Ai sensi dell’art. 83 c.p.c. la procura alle liti non è altro che un documento podromico e necessario per iniziare un giudizio, il documento che dà la possibilità all’avvocato di agire in nome e per conto del suo cliente.
La procura può essere generale o speciale:
- si ha procura generale, quando si conferisce al difensore il potere di stare in giudizio per il cliente in tutte le cause che lo vedranno coinvolto,
- si ha procura speciale, invece, quando essa attribuisce al difensore il potere di stare in giudizio per il cliente solo per una o più liti. In quest’ultimo caso, tuttavia, è necessario che le controversie siano caratterizzate da unitarietà di materia o, comunque, siano collegate in maniera specifica e oggettiva.
La procura è sottoposta ad una serie di requisiti di validità indicati nel codice di procedura civile ed eventuali irregolarità consentono ad una controparte di contestarne la validità, con tutte le conseguenze che ne derivano.
La procura può essere rilasciata in Italia nonché all’estero ma, a tal proposito, devono essere rispettate determinate e specifiche modalità, recentemente individuate dalla Suprema Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 8174 del 4 aprile 2018.
Il caso
Un cittadino tedesco in Germania proponeva opposizione ex art. 22 L. n. 689/1981 innanzi al Giudice di pace di Firenze avverso un verbale di contravvenzione al C.d.S., deducendo tra l’altro l’inesistenza della notifica del suddetto atto effettuata a mezzo posta e non con le modalità previste dalle convenzioni internazionali per le notifiche all’estero.
Il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione, pertanto il Comune di Firenze proponeva appello innanzi alla Corte d’Appello competente la quale rilevava che in generale per la notifica in Germania degli atti amministrativi, quale era il verbale di contravvenzione al C.D.S. emesso dalla polizia municipale, dovesse trovare applicazione la disciplina contenuta nella Convenzione di Strasburgo del 24.11.1977, pertanto pienamente valida.
Avverso la suddetta decisione il cittadino tedesco proponeva ricorso per cassazione formulando tre distinti motivi. Resisteva il Comune di Firenze con apposito controricorso, contenente anche ricorso incidentale affidato ad un’unica censura ossia l’inesistenza della procura speciale alle liti rilasciata su foglio a parte in primo grado deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. e l’omessa pronuncia su un punto decisivo per il giudizio da parte del giudice di appello.
La decisione della Corte
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto fondato quanto asserito dal Comune di Firenze riguardo alla procura alle liti. Il Tribunale pur dando atto che il Comune di Firenze aveva eccepito, in via pregiudiziale, l’inammissibilità dell’appello per nullità della procura alle liti rilasciata dal cittadino tedesco, non ha infatti offerto alcuna motivazione in ordine a tale eccezione.
Sul punto, la L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 12 specifica che il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana. Ne deriva che la procura utilizzata per un giudizio celebrato nel nostro Stato anche se rilasciata all’estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana: un mandato per essere valido deve essere quindi conforme alla lex loci.
A tal fine occorre però che il diritto straniero conosca i suddetti istituti e li disciplini in maniera non contrastante con le linee fondamentali che lo caratterizzano nell’ordinamento italiano e che consistono, quanto alla scrittura privata autenticata, nella dichiarazione del pubblico ufficiale che il documento è stato firmato in sua presenza e nel preventivo accertamento dell’identità del sottoscrittore (1).
Sotto altro, concorrente profilo, va poi osservato che, benché l’art. 122 c.p.c., comma 1, prescrivendo l’uso della lingua italiana, si riferisce ai soli atti endoprocessuali e non anche agli atti prodromici al processo, come la procura, per questi ultimi vige pur sempre il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto (2).
Ebbene la Corta di legittimità, in relazione al caso di specie, ha affermato che, la procura, rilasciata dal cittadino tedesco, in Germania, era esente, in conformità alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, ratificata dall’Italia con L. 20 dicembre 1966, n. 1253, nonché alla Convenzione bilaterale tra l’Italia e la Germania conclusa in Roma il 7 giugno 1969, sia dalla legalizzazione da parte dell’autorità consolare italiana, sia dalla c.d. apostille, e cioè dal rilascio, da parte dell’organo designato dallo Stato di formazione dell’atto, di un attestato idoneo a che l’atto venga riconosciuto ed accettato come autentico.
Tanto non esclude, tuttavia, la necessaria allegazione non solo della traduzione della procura speciale, ma anche dell’attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l’attestazione che la firma era stata apposta in sua presenza, da persona di cui egli aveva accertato l’identità. Il mancato espletamento di tale adempimento ha dunque comportato la nullità della procura (3).
Sulla scorta di tale ragionamento, la Corte ha dunque accolto il ricorso incidentale del Comune dichiarando la procura nulla, vista la mancanza di tutta una serie di procedimenti essenziali affinché la stessa possa dirsi pienamente valida.
Possibilità di sanatoria in caso di nullità della procura
La Corte ha tuttavia evidenziato che tale nullità non esclude la sanatoria: trova infatti applicazione il principio secondo cui il giudice, ogni qualvolta rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio.
Affermazione che dovrà essere interpretata nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti “ex tunc“, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali.
(1) Cass. Sez. Un. 13 febbraio 2008 n. 3410; Cass. 14 novembre 2008 n. 27282
(2) cfr. Cass. Sez. Un. 2 dicembre 2013 n. 26937; Cass. 29 dicembre 2011 n. 30035; Cass. 14 novembre 2008 n. 27282
(3) Cass. 29 maggio 2015 n. 11165