
La progressiva estensione della responsabilità delle strutture sanitarie, specie nei casi di prestazioni erogate da medici operanti al loro interno, ha sollevato numerose questioni interpretative circa i presupposti giuridici che fondano tale responsabilità. In particolare, ci si è interrogati sulla possibilità di imputare alla struttura i danni derivanti da condotte colpose dei medici anche quando non vi sia tra i due un rapporto professionale diretto, ma solo un legame di tipo patrimoniale, come la locazione di locali e attrezzature.
L’ordinanza n. 8163 del 27 marzo 2025 della Corte di Cassazione, Sezione III civile (clicca qui per consultare il testo integrale dell’ordinanza), affronta con decisione questo snodo teorico e pratico, chiarendo che il semplice fatto di avere concesso in locazione alcuni locali – eventualmente anche corredati di strumentazione – a una società di cui fa parte il medico che ha eseguito la prestazione sanitaria, non è sufficiente a far sorgere una responsabilità della casa di cura per l’operato di costui. L’ordinanza si inserisce in un filone giurisprudenziale che tende a delimitare in modo rigoroso i presupposti della responsabilità della struttura, rifuggendo da interpretazioni estensive fondate su mere contiguità materiali e ribadendo l’importanza del nesso funzionale tra obbligazione assunta e danno arrecato.
Consiglio: per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “Manuale pratico operativo della responsabilità medica”, a cura di Giuseppe Cassano.
Il fatto e il percorso processuale: dal danno alla vista alla pronuncia della Cassazione
La vicenda trae origine da un intervento laser agli occhi cui si sottoponeva un paziente presso i locali della casa di cura VI.AN. di San Benedetto del Tronto, intervento eseguito dal dott. O.L., medico socio della società Refrattiva S.r.l., cui la casa di cura aveva locato i locali e fornito in godimento le relative apparecchiature. All’esito dell’intervento, il paziente riportava un danno alla vista e agiva giudizialmente contro il medico, chiedendone la condanna al risarcimento per una somma superiore al milione di euro. Il medico conveniva in causa sia la casa di cura sia la compagnia assicurativa della stessa, dando luogo a una vicenda processuale complessa.
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia.
L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario.
Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
Leggi descrizione
Giuseppe Cassano, 2024, Maggioli Editore
62.00 €
58.90 €

Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia.
L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario.
Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, in primo grado, rigettava la domanda risarcitoria, rilevando – sulla base della consulenza tecnica – la non univocità del nesso causale tra l’intervento e il danno.
La Corte d’Appello di Ancona, tuttavia, con sentenza n. 893/2022, riformava in parte la decisione, ritenendo che la consulenza avesse affermato in modo altamente probabile il nesso di causa e quantificando il danno in misura ridotta, ma riconoscendo comunque una responsabilità solidale anche in capo alla casa di cura, sulla base dell’esistenza di un presunto rapporto contrattuale con effetti protettivi a favore del paziente.
Il ricorso della casa di cura: tra inesistenza di obbligazione sanitaria e autonomia organizzativa del medico
Avverso la sentenza d’appello, la casa di cura proponeva ricorso per Cassazione, articolando cinque motivi, di cui il primo – condiviso anche dalla compagnia assicurativa nel ricorso incidentale – riguardava l’erronea imputazione alla struttura della responsabilità per il fatto del medico.
La ricorrente evidenziava che la propria unica relazione con il dott. O.L. consisteva in un contratto di locazione stipulato con la società Refrattiva S.r.l., nella quale il medico rivestiva la qualità di socio. Nessun contratto di collaborazione o dipendenza, né alcuna assunzione di obbligazioni sanitarie nei confronti del paziente, risultava in essere.
In particolare, la casa di cura contestava la ricostruzione operata dalla Corte d’Appello, secondo cui la struttura sarebbe stata titolare di un contratto con effetti protettivi a favore del terzo. La tesi dell’istituto ricorrente era chiara: la mera locazione di locali e attrezzature non poteva generare alcun obbligo in relazione all’attività sanitaria svolta autonomamente dal conduttore o dai suoi soci.
La decisione della Cassazione: la responsabilità sanitaria presuppone un vincolo funzionale
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 8163/2025, ha accolto il primo motivo del ricorso principale e i due motivi del ricorso incidentale, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Ancona.
La Suprema Corte ha ribadito che, affinché la struttura possa essere ritenuta responsabile per l’operato del medico, è necessario che vi sia un rapporto professionale, di natura subordinata o autonoma, che colleghi il sanitario alla struttura in funzione dell’adempimento di un’obbligazione assunta da quest’ultima nei confronti del paziente. In altri termini, la struttura risponde se si avvale del medico per erogare direttamente la prestazione sanitaria promessa al paziente.
Nel caso di specie, tale presupposto era del tutto assente. Il dott. O.L. agiva per conto proprio, quale socio della società conduttrice dei locali, e la casa di cura non aveva assunto obbligazioni nei confronti del paziente, né direttamente né per il tramite di propri ausiliari. La previsione di un canone parametrato in parte (per il 5%) agli utili dell’attività della società conduttrice non muta la natura locatizia del rapporto, né costituisce indizio di compartecipazione all’attività sanitaria.
Il principio di diritto e la sua rilevanza sistemica
In chiusura, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:
“La struttura sanitaria che abbia concesso in locazione alcuni suoi immobili ad una società di medici non risponde dei danni causati da uno di questi ad un paziente, in quanto il rapporto di locazione tra una struttura ed un medico, ed a maggiore ragione tra una struttura ed una società di medici, non comporta che la prima debba rispondere degli errori professionali dei secondi”.
Tale affermazione si colloca nel solco di una giurisprudenza ormai costante (cfr. Cass. civ., sez. III, n. 34516/2023), che distingue nettamente tra responsabilità da contatto sociale – che presuppone l’assunzione diretta dell’obbligazione sanitaria – e responsabilità fondata su rapporti meramente patrimoniali o logistici, come appunto la locazione. In tale prospettiva, nemmeno un contratto atipico con effetti protettivi può legittimare l’imputazione della responsabilità alla struttura se manca un vincolo funzionale diretto tra quest’ultima e il medico.
Conclusione
L’ordinanza n. 8163/2025 contribuisce a rafforzare un’impostazione rigorosa e coerente della responsabilità sanitaria, ancorandola all’assunzione di obbligazioni contrattuali specifiche e non a rapporti meramente contigui o strumentali. La pronuncia tutela la certezza del diritto e consente di delimitare in modo chiaro i ruoli e le responsabilità dei soggetti coinvolti nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, evitando che le strutture siano chiamate a rispondere in assenza di un effettivo coinvolgimento nella cura del paziente. Nel complesso, l’intervento della Cassazione riafferma il principio secondo cui la responsabilità civile, specie in ambito medico, non può essere desunta per analogia o presunzione, ma deve fondarsi su un preciso nesso contrattuale o funzionale tra le parti e la prestazione dedotta in giudizio.