
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3941/2025, depositata il 16 febbraio (trovi il testo dell’ordinanza qui), si è pronunciata su un caso riguardante la validità degli atti di donazione a favore dell’amministratore di sostegno. Il tema centrale della controversia ha riguardato l’applicabilità dell’art. 779 c.c. agli amministratori di sostegno che abbiano ricevuto donazioni dai beneficiari della misura assistenziale. La decisione si è soffermata sull’interpretazione delle norme in materia di incapacità a ricevere donazioni e sulle garanzie di trasparenza nella gestione del patrimonio dei soggetti vulnerabili. Per un approfondimento su queste tematiche, ti consigliamo il volume “Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali.
Il caso in esame
Il ricorso trae origine da una vicenda in cui due fratelli, beneficiari dell’amministrazione di sostegno, avevano donato la nuda proprietà di tutti i loro beni immobili al fratello, loro amministratore, riservandosi l’usufrutto. A seguito della contestazione delle sorelle e del notaio rogante, il Tribunale aveva dichiarato la nullità delle donazioni ai sensi dell’art. 779 c.c.
Il fratello amministratore aveva, allora, impugnato la sentenza e la Corte d’Appello aveva totalmente riformato la decisione di primo grado escludendo l’applicabilità dell’art. 779 c.c. all’amministrazione di sostegno.
Secondo i giudici del gravame, l’art 779 c.c. è una delle norme che regolano l’interdizione applicabili “in quanto compatibili” alla amministrazione di sostegno.
Nel caso in esame, l’amministrazione di sostegno disposta in favore dei fratelli era del tipo meramente “assistenziale”, cosicché doveva ritenersi non applicabile il divieto di donazione tra i beneficiari della misura di sostegno e il loro amministratore, dovendo le reali ragioni degli atti di liberalità essere rinvenute nella gratitudine che gli amministrati nutrivano per il fratello.
Avverso la decisione di appello, una delle sorelle e gli eredi dell’altra avevano presentato ricorso in Cassazione. L’amministratore di sostegno aveva resistito con controricorso.
Consiglio: il “Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti” edito da Maggioli Editore rappresenta un riferimento essenziale per comprendere le prestazioni assistenziali e previdenziali, le procedure di accertamento dell’invalidità e gli strumenti giuridici disponibili per la tutela dei soggetti fragili.
Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti
Con formulario e schemi, aggiornato al nuovo accertamento della disabilità/invalidità civile introdotto dal D.Lgs. 62/2024, come modificato dalla Legge 207/2024, e a tutte le prestazioni assistenziali e previdenziali 2025 dell’inabile al lavoro, della persona non autosufficiente, dell’invalido, del sordo e del cieco civile.
Il volume analizza soggetti, procedimenti e prestazioni per offrire supporto al professionista che deve definire le opzioni disponibili per ottenere le provvidenze economiche o difendersi in un processo previdenziale.
Numerose sono le novità della presente edizione:
• le prestazioni assistenziali e previdenziali degli invalidi civili e dei disabili aggiornate al 2025
• i limiti di reddito per le prestazioni previdenziali agli invalidi, inabili e alle persone non autosufficienti
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Rocchina Staiano
Avvocato, docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali presso l’Università di Teramo e in diritto del lavoro presso l’Università La Sapienza (sede Latina). Componente della Commissione di Certificazione dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Consigliera di parità effettiva della Provincia di Benevento e valutatore del Fondoprofessioni. Autrice di numerose pubblicazioni e di contributi in riviste anche telematiche.
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Rocchina Staiano, 2025, Maggioli Editore
52.00 €
49.40 €

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Rocchina Staiano
Avvocato, docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali presso l’Università di Teramo e in diritto del lavoro presso l’Università La Sapienza (sede Latina). Componente della Commissione di Certificazione dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Consigliera di parità effettiva della Provincia di Benevento e valutatore del Fondoprofessioni. Autrice di numerose pubblicazioni e di contributi in riviste anche telematiche.
L’applicabilità dell’art. 779 c.c. agli amministratori di sostegno: la decisione della Corte
L’incapacità a ricevere donazioni e la trasparenza del rendiconto
La Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, accogliendo il secondo motivo di ricorso. I giudici hanno chiarito che l’art. 779 c.c. non si limita a disciplinare l’incapacità di donare, ma introduce un divieto circoscritto nel tempo a ricevere donazioni da parte di chi abbia avuto incarichi di tutela, fino a che non sia stato approvato il rendiconto della gestione patrimoniale.
In particolare, la Suprema Corte ha osservato che la ratio dell’art. 779 c.c. è garantire la trasparenza della gestione patrimoniale del beneficiario ed evitare che il patrimonio possa essere ridotto prima che sia chiarita la corretta amministrazione dei beni.
La compatibilità dell’art. 779 c.c. con l’amministrazione di sostegno
La Cassazione ha affermato che il divieto stabilito dall’art. 779 c.c. è applicabile anche agli amministratori di sostegno quando la misura preveda l’obbligo di rendiconto, in virtù del richiamo operato dall’art. 411 c.c. alle norme sull’interdizione e sull’inabilitazione, purché compatibili con la specifica conformazione dell’amministrazione di sostegno nel caso concreto.
Secondo la Corte, la valutazione della compatibilità delle norme relative all’interdizione con il regime dell’amministrazione di sostegno deve tenere conto del fatto che quest’ultima è una misura flessibile e adattabile alle esigenze del beneficiario. Nel caso in esame, il decreto di nomina prevedeva obblighi di gestione patrimoniale e di rendiconto, rendendo quindi applicabile il divieto di cui all’art. 779 c.c.
L’errore di valutazione della Corte d’Appello
La Suprema Corte ha rilevato che l’errore della Corte d’Appello è stato quello di concentrarsi esclusivamente sulla capacità del donante, trascurando la necessità di verificare se l’amministratore di sostegno fosse tenuto al rendiconto e se questo fosse stato correttamente presentato e approvato.
Dal fascicolo processuale risultava che l’amministratore non aveva informato i notai della misura di sostegno in atto, che le donazioni erano state effettuate prima della presentazione del rendiconto e che quest’ultimo, successivamente presentato, non era stato approvato. Di conseguenza, la nullità delle donazioni risultava conforme al dettato normativo.
Il principio di diritto enunciato
La Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto:
L’art. 779 c.c. prevede una specifica incapacità a ricevere la donazione, circoscritta nel tempo, da parte di colui che ha rivestito incarico di tutore o pro tutore del donante, se prima non sia approvato il conto o estinta l’azione per il rendimento del conto. La norma, diretta a salvaguardare la regolarità e trasparenza della procedura di rendiconto evitando che poste attive del patrimonio del donante vengano trasferite al soggetto che ne ha amministrato i beni prima che siano chiariti tutti gli aspetti della gestione, si applica, in virtù del disposto dell’art 411 c.c., anche all’amministratore di sostegno, qualora i compiti a lui demandati, quali la gestione del denaro e dei beni del beneficiario, richiedano la presentazione del rendiconto.
Conclusioni
La decisione della Cassazione riafferma l’importanza delle garanzie di trasparenza nella gestione del patrimonio dei soggetti vulnerabili e chiarisce che anche l’amministratore di sostegno, quando vi sia un obbligo di rendiconto, è soggetto ai limiti previsti dall’art. 779 c.c. per i tutori e i protutori.
La pronuncia costituisce un importante punto di riferimento per la disciplina delle donazioni ricevute dagli amministratori di sostegno e conferma che la flessibilità dell’istituto non può tradursi in una riduzione delle tutele per il beneficiario.