Procura alle liti conferita “con ogni facoltà” nel processo esecutivo: limiti e poteri del difensore

Con la sentenza n. 21799 del 28 ottobre 2016, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito quali sono i poteri e le facoltà del difensore in caso di procura alle liti rilasciata “con ogni ampio potere” nell’ambito di un processo di esecuzione e, in particolare, se la procura a margine dell’ingiunzione vale anche nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo.

La procura alle liti rilasciata “con ogni facoltà”

Secondo la Suprema Corte, si può ritenere che la procura alle liti conferita “con ogni facoltà” è idonea ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le iniziative atte a tutelare l’interesse del proprio assistito. Ciò in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativa dei principi di economia processuale, di tutela del diritto di azione nonché di difesa della parte ex artt. 24 e 111 Cost..

Essa si può intendere come volta a far conseguire alla parte per il tramite della difesa di un difensore abilitato, un determinato risultato giuridico, dando facoltà al difensore di introdurre le iniziative giudiziarie funzionali allo scopo (salvo che non siano precluse dalla necessità di una procura speciale).

I limiti della procura alle liti rilasciata “con ogni ampio potere”

I limiti di tali poteri sono stati recentemente ben delineati dalle Sezioni Unite (v. Cass. SU n. 4049/2016): rimangono esclusi dai poteri conferiti con procura qualsiasi atti dispositivo del diritto in contesa ed anche la facoltà di introdurre una nuova e distinta controversia che esuli dall’ambito della lite originaria. In tal senso, si è ritenuto che la procura originaria consenta l’introduzione della domanda riconvenzionale, anche se essa amplia necessariamente il “thema decidendum“, la facoltà di proporre appello incidentale, la chiamata in garanzia propria e, con la sentenza citata, la facoltà di effettuare una chiamata in garanzia impropria.

Precisa inoltre la Corte di legittimità che, con il rilascio della procura, non viene compiuta una attribuzione di poteri – in realtà conferiti dalla legge e precisamente dall’art. 84 c.p.c. – ma l’individuazione, la scelta cioè del soggetto chiamato ad esercitarli, ovvero il difensore, il quale può compiere tutta l’attività necessaria a far conseguire al suo rappresentato il risultato che questo si propone di raggiungere a mezzo della lite.

La procura “con ogni più ampio potere” nel processo esecutivo

Quanto al processo esecutivo in generale, occorre ricordare che tale procedimento non prevede una costituzione in giudizio del debitore, e che tuttavia, il debitore vi può presentare istanze (artt. 495-496 c.p.c.), opposizioni interne al procedimento (art. 483 c.p.c.), osservazioni circa il tempo e le modalità delle vendita (artt. 530 e 569 c.p.c.) ed eccezioni (art. 630, secondo comma, c.p.c.).

Con riguardo al creditore, la giurisprudenza è costante nel ritenere che la procura data dal creditore per il processo esecutivo, nel precetto, nel pignoramento, nell’atto di intervento, abilita il difensore a ricevere le relative opposizioni ed a difendere la parte nei conseguenti giudizi; lo stesso non può non valere per il debitore: questo perché la procura si intende data per conseguire attraverso il processo un determinato risultato.

Il caso di specie: il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo

Quanto al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, la Cassazione ha rilevato in primo luogo che, a seguito della riforma del 2012, esso non costituisce più un vero e proprio giudizio di cognizione che si conclude con sentenza idonea al giudicato. Al contrario si tratterebbe ormai di un procedimento incidentale endo-esecutivo che si conclude con ordinanza.

In ogni caso, già prima della riforma delle esecuzioni, può però ritenersi che non fosse necessaria una autonoma e specifica procura al difensore legittimato a patrocinare il creditore nel processo esecutivo ed a compiere tutti gli atti di esecuzione, per richiedere l’accertamento dell’obbligo del terzo.

Nella vigenza della normativa precedente applicabile al caso di specie, l’atto introduttivo del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, pur essendo una domanda giudiziale, assumeva infatti una forma del tutto peculiare poiché non si richiedeva che il creditore istante redigesse e notificasse un atto di citazione: era sufficiente — e necessario – che egli formulasse, necessariamente per il tramite del suo difensore, una istanza, anche oralmente, all’udienza fissata dal giudice dell’esecuzione per la dichiarazione del terzo. L’istanza si considerava così validamente proposta nei confronti dei presenti. Quanto alle parti assenti, si riteneva sufficiente la notificazione del processo verbale contenente l’istanza del creditore.

Ne consegue che l’accertamento dell’obbligo del terzo, pur svolgendosi come ordinario giudizio di cognizione, necessita per la sua introduzione soltanto di apposita istanza del creditore che può e deve essere rivolta al giudice dell’esecuzione, in quel contesto, dal procuratore del creditore munito di ogni più ampio potere per far conseguire al creditore un risultato utile, non necessitando del conferimento di una autonoma e distinta procura al difensore del creditore e neppure della notificazione di un atto di citazione avente il contenuto di cui all’art. 163 c.p.c.

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