Pignoramento immobiliare: si estende alle pertinenze non espressamente indicate?

La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 16216/2025, del 17 giugno (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), torna ad affrontare una questione di rilievo in materia di esecuzione immobiliare: l’estensione del pignoramento alle pertinenze non espressamente identificate nell’atto e la sindacabilità di simili accertamenti in sede di legittimità.

La vicenda ruota attorno a un’opposizione agli atti esecutivi, proposta dai debitori esecutati, che lamentavano l’erroneità dell’individuazione del bene pignorato e l’illegittimità dell’estensione del vincolo esecutivo a un piazzale non espressamente identificato nel pignoramento. 

Il caso

La procedura esecutiva immobiliare, originariamente promossa da Banca Monte dei Paschi di Siena, riguardava un complesso immobiliare. I debitori proponevano opposizione ex art. 617 c.p.c., sostenendo che il pignoramento non fosse valido, in quanto non comprendeva formalmente un’area (sub 1) funzionalmente collegata agli immobili oggetto dell’espropriazione.

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Guida pratica al nuovo pignoramento presso terzi

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Leonarda D’Alonzo
Avvocato presso il Foro di Lanciano, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.

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La domanda di estinzione della procedura era stata rigettata in primo grado, sul presupposto che – anche alla luce delle indagini tecniche – il vincolo pignoratizio si estendeva legittimamente al piazzale, trattandosi di pertinenza dei beni staggiti. Il Tribunale di Locri, con sentenza n. 50/2023, confermava tale impostazione.

La decisione della Corte: accertamento di fatto e insindacabilità in sede di legittimità

Nel dichiarare inammissibile il ricorso, la Suprema Corte ha ribadito due principi fondamentali:

  1. Estensione automatica del pignoramento ai sensi dell’art. 2912 c.c.: il vincolo esecutivo si estende a pertinenze, accessori e miglioramenti del bene pignorato, salvo che siano dotati di autonoma identificazione catastale e non siano espressamente richiamati. Tuttavia, tale estensione può ritenersi operante qualora dall’atto di pignoramento e dalla nota di trascrizione emergano elementi univoci che confermino l’intenzione del creditore di ricomprendere anche tali beni nel pignoramento.

  2. Insindacabilità dell’accertamento fattuale in Cassazione: la Corte ha ritenuto che la valutazione del giudice di merito circa la pertinenzialità del sub 1 (piazzale) e la continuità catastale tra i beni indicati e quelli effettivamente aggrediti fosse incensurabile in sede di legittimità, non emergendo vizi logici o giuridici nel ragionamento seguito. Il ricorso si limitava infatti a una censura di merito, non ammissibile ex art. 360 c.p.c.

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I principi di diritto formulati

Questi i principi di diritto formulati dalla Corte:

“In tema di applicazione dell’art. 2912 c.c., l’estensione del pignoramento agli accessori, alle pertinenze e ai frutti della cosa pignorata normalmente non opera nel caso in cui le pertinenze siano dotate di autonomi dati identificativi catastali non espressamente menzionati nell’atto di pignoramento, in difetto di ulteriori ed altrettanto univoci elementi in senso contrario (ricavabili, ad esempio, da idonee menzioni nel quadro relativo alla descrizione dell’oggetto o nel quadro D della nota meccanizzata, o dall’atto di pignoramento)”.

“La problematica della sufficienza delle rettifiche/integrazioni, effettuata dal creditore procedente con la nota di trascrizione, rispetto alla enunciazione dei dati catastali operata nell’atto di pignoramento, onde consentire la certa individuazione dell’oggetto del pignoramento, può essere risolta esclusivamente a mezzo di accertamenti di fatto, che sono demandati al giudice di merito e la cui censura è, di norma, preclusa in sede di legittimità”.

Inammissibilità degli altri motivi: violazione dell’onere di specificazione e potere discrezionale sulle spese

Gli altri due motivi di ricorso – concernenti il mancato rispetto dei termini ex art. 567 c.p.c. e l’eccessività della condanna alle spese – sono stati parimenti dichiarati inammissibili. Nel primo caso, per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., non essendo stato chiarito dove l’eccezione fosse stata sollevata nei gradi di merito; nel secondo, per mancanza di uno specifico vizio di legittimità, trattandosi di valutazione riservata al giudice di merito, non censurabile se non in presenza di evidenti violazioni di legge, nella specie assenti.

Conclusioni

Con l’ordinanza n. 16216/2025, la Cassazione riafferma con chiarezza i limiti del sindacato di legittimità rispetto alle valutazioni compiute dal giudice dell’esecuzione circa l’identificazione del bene pignorato. In presenza di elementi documentali (come le indicazioni contenute nel quadro D della nota di trascrizione) e perizie tecniche che attestino l’univoca volontà del creditore di estendere il vincolo a un bene funzionalmente connesso, la verifica della pertinenzialità assume natura fattuale e non può essere oggetto di rivalutazione in sede di legittimità.

Il principio che ne esce rafforzato è quello della coerenza tra forme e sostanza nel processo esecutivo: la correttezza formale degli atti resta fondamentale, ma non può essere disgiunta da un’analisi sostanziale dell’intenzione creditoria e della funzionale appartenenza dei beni. Una lezione di rigore tecnico e di equilibrio interpretativo, nel segno della certezza del diritto e della stabilità degli effetti esecutivi.

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