Nullità dell’anatocismo e prescrizione: i criteri di verifica delle rimesse

L’ordinanza n. 27460/2025 (che puoi leggere cliccando qui) della Cassazione ribadisce due principi cardine del contenzioso bancario sui contratti di conto corrente: il regime transitorio dell’anatocismo e la ripartizione dell’onere della prova nella prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito, con focus sulla qualificazione delle rimesse. Al centro della decisione vi è la legittimità della capitalizzazione trimestrale in assenza di pattuizione scritta e il corretto metodo per distinguere versamenti solutori e ripristinatori, decisivo per individuare il dies a quo della prescrizione decennale.

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Illeciti bancari, clausole abusive e frodi informatiche

Illeciti bancari, clausole abusive e frodi informatiche

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Giuseppe Cassano
Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano. Avvocato cassazionista, curatore e autore di numerosi volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi. Conferenziere nazionale ed internazionale sui temi del Diritto di Famiglia, della Responsabilità civile, del Diritto dei Consumi e Diritto dell’Internet.
Stefano Chiodi
Analista tecnico e finanziario specializzato nel contenzioso bancario e finanziario, CTP e CTU per il Tribunale di Venezia e consulente per Camera Arbitrale. Specialista di corporate finance, è relatore in convegni accreditati per la formazione continua di avvocati e commercialisti. Curatore e autore di numerose pubblicazioni di diritto e contenzioso bancario e finanziario.

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Il fatto

Il giudizio nasce dall’azione di ripetizione di indebito promossa da una società contro la banca relativamente a un contratto di conto corrente stipulato l’11 giugno 1992. La società chiedeva la restituzione di somme, sostenendo l’applicazione di interessi usurari e anatocistici.

In primo grado, il Tribunale di Pavia aveva accolto la domanda principale, dopo aver rigettato quella riconvenzionale della banca. Il giudice aveva ricalcolato gli interessi ex art. 117 TUB, partendo dal saldo zero poiché la banca non aveva prodotto gli estratti conto iniziali, ed aveva escluso la capitalizzazione trimestrale per mancanza di una pattuizione scritta.

Successivamente, la Corte d’Appello di Milano aveva riformato la decisione. Il giudice di secondo grado aveva ritenuto legittima la capitalizzazione periodica e aveva escluso l’usurarietà degli interessi, rilevando la conformità delle condizioni applicate alla Delibera CICR del 9 febbraio 2000. Inoltre, aveva accolto l’eccezione di prescrizione, anticipandone la decorrenza al 31 dicembre 2003 sulla base della CTU, che qualificava le rimesse come solutorie.

Il primo motivo di ricorso: la capitalizzazione trimestrale

La società correntista proponeva ricorso per Cassazione, lamentando con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1283 e ss., 117 e 120 d.lgs. n. 385/1993 (TUB), degli artt. 2, 6 e 7 della Delibera CICR 9 febbraio 2000, nonché dell’art. 2697 c.c. La doglianza riguardava la ritenuta legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi senza originaria pattuizione scritta e l’erronea attribuzione al correntista dell’onere di provare l’inesistenza della clausola.

La Cassazione ha ritenuto il motivo fondato, assorbendo il secondo, strettamente connesso. Il Collegio ha richiamato un orientamento consolidato (tra cui Cass. n. 9140/2020), formatosi dopo la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, d.lgs. n. 342/1999 ad opera della Corte Cost. n. 425/2000. Tale pronuncia aveva determinato la nullità delle clausole anatocistiche inserite nei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della Delibera CICR del 9 febbraio 2000.

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Il quadro normativo e il ruolo della pattuizione scritta

Per i contratti anteriori alla delibera, l’introduzione della capitalizzazione con pari periodicità non opera automaticamente: richiede una nuova e specifica pattuizione conforme all’art. 2 della stessa delibera. La Corte d’Appello aveva invece riconosciuto la legittimità della capitalizzazione pur rilevando l’assenza di una pattuizione scritta, valorizzando la mera conformità alla Delibera CICR.

