Risarcimento del danno per lucro cessante e concorso colposo del creditore ex art. 1227 c.c.

Con la sentenza n. 11230 del 31 maggio 2016, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito che, in materia di concorso colposo ex art. 1227 c.c., non è dovuto il risarcimento del lucro cessante qualora il creditore, con l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto evitare il danno.

In tema di risarcimento del danno, il 1° comma dell’art. 1227 c.c. riguarda l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso, mentre il 2° comma è riferito alla situazione in cui il danneggiato sia estraneo alla produzione dell’evento ma abbia omesso di fare uso della normale diligenza per circoscriverne l’incidenza.

Sul punto, la Suprema Corte ha ribadito quale sia l’ordinaria diligenza richiesta dall’art. 1227 comma 2 c.c.: la norma non si limita a prescrivere al danneggiato un comportamento meramente negativo, consistente nel non aggravare con la propria attività il danno già prodottosi, ma richiede un intervento attivo e positivo, volto non solo a limitare, ma anche ad evitare le conseguenze dannose.

La disposizione che onera il danneggiato ad uniformarsi ad un comportamento attivo ed attento dell’altrui interesse rientra, infatti, tra le fonti di integrazione del regolamento contrattuale, per cui la stessa “evitabilità” del danno è coordinata con i principi di correttezza e di buona fede oggettiva, contenuti nell’art. 1175 c.c., applicabile ad entrambe le parti del rapporto obbligatorio e non al solo debitore: costituisce quindi onere sia del debitore che del creditore salvaguardare l’utilità dell’altra parte nei limiti in cui ciò non comporti un’apprezzabile sacrificio a suo carico.

Afferma, infine, la Corte di legittimità che il limite dell’esigibilità è costituito dalla “ordinaria” e non “straordinaria” diligenza, “nel senso che le attività che il creditore avrebbe dovuto porre in essere al fine dell’evitabilità del danno, non siano gravose o straordinarie, come esborsi apprezzabili di denaro, assunzione di rischi, apprezzabili sacrifici“.

La Suprema corte ha pertanto confermato quanto già statuito dalla Corte d’appello e rigettato il ricorso, negando la richiesta di risarcimento danni per lucro cessante avanzata da una ditta che, non ricevendo il macchinario acquistato, aveva lamentato la sospensione della sua attività produttiva: con l’ordinaria diligenza prevista dall’art. 1227 comma 2 c.c. il danno poteva infatti essere evitato con l’acquisto dell’impianto in oggetto da un altro fornitore, senza nessun aggravio per la ditta ricorrente.

Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza n. 11230 del 31 maggio 2016

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