La responsabilità dell’appaltatore per difetti strutturali nelle costruzioni è al centro dell’ordinanza n. 11906 del 2024. In particolare, i giudici hanno rivolto la propria attenzione all’art. 1669 c.c. e sulle conseguenti implicazioni giuridiche le parti coinvolte. Nel caso di specie, i punti chiave emersi dal caso, si focalizzano sulla definizione di compimento e sulla determinazione del periodo di responsabilità dell’appaltatore in relazione ai difetti strutturali.
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Scarica qui: Corte di Cassazione- Sez. II Civ.- ord. n. 11906 del 03-05-2024
La questione
Nel 2004, ha preso avvio una controversia da parte di un committente contro un appaltatore riguardante un edificio residenziale costruito nel 1987. Il committente ha sostenuto che, nonostante la conclusione dei lavori principali come il pilastro e il solaio, il terzo piano non aveva ottenuto il suo completamento . Circa quindici anni dopo la costruzione, il committente ha scoperto delle lesioni nelle travi di fondazione e le indagini tecniche hanno evidenziato che le lesioni erano dovute all’utilizzo di un cemento di qualità inferiore, non adeguato per garantire la necessaria resistenza alla compressione. Di seguito, il committente ha richiesto un risarcimento dei danni per coprire i costi necessari al consolidamento dell’edificio, richiesta cresciuta a una somma più elevata a causa del progressivo peggioramento dei danni.
I motivi del ricorso in cassazione
L’appaltatore ha contestato l’omissione da parte della Corte di Appello di accertare il decorso del termine decennale di responsabilità previsto dall’articolo 1669 c.c., regolante la responsabilità dell’appaltatore per rovina o gravi difetti delle opere immobiliari. L’appaltatore ha sostenuto che i lavori specifici di costruzione di pilastri e solai siano stati completati nel 1988, mentre i gravi difetti sono stati scoperti solo nel 2002, affermando quindi che il termine decennale era già decorso al momento della manifestazione del difetto.
L’appaltatore ha altresì lamentato una violazione dell’art. 116 c.p.c. per via del fatto che la Corte territoriale avesse fondato la responsabilità dell’appaltatore sulla base di perizie tecniche che avrebbero utilizzato dati forniti da una società precedentemente incaricata dal committente;
I motivi di ricorso incidentale presentati dal committente
Mentre, il ricorso incidentale formulato dal committente ha contestano la decisione della Corte di Appello che, pur riconoscendo che i danni erano stati quantificati in circa € 56.462 nel corso della causa, ha limitato il risarcimento a € 16.494. Il committente ha sostenuto che siffatta decisione si basasse su un’errata interpretazione di una clausola di stile contenuta nell’atto di citazione, che prevedeva la condanna alla “maggior o minor somma”.
Il terzo ed ultimo motivo proposto nel ricorso incidentale ha denunciato un errore della Corte territoriale per non aver rilevato che la quantificazione precisa della domanda risarcitoria (circa € 56.462) era stata fatta nell’atto di appello e non costituiva una modifica ma un semplice chiarimento della domanda originale.
Le argomentazioni della Corte di Cassazione
I giudici della Corte di Cassazione hanno accolto il primo motivo del ricorso dell’appaltatore, basando la loro decisione su un’interpretazione conforme dell’art. 1669 c.c.: la norma stabilisce che l’appaltatore è responsabile per rovina o gravi difetti delle opere immobiliari per un periodo di dieci anni, decorrenti dal “compimento” dell’opera.
Il punto cardine della questione riguardava il significato di compimento. La Corte di Cassazione ha chiarito che tale termine non implica, in ogni caso, la completa ultimazione di ogni aspetto dell’opera come specificato nel contratto di appalto; invece, può riferirsi al completamento dei lavori strutturali essenziali, quali i pilastri e il solaio, che sono determinanti per assicurare la stabilità e la sicurezza dell’edificio.
Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che “i lavori sui pilastri e sul solaio completati nel 1988 rappresentavano un “compimento” sufficiente per avviare il conteggio del termine decennale di responsabilità e di conseguenza, quando i difetti sono stati scoperti nel 2002, il termine di dieci anni era già trascorso, rendendo così inammissibile la richiesta risarcitoria”.
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Certezza per l’appaltatore
La decisione dei giudici ermellini ha anche sottolineato l’attitudine della certezza per l’appaltatore riguardo al periodo di tempo in cui è esposto a potenziali richieste risarcitorie: questo principio è volto ad assicurare la sicurezza giuridica e per permettere agli operatori economici di prevedere con precisione i loro rischi contrattuali e le relative responsabilità.
Inoltre, la Corte ha evidenziato che, in situazioni dove l’opera è destinata a lunga durata, l’art. 1669 c.c. prevale sulle norme generali che regolano i difetti e la risoluzione dei contratti per inadempimento: orientamento che si incentra in via esclusiva sui difetti gravi che si manifestano entro il termine decennale, offrendo, così, un quadro normativo che priorizza la stabilità e la funzionalità a lungo termine delle costruzioni.
Con le proprie argomentazioni, i giudici della Corte di Cassazione hanno richiamato la sentenza n. 28233 del 2017, come punto di riferimento per interpretare e applicare l’art. 1669 c.c.: richiamo giurisprudenziale che ha svolto un ruolo chiave per chiarire un’interpretazione conforme sulla nozione di “compimento” dell’opera e il conseguente inizio del termine decennale di responsabilità per l’appaltatore.
Nella sentenza del 2017, la Corte aveva già affrontato questioni simili relative alla responsabilità dell’appaltatore per rovina o gravi difetti delle costruzioni, stabilendo importanti principi interpretativi. In particolare, la Corte ha chiarito che il termine “compimento” può essere interpretato in modo flessibile per includere i casi in cui sono stati completati i lavori essenziali, anche se l’intero progetto non è stato ultimato in ogni suo aspetto. Questo principio ha aiutato a definire meglio il campo di applicazione stessa norma, indicando che la responsabilità si estende a difetti gravi che emergono entro dieci anni.
Il richiamo della sentenza ha permesso ai giudici di collegarsi a un consolidato orientamento giurisprudenziale, costituente una base solida per la responsabilità degli appaltatori.
Orientamento adottato dalla Corte d’Appello
Mentre, la Corte di Appello ha interpretato il termine “compimento” nell’ambito dell’art. 1669 c.c. facendo riferimento alla giurisprudenza passata, in particolare alla più recente Cassazione n. 13707/2023 che mirava a chiarire che il termine decennale di responsabilità dell’appaltatore non inizia necessariamente al momento della completa finalizzazione fisica dell’opera, ma può essere avviato da “condizioni di fatto che danno luogo a responsabilità del costruttore”.
L’argomento centrale sostenuto dalla Corte di Appello era che, ai fini della proponibilità dell’azione risarcitoria per rovina o gravi difetti di opere immobili, il termine decennale previsto dall’articolo 1669 c.c. facesse riferimento al momento in cui si verificano le condizioni oggettive generatrici della responsabilità del costruttore.
Dunque, questo orientamento ha proposto di collegare l’inizio del termine decennale alla manifestazione effettiva di problemi strutturali gravi, piuttosto che al semplice completamento dell’opera cosicché il committente avesse la possibilità di agire in giudizio per risarcimento dei danni una volta che i difetti diventano apparenti e verificabili, allineando la responsabilità dell’appaltatore con la durata effettiva della sicurezza e dell’integrità strutturale dell’immobile.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha sostenuto una versione differente, ponendo l’accento sulla necessità di una certezza giuridica e temporale per l’appaltatore riguardo alla fine del suo obbligo di responsabilità, decidendo che il termine decennale debba iniziare dal compimento dei lavori principali.
Conclusione
In definitiva, la decisione presa dai giudici ermellini ha chiarito che il “compimento” di un’opera si riferisce al completamento degli elementi strutturali essenziali, non dell’intero progetto.
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Ultimo aggiornamento al Decreto PNRR-bis, D.L. 19/2024 convertito in L. 56/2024
Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.