Il primato della volontà testamentaria e la tutela dell’asse ereditario

La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 26951 del 2024, ha ribadito il primato della volontà testamentaria nelle successioni, richiedendo ai giudici una motivazione chiara e rispettosa delle disposizioni della de cuius.

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La questione giuridica

La causa nasce dalla successione di una donna deceduta nel 2007, che aveva redatto più testamenti, ognuno dei quali delineava una ripartizione dettagliata delle somme e dei benefici tra i familiari, inclusi i nipoti e gli altri eredi. Tuttavia, uno dei nipoti, poco dopo il decesso, aveva attuato operazioni controverse, che gli altri considerano lesive della massa ereditaria e contrarie alle volontà testamentarie. In particolare, il nipote ha annullato una polizza vita stipulata da quest’ultima, trasferendo la somma su una nuova polizza intestata con il proprio nome. Gli altri eredi, ritenendo l’operazione contraria alle ultime volontà dichiarate dalla testatrice, hanno agito in giudizio richiedendo la restituzione delle somme e il loro reintegro nella massa ereditaria da dividere, secondo le originarie disposizioni testamentarie.

La sentenza di primo e secondo grado

In primo grado, il Tribunale di Benevento aveva disposto la divisione dei beni mobiliari (sulla base di una consulenza tecnica) come stabilito dalle disposizioni testamentarie del de cuius. La decisione è stata in seguito confermata anche dalla Corte d’Appello di Napoli. In particolare, quest’utlima ha ritenuto che le operazioni del nipote sui beni della massa ereditaria fossero state correttamente limitate e che la divisione dovesse procedere come disposto dal giudice di primo grado.

Le questioni poste dall’erede

Il ricorso in Cassazione presentato dal nipote ha avuto ad oggetto cinque motivi di doglianza: tra questi, il ricorrente ha lamentato che i giudici di merito non abbiano rispettato la volontà testamentaria della defunte, che a suo dire aveva espressamente destinato il capitale con quote precise a eredi specifici. L’erede ha sostenuto che i giudici abbiano applicato in modo errato i criteri della successione legittima per la divisione del patrimonio. Tra le questioni sollevate, figura anche la ripartizione degli interessi maturati sui capitali ereditari: in particolare, il ricorrente ha ritenuto che tali interessi fossero destinati esclusivamente a un altro erede, senza alcun criterio di distribuzione proporzionale tra tutti i coeredi.

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Riccardo Mazzon
Avvocato Cassazionista del Foro di Venezia. Ha svolto funzioni di vice-procuratore onorario presso la Procura di Venezia negli anni dal 1994 al 1996. È stato docente in lezioni accademiche presso l’Università di Trieste, in corsi approfonditi di temi e scritture giuridiche indirizzati alla preparazione per i Concorsi Pubblici. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche.

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La decisione della Cassazione

I giudici della Corte hanno accolto parzialmente il ricorso, attribuendo importanza all’interpretazione delle volontà testamentarie. La Suprema Corte ha infatti rilevato che i giudici di merito, anziché applicare in via prioritaria le disposizioni testamentarie della defunta avevano fatto riferimento alla disciplina della successione legittima di cui all’art. 457 c.c., senza apportare una spiegazione adeguata su tale scelta.

Secondo la visione dei giudici, quando il testatore ha lasciato indicazioni relativamente precise sulla divisione dei beni, il giudice di merito non può ricorrere in modo automatico alle norme della successione legittima, le quali trovano applicazione solo in assenza di disposizioni testamentarie esaustive. In questo caso, quindi, il giudice avrebbe dovuto attenersi al principio di volontà del testatore, sancito dall’art. 587 c.c., il quale dispone che le volontà espresse nel testamento devono essere rispettate in quanto ultima manifestazione di volontà del de cuius.

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Il ruolo dell’art. 112 c.p.c. e l’ultrapetizione

In merito al motivo di ricorso rappresentato dall’ultrapetizione, la Corte ha richiamato il principio sancito dall’art. 112 c.p.c., secondo cui il giudice deve pronunciarsi nei limiti della domanda prospettate e non oltre da quanto richiesto dalle parti. Nel caso di specie, tuttavia, la Corte ha ritenuto l’infondatezza di questo motivo, affermando che i giudici di merito avevano correttamente operato senza eccedere rispetto a quanto richiesto dagli eredi. La Corte di Cassazione ha quindi confermato il potere del giudice di ricostruire i fatti in autonomia, purché non travalichi i confini della causa petendi e del petitum.

Conclusioni

Con questa pronuncia, la Cassazione ha ribadito che le volontà espresse dal testatore devono prevalere ogni volta che siano sufficientemente chiare e comprensibili.  Viene dunque rafforzato un orientamento giurisprudenziale volto a garantire certezza e trasparenza nelle questioni ereditarie, nonché a preservare l’autonomia del testatore, come previsto dalle norme del codice civile.

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