La PEC tra colleghi avvocati assicura tracciabilità e sicurezza delle comunicazioni senza incorrere nella scorrettezza deontologica derivante dall’impiego delle raccomandate AR, con la precisazione, fornita dal COA di Bologna nel 2018, che nel caso concreto non sia utilizzata in modo da insinuare sfiducia o mancanza di rispetto.
Regole deontologiche che disciplinano la corrispondenza tra avvocati
La corrispondenza tra avvocati è disciplinata da alcune regole dettate dal Codice Deontologico Forense per garantire la riservatezza e la correttezza professionale. L’articolo 19 sancisce anzitutto la regola basica secondo cui l’Avvocato “deve mantenere nei confronti dei Colleghi e delle Istituzioni Forensi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà”, per poi addentrarsi in singoli ambiti, quali la corrispondenza, rispetto alla quale sussiste il divieto di produrla tra colleghi. In dettaglio, in virtù dell’articolo 48, l’avvocato non deve produrre, riportare in atti processuali o riferire in giudizio, la corrispondenza intercorsa esclusivamente tra colleghi qualificata come riservata, né quella contenente proposte transattive e le relative risposte. Il divieto in questione ha lo scopo di garantire la riservatezza delle comunicazioni tra avvocati, e si estende anche oltre la mera dichiarazione di improducibilità in giudizio della corrispondenza riservata tra colleghi, in quanto tutta la corrispondenza che implica una proposta per addivenire alla definizione transattiva delle controversie e alle relative risposte è soggetta al divieto. Viene al contempo precisato che l’avvocato può produrre la corrispondenza tra colleghi quando essa costituisce perfezionamento e prova di un accordo o assicura l’adempimento delle prestazioni richieste. Quanto alla riservatezza e correttezza tra colleghi che si avvicendano in una stessa posizione, fermo che l’avvocato non deve consegnare al cliente e alla parte assistita la corrispondenza riservata tra colleghi, egli può tuttavia consegnarla al collega che gli succede, a sua volta tenuto a osservare il medesimo dovere di riservatezza.
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L’invio di raccomandate a.r. tra avvocati
Sempre in ambito di corrispondenza le raccomandate a.r. tra colleghi sono comunemente ritenute in contrasto col generale principio di correttezza nei rapporti di colleganza, che deve considerarsi integrato pure nel non porre in dubbio l’altrui correttezza nei rapporti. Sotto tale profilo, l’impiego delle raccomandate a.r. non viene considerato in linea con tale previsione, posto che sottintenderebbe la sfiducia che l’avvocato-mittente nutre nei confronti del collega-destinatario.
La presa di posizione del COA di Bologna
Nel verbale adunanza del COA di Bologna 7 febbraio 2018 si legge che un consigliere riferiva agli altri membri circa un quesito formulato da un iscritto che, operando un richiamo alle raccomandate a.r. tra colleghi, ritenute in contrasto col principio di correttezza nei rapporti tra legali, quindi manifestazione di sfiducia del mittente verso il ricevente, si chiedeva al Consiglio se analogo inquadramento deontologico dovesse essere riservato alla corrispondenza tramite PEC. Veniva quindi fatto richiamo all’art. 48, comma 2, CAD (d.lgs. n. 82/2005) che equipara la pec alla raccomandata a.r. Al contempo veniva evidenziato che l’avvocato è obbligato a dotarsi di un indirizzo PEC, ma non di un indirizzo di posta elettronica ordinaria. Per l’effetto, l’indirizzo PEC del collega risulta agevolmente accessibile tramite un accesso sull’Albo e sui pubblici registri Reginde e Inipec, al contempo sottolineando che non sempre risulta noto l’indirizzo di posta elettronica ordinaria. Nella stessa sede i fari venivano proiettati pure sul risultato: l’impiego della PEC consente di confidare sulla circostanza che il collega riceverà il messaggio, contrariamente a quanto potrebbe accadere con la posta elettronica ordinaria.
PEC deontologicamente compliant
Il Consiglio di Bologna, preso atto delle suesposte considerazioni, e fatta salva la peculiare circostanza che l’utilizzo della PEC non risulti in evidente contrasto, nelle concrete fattispecie, coi principi di correttezza nei rapporti tra colleghi, non ha ritenuto che all’utilizzazione della PEC tra avvocati possa essere riferita analoga disapprovazione come nei confronti dell’utilizzo di una lettera raccomandata a.r., la cui ricevuta postale di ritorno (in modo dissimile rispetto alla generazione automatica della pec di avvenuta consegna) viene esplicitamente richiesta dal legale mittente, con la primaria finalità di avere prova dell’avvenuta consegna.
PEC per notificare
Non deve essere tralasciato che la PEC, in specie dopo l’epocale riforma cd. Cartabia, è obbligatoria per notificare atti giudiziari e stragiudiziali, pertanto gli avvocati si trovano a dover inviare PEC ai colleghi anche per specifico obbligo di legge.
L’improducibilità in giudizio
Deve essere infine rammentato che l’articolo 48 del Codice Deontologico Forense, come sopra già argomentato, vieta la produzione in giudizio della corrispondenza scambiata tra colleghi ove qualificata come “riservata”, inclusa quella contenente proposte transattive. Tale principio, ovviamente, opera anche per le comunicazioni inviate tramite PEC, che devono essere trattate con la medesima riservatezza e rispetto delle comunicazioni tradizionali.
Tiriamo le righe
Le raccomandate a. r. (con avviso di ricevimento o ricevuta di ritorno) tra avvocati sono considerate scorrette per questioni attinenti alla fiducia e al rispetto professionale, evocando la circostanza che il mittente dubiti della correttezza ovvero della buona fede del destinatario, così collidendo coi principi deontologici di correttezza e lealtà che regolano i rapporti tra colleghi avvocati. L’impiego della PEC (Posta Elettronica Certificata), al contrario, è considerato deontologicamente compliant offrendo le medesime garanzie legali di una raccomandata a.r., tuttavia senza implicare sfiducia. La PEC, quindi, assicura la tracciabilità e la sicurezza delle comunicazioni, bypassando le insidie deontologiche sulle quali si imbatte l’impiego delle raccomandate a.r. tra colleghi, con la precisazione, fornita dal COA di Bologna nel 2018, che nel caso concreto l’uso della PEC non collida coi principi di correttezza nei rapporti di colleganza e quindi, in altre parole, non sia utilizzato in modo da insinuare sfiducia o mancanza di rispetto.
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