato la misura della ripartizione interna del debito risarcitorio. In particolare, la Corte evidenzia che la motivazione dell’appello ha fatto esplicito richiamo ai principi elaborati in tema di obbligazioni solidali da illecito extracontrattuale ai sensi dell’art. 2055 c.c., ribadendo che la solidarietà tra i soggetti chiamati in giudizio (la casa di cura e l’ospedale) deve intendersi circoscritta al 90% del danno complessivo accertato, mentre il restante 10% resta estraneo alla condanna per effetto della mancata evocazione processuale del terzo soggetto corresponsabile.
In altri termini, la solidarietà non opera sull’intero ammontare del danno ma solo entro i limiti della corresponsabilità giudizialmente accertata tra i soggetti effettivamente convenuti. Tale limite non è, dunque, frutto di una mera valutazione equitativa, ma espressione di un’esigenza strutturale del processo, che non può estendere l’obbligo solidale oltre il perimetro soggettivo definito dalla parte attrice nell’esercizio dell’azione giudiziale.
Nel pronunciarsi, la Corte ha colto l’occasione per enunciare un principio di diritto di portata generale, destinato a chiarire una questione sistematica spesso controversa nelle aule giudiziarie.
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Il principio di diritto: delimitazione della solidarietà e autonomia dei rapporti interni
La Corte ha quindi formulato, ai sensi dell’art. 384, primo comma, c.p.c., il seguente principio di diritto:
«La condanna di due coobbligati al risarcimento del danno in una percentuale inferiore al 100%, poiché un terzo (potenziale) coobbligato, benché ne sia stata astrattamente riconosciuta la corresponsabilità (nella specie, in misura del 10%), non è stato evocato in giudizio dal danneggiato, comporta che i due soggetti ritenuti responsabili e condannati al risarcimento dei danni (nella specie, in percentuale pari al 90%) debbano ritenersi vincolati in solido entro i limiti della accertata responsabilità, salvo riparto interno pro quota (nella specie, paritariamente riconosciute nella misura del 45%)».
Il principio valorizza l’autonomia tra obbligazione solidale esterna (nei confronti del danneggiato) e obbligazione contributiva interna tra i coobbligati. La pronuncia afferma che, anche in assenza di esplicita domanda riconvenzionale o di regresso, il giudice può e deve indicare la misura della ripartizione interna del debito, ove ciò emerga dagli atti o dall’istruttoria, al fine di determinare con esattezza le conseguenze economiche del vincolo solidaristico.
Considerazioni sistematiche e ricostruttive
Sotto il profilo sistematico, l’ordinanza si inserisce nel solco di una giurisprudenza che da tempo valorizza la natura unitaria del danno da illecito plurisoggettivo, ritenendo che il concorso di più autori configuri una fattispecie di corresponsabilità oggettiva che giustifica l’applicazione dell’art. 2055 c.c. Anche se tale norma sancisce un vincolo di solidarietà che opera in via automatica in presenza di un danno imputabile a più soggetti, la sua applicazione pratica deve essere coordinata con i principi processuali relativi alla soggettività del processo civile.
Ne deriva che il giudice, pur accertando la responsabilità concorrente di un terzo non evocato, non può emettere una condanna nei suoi confronti, né può pretendere dai convenuti in giudizio il pagamento della totalità del danno. La solidarietà resta, ma si “contrae” all’ambito del giudizio, limitandosi alla percentuale riconosciuta tra i soggetti presenti.
Ancora più significativo è il chiarimento sul piano dei rapporti interni. La pronuncia riconosce che, una volta limitata l’obbligazione solidale all’ambito processuale, nulla vieta al giudice di definire, già in sede di accertamento, le rispettive quote interne di responsabilità, affinché i condebitori possano regolare i reciproci rapporti di regresso o manleva con chiarezza e certezza giuridica. In tal senso, la fissazione della quota del 45% per ciascuno dei due obbligati è conforme al principio di ripartizione equitativa in assenza di cause che giustifichino una diversa graduazione.
Conclusioni
L’ordinanza n. 11290/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un intervento preciso e sistematicamente rilevante in materia di obbligazioni solidali da illecito civile. La Corte chiarisce che la solidarietà non si estende automaticamente all’intero danno accertato, ma solo alla porzione riferibile ai soggetti effettivamente convenuti in giudizio, con conseguente necessità di modulare tanto la condanna esterna quanto la ripartizione interna del debito.
In questo modo, il principio di solidarietà ex art. 2055 c.c. viene applicato in maniera coerente con le esigenze del processo civile e con il principio dispositivo, senza però perdere la propria funzione garantistica per il danneggiato e regolativa per i rapporti tra corresponsabili.
La decisione si impone così non solo per la puntualità con cui risolve la questione sottoposta al suo esame, ma anche per il contributo teorico che offre nella costruzione di una disciplina processualmente sensibile e sostanzialmente equilibrata della responsabilità civile plurisoggettiva.