Proposta di definizione accelerata ex art. 380-bis c.p.c.: sanabilità dei vizi e divergenza tra proposta e decisione

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5580/2025, pubblicata il 3 marzo (trovi il testo dell’ordinanza qui), nel decidere su un ricorso in materia di divorzio, ha chiarito l’ambito di applicazione della proposta di definizione accelerata ex art. 380-bis c.p.c. In particolare, l’ordinanza si concentra sui casi in cui le ragioni della pronuncia non siano conformi alla proposta di definizione iniziale e sull’incidenza di eventuali vizi formali nel processo. 

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Il caso in esame

Il procedimento trae origine da una causa di separazione giudiziale, in cui la moglie aveva chiesto l’addebito al marito e un aumento dell’assegno di mantenimento rispetto a quanto stabilito in primo grado. La Corte d’Appello, pur rigettando la richiesta di addebito, aveva riconosciuto un incremento dell’assegno mensile. La ricorrente ha quindi impugnato la decisione in Cassazione, lamentando violazioni di norme sostanziali e processuali, tra cui l’errata valutazione della relazione extraconiugale del coniuge, l’omessa considerazione di episodi di violenza e la determinazione inadeguata del mantenimento.

La proposta di definizione accelerata

Nel corso del giudizio di legittimità, è emerso che la sentenza impugnata era stata depositata senza la prescritta attestazione di conformità, richiesta dall’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione.

Il Consigliere della Prima Sezione Civile, aveva, quindi, presentato una proposta di definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. rilevando il suddetto motivo di improcedibilità. L’attestazione di conformità del difensore, infatti, è un elemento essenziale per garantire la regolarità dell’atto.

A seguito della comunicazione della proposta ai difensori delle parti, l’avvocato della ricorrente, munito di una nuova procura speciale, aveva provveduto tempestivamente a depositare l’attestazione di conformità unitamente alla richiesta di decisione della causa.

Il deposito dell’attestazione di conformità ha sanato il vizio di procedibilità, permettendo alla Suprema Corte di pronunciarsi sul ricorso.

Il potere di attestare la conformità di una decisione

La possibilità per il difensore di attestare la conformità di una decisione trova fondamento nell’articolo 16-bis, comma 9-bis, del Decreto-legge n. 179 del 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221 del 2012. Tuttavia, con l’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 149 del 2022, successivamente modificato dalla legge n. 197 del 2022, tale disposizione è stata abrogata a partire dal 28 febbraio 2023 per i procedimenti instaurati successivamente a tale data. Le stesse previsioni normative sono ora refluite nell’articolo 196-octies disp. att. c.p.c.

La procedibilità del ricorso e il ruolo della proposta di definizione accelerata

La ricorrente ha adempiuto all’obbligo di deposito dell’attestazione di conformità unitamente all’istanza di decisione della causa, rendendo così il ricorso procedibile. La Cassazione ha evidenziato come la proposta di definizione accelerata ha, dunque, avuto l’effetto di sollecitare il contraddittorio sulla presenza di vizi formali del processo e di consentirne la sanatoria, ancora possibile, in piena coerenza con la giurisprudenza della Corte EDU (Corte EDU, Prima Sezione, Patricolo e altri c. Italia, Sentenza del 23/05/2024).

L’inammissibilità dei motivi di ricorso e l’applicabilità dell’art. 380-bis, comma 3, c.p.c.

La Suprema Corte, dopo aver ritenuto procedibile il ricorso, ha, tuttavia, dichiarato inammissibili tutti i motivi in quanto volti a ottenere una decisione di merito, preclusa in sede di legittimità.

Di particolare rilievo è la pronuncia della Cassazione in merito all’applicabilità dell’articolo 380-bis, comma 3, c.p.c. Tale disposizione prevede che, quando il giudizio viene definito in conformità alla proposta di definizione accelerata, si applichino le conseguenze previste dall’articolo 96, commi 3 e 4, c.p.c., relative alla responsabilità aggravata. Tuttavia, nel caso in esame, la Corte ha escluso tale applicazione, poiché la decisione non è stata assunta in conformità alla proposta, sebbene il ricorso sia divenuto procedibile solo grazie al deposito della certificazione di conformità.

Il principio di diritto enunciato

Alla luce di quanto esaminato, la Prima Sezione Civile ha enunciato il seguente principio di diritto:

“In tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi ex art. 380 bis c.p.c., ove la relativa proposta attenga alla rilevata improcedibilità del ricorso per mancato deposito della certificazione di conformità del provvedimento impugnato, e l’intimato non si sia difeso con controricorso, il ricorrente può presentare istanza per la decisione della causa e, con essa, depositare la certificazione mancante, svolgendo la proposta l’effetto di sollecitare il contraddittorio sulla presenza di vizi formali del processo ancora sanabili, in piena coerenza con la giurisprudenza della Corte EDU (Corte EDU, Prima Sezione, P. e altri c. Italia, Sentenza del 23 maggio 2024), ma, fissata l’udienza camerale, e intervenuta la sanatoria, non può applicarsi l’ultima proposizione del terzo comma dell’art. 380 bis c.p.c., poiché il giudizio non viene definito in conformità alla proposta.”

Conclusioni

Questa pronuncia rappresenta un ulteriore chiarimento sulla funzione della proposta di definizione accelerata, evidenziandone il ruolo nella correzione di vizi formali del processo, ma escludendo l’applicazione automatica delle sanzioni previste dall’articolo 96, comma 3 e 4, c.p.c. quando la decisione finale si discosta dalla proposta iniziale.

 

 

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