Separazione e prova per l’addebito: sono utilizzabili gli screen delle chat acquisiti senza consenso?

La Prima Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 4530/2025, ha affrontato una questione di rilievo in materia di separazione con addebito. La Suprema Corte, in particolare, ha chiarito se gli screenshot delle conversazioni su Telegram e Whatsapp, contenenti indizi di una relazione extraconiugale, possano costituire valida prova per l’addebito, anche se acquisiti senza il consenso del coniuge interessato. Per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali.

I nuovi procedimenti di famiglia

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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

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Il caso in esame

Il Tribunale di Pesaro dichiarava la separazione personale dei coniugi, rigettando la richiesta di addebito avanzata dalla moglie, affidando il figlio ad entrambi e stabilendo un assegno di mantenimento a favore del minore e della donna.

La Corte d’Appello riformava la decisione di primo grado riconoscendo l’addebito della separazione a carico del marito per comprovata infedeltà coniugale e aumentava l’ammontare dell’assegno di mantenimento per la coniuge e il figlio. Il marito, avverso tale decisione, presentava ricorso in Cassazione.

La censura del ricorrente

Il marito, con il terzo motivo di ricorso, censurava la decisione di secondo grado lamentando l’illegittima utilizzazione di prove acquisite in violazione del diritto alla riservatezza e la valorizzazione di una testimonianza “de relato actoris”, irrilevante sul piano probatorio.

La Corte d’Appello, in particolare, ai fini della dichiarazione di addebito della separazione, aveva ritenuto provata la relazione extraconiugale dell’uomo in base agli screenshot di conversazioni su Whatsapp Telegram, depositati dalla moglie e acquisiti senza il consenso del marito. Gli screen delle chat, inoltre, non riportavano le date dei messaggi, né i nomi del mittente e dei destinatari.

Per la Corte territoriale, l’acquisizione delle conversazioni era lecita dal momento che, un’amica della moglie, chiamata a testimoniare, aveva riferito che i coniugi condividevano le password dei rispettivi telefoni.

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L’irrilevanza della testimonianza de relato actoris

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il rilievo relativo alla testimonianza resa dall’amica della moglie, qualificabile come testimonianza “de relato actoris”. I testimoni “de relato actoris” sono quelli che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto che ha proposto il giudizio. La donna, infatti, aveva riferito in giudizio ciò che la moglie le aveva confidato: ossia la presunta confessione del marito in merito alla relazione extraconiugale e la prassi di accesso reciproco ai telefoni.

Secondo la giurisprudenza consolidata, tali dichiarazioni non possono assumere valore né come prova diretta né come indizio, in quanto non riferite a circostanze percepite personalmente dal testimone, ma apprese da una parte in causa. In assenza di ulteriori elementi oggettivi, esse restano prive di valore probatorio (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 569 del 15/01/2015; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8358 del 03/04/2007).

L’inutilizzabilità degli screenshot in assenza di prova di un accesso lecito

Di conseguenza, risultava viziata anche l’utilizzo degli screenshot delle chat come prova della relazione extraconiugale. La moglie aveva allegato tali conversazioni senza, tuttavia, fornire una prova dell’acquisizione legittima. L’unico elemento in tal senso, la dichiarazione secondo cui i coniugi si scambiavano liberamente le password, era stato riferito proprio dalla testimone de relato, in assenza di riscontri oggettivi.

La Cassazione ha evidenziato che, senza prova certa del consenso all’accesso al dispositivo dell’altro coniuge, gli screenshot si considerano acquisiti in modo illecito e non possono essere utilizzati per fondare una decisione sull’addebito della separazione.

Conseguenze sull’accertamento per l’addebito

La Corte d’Appello aveva basato l’accertamento dell’infedeltà del marito esclusivamente sulla combinazione tra gli screenshot e la testimonianza de relato: l’intero impianto probatorio, di conseguenza, risultava compromesso. La Suprema Corte ha, quindi, accolto il terzo motivo di ricorso e ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Conclusioni

La decisione della Cassazione si inserisce in un filone giurisprudenziale volto a rafforzare le garanzie di riservatezza nell’acquisizione delle prove digitali. Essa riafferma due principi fondamentali: da un lato, la necessità di provare l’accesso lecito ai dispositivi elettronici per rendere utilizzabili le prove raccolte; dall’altro, l’irrilevanza della testimonianza de relato actoris.

In assenza di un’effettiva dimostrazione del consenso condiviso all’utilizzo del telefono del coniuge, gli screen delle chat di Whatsapp e Telegram non possono giustificare l’addebito della separazione.

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