
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12232/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), interviene sulla delicata questione del diritto al rimborso del credito IVA in capo a un soggetto passivo che, pur avendo sostenuto costi per attività preparatorie, non ha ancora posto in essere alcuna operazione attiva. La decisione offre l’occasione per ribadire i principi, di derivazione unionale, che governano la neutralità dell’imposta nella fase di start-up aziendale. Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “Come cancellare di debiti fiscali”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.
Come cancellare i debiti fiscali
Il presente volume vuole offrire ai professionisti ed ai contribuenti, imprese e privati, soluzioni difensive, anche alternative a quelle tradizionali, al fine di risolvere la situazione compromessa.
Sono raccolti tutti gli strumenti utili per una efficace difesa in ogni fase, dall’avvio dell’attività imprenditoriale o professionale al primo accertamento/atto impositivo, sino ai rimedi estremi post decadenza dalle ordinarie azioni difensive.
Il lavoro, aggiornato alle ultime novità legislative e giurisprudenziali nazionali ed europee, analizza le contestazioni più frequenti, i vizi degli atti impositivi, del fermo amministrativo, dell’ipoteca e dei pignoramenti esattoriali e le relative soluzioni, attraverso il coordinamento della normativa speciale esattoriale alle previsioni amministrative, agli istituti civilistici, nonché alle norme penali (ad es. la sospensione disposta dal PM a seguito di denuncia per usura).
Al professionista viene offerto un quadro completo del suo perimetro d’azione, con l’indicazione puntuale delle circolari, dei provvedimenti e risposte della P.A., e dei vademecum e linee guida dei tribunali.
Leonarda D’Alonzo
Avvocato, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.
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Leonarda D’Alonzo, 2025, Maggioli Editore
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La vicenda processuale
Il caso riguarda il diniego dell’Agenzia delle Entrate a un’istanza di rimborso IVA ex art. 30, co. 4, DPR 633/1972, fondata sul criterio del “minore del triennio”. Il rigetto si basava sulla presunta assenza di esercizio abituale dell’attività d’impresa ai sensi dell’art. 4 DPR 633/1972.
La società richiedente, costituita nel 2007 per operare nel settore dei pneumatici fuori uso, aveva sostenuto spese preparatorie coperte da mutuo fondiario, ma risultava ancora inattiva nel 2013, anno cui si riferiva il credito, e priva di operazioni attive. Il giudice di primo grado ha accolto la tesi dell’Agenzia, rilevando l’assenza di effettivo avvio dell’attività anche a distanza di cinque anni dalla costituzione.
In appello, la Corte di Giustizia Tributaria della Puglia ha riformato la decisione, riconoscendo il diritto al rimborso in virtù dell’inerenza dei costi e del collegamento funzionale con l’attività, seppur non ancora operativa. La mancata operatività è stata giustificata dall’intervenuta entrata in vigore del DM 82/2011, che aveva ritardato il rilascio delle necessarie autorizzazioni.
Contro tale decisione, l’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra l’altro, la violazione dell’art. 2697 c.c., per aver la CGT ritenuto sufficiente il riferimento al decreto ministeriale, senza richiedere una prova concreta dell’intenzione di avviare l’attività e degli ostacoli che lo avevano impedito.
La decisione della Cassazione: il diritto alla detrazione nella fase preparatoria
La Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso e ha chiarito le condizioni e modalità di fruizione della detrazione IVA.
Ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti, ciò che rileva è la loro effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali. Ciò non presuppone il concreto svolgimento dell’attività di impresa: la detrazione spetta anche in assenza di operazioni attive, con specifico riguardo alle attività di carattere preparatorio. Tale diritto sussiste al verificarsi di una duplice condizione:
- “il bene o il servizio acquisito, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario all’organizzazione dell’impresa ovvero funzionale all’iniziativa economica programmata in vista della successiva attuazione”;
- il mancato utilizzo sia determinato da cause indipendenti dalla volontà del contribuente, sia pure assunte in un’accezione ampia”.
Il fondamento eurounitario: giurisprudenza costante della CGUE
Questa impostazione è coerente con gli indirizzi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (ex multis CGUE 28 febbraio 1996, in causa C-110/94, Inzo; CGUE 15 gennaio 1998, causa C37/95, Ghent Coal; CGUE 8 giugno 2000, causa C400/98, Brigitte Breitsohl; CGUE 2 giugno 2016, causa C263/15, Lajver; CGUE 28 febbraio 2018, causa C-672/16, Imofloresmira – Investimentos Imobiliérios SA).
La giurisprudenza unionale considera soggetto passivo IVA colui che manifesta l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica e sostiene, a tal fine, le prime spese di investimento. Tale soggetto ha il diritto di detrarre immediatamente l’IVA assolta su tali spese, senza dover attendere l’inizio effettivo dell’esercizio dell’impresa.
