Sospensione del titolo esecutivo e dell’esecuzione: riflessi sul pignoramento presso terzi

in Giuricivile, 2021, 5 (ISSN 2532-201X)

Nell’ambito del processo esecutivo, che secondo la giurisprudenza si instaura con la notifica dell’atto di pignoramento, il debitore esecutato potrà avvalersi dei normali rimedi di contrasto alla pretesa presentando opposizione all’esecuzione ai sensi e nelle forme previste dall’art. 615 c.p.c., contestando il diritto all’esecuzione, oppure opposizione ai singoli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., al fine di neutralizzarne l’efficacia per vizi di forma.

Il giudice dell’esecuzione – nel caso di opposizione a esecuzione iniziata – può sospendere il processo esecutivo su istanza di parte, ove ne rinvenga i presupposti.

Una volta ottenuta la sospensione del processo esecutivo, il debitore tende spesso a rivolgersi al terzo pignorato, nella qualità di datore di lavoro, per chiedere la sospensione delle trattenute del quinto dello stipendio, sulla scorta della sospensione del processo esecutivo.

Nella casistica, il debitore si rivolge al terzo pignorato avanzando la seguente richiesta: “Il Giudice dell’esecuzione ha disposto la sospensione del procedimento esecutivo, per cui ogni successivo accantonamento non va più eseguito da parte del terzo”.

Richieste di tal genere si scontrano con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale “l’intervenuta sospensione del titolo esecutivo da parte del giudice innanzi al quale è impugnato non comporta la sopravvenuta illegittimità degli atti esecutivi già posti in essere, ma impone la sospensione del processo ex art. 623 cpc.” [1]

Le “parti” del processo esecutivo e il ruolo del terzo pignorato.

L’inciso “(…) non comporta la sopravvenuta illegittimità degli atti esecutivi già posti in essere, ma impone la sospensione del processo ex art. 623 cpc” induce, a volte, in equivoco il debitore esecutato, il quale è portato a pensare – per un naturale istinto di difesa del patrimonio – che da quel momento in poi il terzo pignorato, datore di lavoro, debba cessare di effettuare gli accantonamenti sulle somme dovute al debitore esecutato.

Ciò non è esatto, in quanto la sospensione del processo esecutivo non consente di compiere gli ulteriori atti esecutivi da quel momento in poi, ma occorre intendersi in cosa consistano gli atti esecutivi, e a chi è rivolta la preclusione. Gli atti esecutivi sono esattamente solo quelli delle parti del processo, precisamente quelli del creditore procedente  – se si considerano quelli del debitore come atti “oppositivi” – e non quelli cui deve adempiere il terzo pignorato, che proprio per tale qualificazione è anche “terzo” rispetto al processo esecutivo. La sospensione del processo esecutivo opera fra le parti dello stesso e non investe gli obblighi del terzo, che derivano direttamente dalla legge.

I singoli atti esecutivi fra esecuzione uno actu ed esecuzione frazionata

L’equivoco è generato spesso dal ritenere l’accantonamento mensile della quota del quinto dello stipendio quale atto esecutivo autonomo che si ripete di mese in mese, pertanto se ne chiede la cessazione. In realtà l’accantonamento mensile della quota pignorata dello stipendio non consiste in un atto esecutivo che si ripete ogni mese, ma costituisce adempimento frazionato dell’unico atto esecutivo rappresentato nell’ordine di vincolare l’intera somma pignorata contenuto nell’atto di pignoramento.

Infatti, nelle ordinanze di sospensione si afferma spesso che “l’intervenuta sospensione del processo esecutivo non comporta la sopravvenuta illegittimità degli atti esecutivi già posti in essere”.

Giustappunto, l’atto esecutivo già posto in essere non va confuso con l’accantonamento mensile della quota stipendiale, ma nell’atto unico di pignoramento già eseguito, e la sospensione del processo, producendo effetti ex nunc, non può logicamente travolgere gli atti esecutivi già posti in essere, cioè l’unico atto di pignoramento dell’intera somma.