La Cassazione ha chiarito che né l’applicazione di fatto delle condizioni anatocistiche né una modifica unilaterale possono sostituire l’accordo espresso. L’onere di provare la conclusione di un nuovo accordo ricade esclusivamente sulla banca. La pronuncia analizza inoltre l’art. 7, comma 2, della Delibera CICR, che consente modifiche unilaterali solo se non peggiorative. L’orientamento prevalente, al quale la Corte aderisce, ritiene la nuova pattuizione anatocistica tendenzialmente peggiorativa rispetto alle condizioni precedenti, depurate dalla nullità. Poiché non è possibile verificare l’assenza di peggioramento (mancando un termine di raffronto valido), trova applicazione l’art. 7, comma 3, Delibera CICR, che impone la forma scritta.

Il principio di diritto

A conferma, viene affermato il seguente principio:

«Ai fini dell’applicazione dell’anatocismo bancario a termini della delibera CICR del 9 febbraio 2000 in applicazione dell’art. 25, comma 2, d. lgs. n. 342/1999, ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della suddetta delibera non assume rilievo né l’applicazione de facto delle condizioni anatocistiche pattuite in precedenza per effetto della nullità che affligge le stesse né l’eventuale modifica unilaterale disposta dalla banca a termini dell’art. 7, comma 2, Del. CICR cit., occorrendo una modificazione pattizia delle stesse a termini dell’art. 7, comma 3, Del CICR cit., non essendo possibile stabilire che la modificazione successiva non sia peggiorativa».

Il quarto motivo: la prescrizione e la natura delle rimesse

Il quarto motivo contestava l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione, denunciando omesso esame di un fatto decisivo e violazione dell’art. 2946 c.c. Il correntista sosteneva che la banca non avesse provato la natura solutoria delle rimesse, mentre i versamenti avrebbero natura ripristinatoria della provvista.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile la censura relativa alla mancanza delle movimentazioni giornaliere, ma ha ritenuto fondato il motivo nella parte riguardante l’onere della prova sulla natura delle rimesse. Il principio richiamato (Cass. n. 9141/2020) impone una verifica contabile preliminare:

  1. eliminare gli addebiti derivanti da clausole nulle;

  2. rideterminare il saldo passivo reale;

  3. verificare se, una volta depurato il conto, siano stati superati i limiti del fido.

Solo in quest’ultimo caso la rimessa è solutoria.

L’onere della prova nella ripetizione d’indebito

In applicazione dell’art. 2033 c.c., spetta innanzitutto alla banca che eccepisce la prescrizione allegare e provare la natura solutoria delle rimesse. Solo dopo interviene l’onere del correntista di dimostrare la natura ripristinatoria dei versamenti contestati.

La sentenza impugnata aveva omesso l’intero percorso di verifica, limitandosi a recepire le conclusioni della CTU, la quale non aveva previamente depurato il conto dagli addebiti nulli. Per tale ragione, la Corte ha censurato la decisione di merito e riaffermato il corretto criterio di accertamento.

Conclusioni

L’ordinanza n. 27460/2025, accogliendo il primo e il quarto motivo di ricorso, rappresenta un’importante conferma del consolidato indirizzo giurisprudenziale in materia bancaria. Sull’anatocismo, la pronuncia chiarisce in modo definitivo che la nullità delle clausole preesistenti al 2000 impone un nuovo accordo scritto e non è sanabile né per applicazione de facto, né per modifica unilaterale ex art. 7, comma 2, Delibera CICR, in quanto l’introduzione dell’anatocismo si configura come variazione peggiorativa per il correntista.

In tema di prescrizione e rimesse, viene ribadita la necessità di un’indagine contabile complessa e propedeutica alla qualificazione dei versamenti, con la riaffermata attribuzione dell’onere della prova della solutorietà in capo alla banca. La sentenza impugnata è stata pertanto cassata con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio dovrà procedere al nuovo esame applicando i principi di diritto enunciati.

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