Contratto nullo per contrarietà a norma imperativa non diventa valido se tale norma venga abrogata

Con la sentenza n. 3926 del 29 febbraio 2016, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito, in materia di nullità contrattuale, che l’illiceità del contratto deve essere riferita alle norme in vigore nel momento della sua conclusione e, pertanto, il negozio giuridico nullo all’epoca della sua perfezione, perché contrario a norma imperativa, non può divenire valido e acquisire efficacia per effetto della semplice abrogazione di tali disposizioni.

Come affermato dalla Corte di legittimità, perché questo effetto si determini, è infatti necessario che la nuova legge operi retroattivamente, incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore.

Nel caso in esame, uno Studio Associato di Consulenza aziendale aveva convenuto in giudizio alcuni clienti per il mancato pagamento di attività professionali.

Sul punto, è opportuno ricordare che, al fine di impedire l’esercizio in modo anonimo delle professioni protette ex art. 2229 c.c., gli artt. 1 e 2 della Legge n. 1815/1939 non consentivano la costituzione di società aventi ad oggetto la prestazione di attività professionale, permettendo soltanto l’associazione ai professionisti muniti dei necessari titoli di abilitazione. In particolare, il divieto di cui all’art. 2 riguardava tutte le forme societarie, sia di capitali che di persone, riconoscendo lo “studio associato” quale unica forma consentita di esercizio in comune dell’attività professionale. Tale art. 2 è stato tuttavia abrogato dall’art. 24 della legge n. 266/1997.

Ebbene, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano accolto le domande attoree, rilevando che nonostante lo Studio Associato costituisse un’associazione professionale avente natura di società semplice, e non mera associazione professionale di mezzi, l’avvenuta abrogazione dell’art. 2 L. cit., non permetteva l’invocazione di tale disposizione e pertanto non poteva essere accolta l’eccezione di nullità dei contratti stipulati per contrarietà a norme imperative.

Sulla scorta del principio già accennato, la Suprema Corte rilevava tuttavia che l’avvenuta abrogazione dell’art. 2, legge n. 1815/1939 non incide in ordine alla valutazione di eventuale nullità dei contratti di prestazione professionale precedentemente conclusi: ne consegue che, ove risultasse accertato in fatto che lo studio associato sia stato costituito per l’esercizio dell’attività professionale in forma societaria, i contratti da esso stipulati devono essere considerati viziati da nullità insanabile per contrasto con norma imperativa di legge.

A tal riguardo, la Cassazione ha altresì evidenziato come, alla luce del ruolo che l’ordinamento affida alla nullità contrattuale, il rilievo d’ufficio di una nullità negoziale deve ritenersi consentito in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale, “sicchè il giudice ha il potere-dovere di rilevare dai fatti allegati e provati, o comunque emergenti “ex actis”, una volta provocato il contraddittorio sulla questione, ogni forma di nullità del contratto stesso“. Tanto più la nullità rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo in una causa, quale quella in esame, in cui di tale contratto si chieda l’adempimento, giacché il giudice è tenuto a verificare l’esistenza delle condizioni dell’azione e a rilevare d’ufficio le eccezioni che, senza ampliare l’oggetto della controversia, tendano al rigetto della domanda e possano configurarsi come mere difese del convenuto, come tali formulabili anche in comparsa conclusionale, purché fondate su elementi già acquisiti al giudizio.

In conclusione, la Corte ha dunque accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello.

Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza n. 3926 del 29 febbraio 2016

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