Il limite della buona fede: il confine con l’abuso
Il diritto alla detrazione (o al rimborso) è tuttavia condizionato alla sussistenza di elementi oggettivi che confermino l’intenzione e all’assenza di finalità fraudolente o abusive. Aspetto centrale è quindi stabilire il confine tra un fisiologico “ritardo” dell’avvio dell’attività e l’utilizzo abusivo di una forma imprenditoriale. Utili indicatori a tal fine sono la natura del bene, il tempo intercorso tra acquisto e uso effettivo, le iniziative del soggetto passivo per superare ostacoli all’impiego, e il confronto con le normali modalità di esercizio dell’attività economica (CGUE 22 marzo 2012, causa C-153/11, Klub ODD; CGUE 20 giugno 2013, causa C219/12, Fuchs).
L’applicazione dei principi al caso concreto
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la CGT abbia correttamente applicato tali principi.
Secondo la duplice condizione citata in precedenza:
- con riferimento al requisito sub a), i giudici di merito avevano accertato la natura prodromica e funzionale degli investimenti (lavori di adeguamento dell’immobile) rispetto all’attività programmata di gestione PFU. A riprova era stato stipulato un contratto di mutuo fondiario dove emergeva la finalità di “costruzione nuova unità produttiva-acquisto macchine e attrezzi”.
- con riferimento al requisito sub b), riguardo all’asserita mancanza di prova degli elementi oggettivi che avrebbero reso impossibile l’avvio, la Corte ha, al pari dei giudici di Appello, valorizzato il M. n. 82/2011. Tale regolamento, che introduceva nuovi obblighi e adempimenti per i soggetti operanti nel settore della società istante, aveva “sostanzialmente impedito l’avvio dell’attività e, quindi, prolungato l’inattività in attesa del rilascio delle autorizzazioni“. Questa circostanza è stata ritenuta, di per sé, sufficiente a integrare quella “ampia accezione fornita dalla giurisprudenza unionale della non volontarietà delle cause determinanti il mancato utilizzo dei beni acquistati“. La Corte, dunque, ha implicitamente riconosciuto che un cambiamento normativo che impone nuovi iter autorizzativi, con i conseguenti e spesso inevitabili ritardi amministrativi, costituisce una causa “indipendente dalla volontà del contribuente” e “estranea” alla sua sfera di controllo.
L’allineamento della prassi amministrativa e il limite del presupposto dell’“aliquota media”
Anche la prassi dell’Amministrazione finanziaria da diverso tempo si è allineata a questa linea interpretativa: si vedano la risposta a interpello n. 584/2021 e la più risalente Circolare n. 33/2016, dove, richiamando ulteriori propri orientamenti, l’Agenzia afferma che:
“La spettanza del diritto alla detrazione non è, comunque, necessariamente esclusa dalla iniziale esiguità delle operazioni imponibili attive, in quanto in virtù del principio della neutralità dell’Iva anche le spese di investimento, effettuate ai fini dell’esercizio di un’impresa, devono essere ricondotte all’attività economica esercitata. La mancanza di ricavi nei primi anni di attività non può essere configurata, di per sé, come un impedimento alla detrazione dell’Iva quando gli acquisti sono relativi a beni e servizi impiegati nell’attività di impresa e in funzione di operazioni imponibili. Sarebbe, infatti, in contrasto con il richiamato principio ritenere che l’attività imprenditoriale propriamente detta abbia inizio soltanto in corrispondenza di operazioni attive, e in presenza di un reddito imponibile (cfr. sentenze Corte di Cassazione n. 1863 del 2 febbraio 2004; n. 5739 del 16 marzo 2005)”.
Rimane comunque preclusa in assenza di operazioni attive – ma senza intaccare la detrazione – la richiesta di rimborso IVA effettuata ai sensi dell’art. 30 c. 3 lett. a) (cd. aliquota media): tale presupposto è verificato in capo a contribuenti che esercitano esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti. L’assenza di operazioni in tal caso non consente aritmeticamente di verificare il presupposto (Risposta a interpello n. 861/2021).
Conclusioni
L’ordinanza in commento si pone in continuità con un orientamento ormai consolidato che mira a tutelare il diritto al rimborso nella fase di start-up, anche quando questa si protragga a causa di fattori esterni.
La decisione ribadisce alcuni principi:
- La qualità di soggetto passivo si acquisisce con la manifestazione dell’intenzione, supportata da elementi oggettivi, di voler esercitare un’attività economica, e non solo con l’effettuazione della prima operazione attiva.
- L’imposta che ha gravato sugli acquisti effettuati per finalità imprenditoriali deve poter essere recuperata, per non incidere come costo sull’operatore economico.
- non solo la forza maggiore in senso stretto, ma anche ostacoli di natura normativa o burocratica possono giustificare un ritardo nell’avvio dell’attività, senza pregiudicare il diritto alla detrazione e al rimborso.
Resta, ovviamente, l’onere per il contribuente di dimostrare la serietà dell’intenzione imprenditoriale attraverso elementi oggettivi e la sussistenza di tali cause ostative, ma una volta fornita tale prova, il diritto alla detrazione (e al rimborso) dell’IVA assolta sui costi preparatori deve essere riconosciuto.