Tale principio è stato affermato, molto chiaramente, anche dalla Cassazione Civile Sent. Sez. 3 del 17/10/2019 n. 26285: “qualora il pignoramento sia stato nel frattempo già eseguito, gli atti esecutivi posti in essere fino a quel momento conserveranno i propri effetti, trovando applicazione quanto disposto dall’art. 626 cod. proc. civ.

Consegue che la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo avrà un effetto protettivo dall’azione esecutiva per i beni dell’opponente non ancora aggrediti dal creditore, ma relativamente a quelli già pignorati i suoi effetti non differiranno, nella sostanza, dalla sospensione ex art. 624 cod. proc. civ.: i beni staggiti resteranno soggetti al vincolo di indisponibilità, ma non potranno compiersi ulteriori atti esecutivi.

Cioè, il creditore in executivis il cui processo è sospeso, non potrà compiere ulteriori atti esecutivi, non potrà aggredire ulteriori beni del debitore, ma quelli già pignorati, sui quali è già calato il vincolo di indisponibilità, non potranno essere liberati, né dal debitore, né dal terzo pignorato.

Le somme pignorate costituite dall’intero importo indicato nell’atto.

L’importo pignorato è l’intero ammontare che risulta dall’atto di pignoramento (il credito aumentato della metà) e non le singole quote del quinto dello stipendio che si accantonano mese per mese. Questo frazionamento dipende esclusivamente dalla corresponsione temporale dello stipendio e dalla compressione dello stesso nel limite del quinto per salvaguardare le ragioni di vita del debitore derivanti dalla natura reddituale di tali somme.

In giurisprudenza si rinvengono diversi arresti in tal senso: “In caso di instaurazione del merito dell’opposizione di cui all’art. 615 c.p.c., e comunque fino all’eventuale estinzione ai sensi dell’art. 624, comma 3, c.p.c., il processo esecutivo – pur sospeso – rimarrà pendente (resteranno in particolare fermi gli effetti del pignoramento: in caso di pignoramento presso terzi, le somme pignorate resteranno vincolate.” (Corte di Cassazione n. 15615 del 22/06/2017).

La locuzione “le somme pignorate resteranno vincolate”, si riferisce proprio alle somme indicate nell’atto di pignoramento aumentate della metà ai sensi dell’art. 546, 1° comma, c.p.c., queste essendo le somme pignorate, non le singole quote stipendiali di accantonamento, che prosegue necessariamente anche dopo l’ordinanza di sospensione.

E la ratio di tale prosecuzione è rinvenibile nella esigenza di preservare le garanzie delle ragioni del creditore fino alla definizione del processo di merito sul titolo esecutivo sospeso, in quanto potrebbe risultarne vincitore. Infatti, laddove vincitore, il tempo trascorso per il processo di merito non gli avrà fatto perdere la somma pignorata tempo addietro e così vedrà soddisfatto il suo interesse, senza che dalle more del processo di cognizione gli derivi pregiudizio. Mentre, nel caso risulti definitivamente soccombente, il processo esecutivo sarà dichiarato estinto e i beni pignorati saranno liberati e messi a diposizione dell’ex debitore.

Coerente con tale impostazione anche la sentenza che afferma: “l’ordinanza di sospensione dell’esecutività di un titolo (nella specie, giudiziale) rende priva di idoneo fondamento la procedura esecutiva su di esso originariamente basata e, quindi, tutti gli atti emessi nel suo corso, fin dalle ore zero del giorno in cui l’ordinanza stessa è stata pubblicata  (Cassazione civile sez. VI  19 novembre 2014 n. 24637)”.

Non si coglie nel segno invece quando si considerano i singoli atti di accantonamento come autonomi atti esecutivi successivi alle ore zero della pubblicazione dell’ordinanza di sospensione, che altro non sono che adempimento frazionato dell’esecuzione del precedente atto di pignoramento, che non è posto nel nulla dalla successiva ordinanza, come ampiamente riportato nelle sentenze commentate, compresa l’ultima.

Pertanto, secondo le coordinate normative ed ermeneutiche il terzo pignorato non può venire meno ai suoi obblighi di custode delle intere somme vincolate nell’atto di pignoramento, nonostante la sospensione del titolo e del processo esecutivo fino alla dichiarazione di estinzione del processo.


[1] Ordinanza Tribunale di Trani 24 giugno 2020.

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