Illegittima notifica cartelle esattoriali via PEC non presente nei Pubblici Registri

in Giuricivile, 2020, 3 (ISSN 2532-201X), nota a CTP Roma, sent. n. 601/38/2020 del 17.01.2020

Illegittime le notifiche delle cartelle esattoriali qualora l’indirizzo di posta elettronica certificata non è riconducibile al soggetto notificante, poiché non presente nei Pubblici Registri previsti dalla legge.

Secondo una recente pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Roma – sentenza n. 601/38/2020 del 17 gennaio 2020 – è irrituale e, quindi, illegittima la notificazione delle cartelle esattoriali effettuata tramite un indirizzo PEC non oggettivamente e con certezza riferibile all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, poiché non risultante nell’elenco del ReGindE (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici gestito dal Ministero della Giustizia), né nella pagina ufficiale del sito internet del Concessionario della Riscossione, né nella pagina della CCIAA, né in quella di INDICEPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni), con la conseguenza che il contribuente non avrebbe alcuna garanzia circa l’effettiva provenienza della notifica PEC. 

La normativa di riferimento

Al riguardo, occorre ricordare che in virtù di quanto disposto dall’art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di notifica della cartella di pagamento) e dall’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alla norme sulle notificazioni nel processo civile ai sensi dell’art. 3-bis della Legge 21 gennaio 1994 n. 53, la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata dall’indirizzo/all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

In particolare, l’art. 6 bis del D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82 (c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale), in tema di «Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti» per favorire la presentazione di istanze, dichiarazioni e dati, nonché lo scambio di informazioni e documenti tra i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2 e le imprese ed i professionisti in modalità telematica, dispone l’istituzione del pubblico elenco denominato Indice Nazionale dei Domicili Digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo Sviluppo Economico (realizzato a partire dagli elenchi di indirizzi PEC costituiti presso il registro delle imprese e gli ordini o collegi professionali).

Mentre, l’art.16 ter, comma 1 del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 (modificato dall’articolo 45-bis, comma 2, lettera a), numero 1) del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114 e successivamente sostituito dall’articolo 66, comma 5, del D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 217) in tema di «Pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni» prevede che a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, dall’articolo 16, comma 12, dello stesso decreto, dall’articolo 16, comma 6, del D.L. 29/11/2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia.

La normativa applicata al caso in esame

Nel caso di specie, il contribuente impugnava una cartella esattoriale di € 19.964,58 – riguardante l’omesso e/o carente versamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), per l’anno d’imposta 2014, emessa successivamente alla presunta notifica del prodromico avviso di accertamento – eccependo di non aver mai ricevuto la notifica dei predetti atti, nonché il difetto di sottoscrizione degli stessi, la carenza del potere di firma del Dirigente che aveva sottoscritto il ruolo e l’inesistenza giuridica del ruolo per delega non conforme alla legge.

Dalla documentazione prodotta in giudizio dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione emergeva che la notificazione della cartella di pagamento impugnata era stata effettuata tramite l’indirizzo PEC “notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it”; indirizzo di posta elettronica certificata non risultante – secondo i giudici di merito – in nessuno Registro Pubblico degli Indirizzi Elettronici e, di conseguenza, non riconducibile al Concessionario della Riscossione, comportandone l’irregolarità/illegittimità della notifica stessa, oltretutto non suscettibile di sanatoria (cfr. ex multis, Cass. n. 24110 del 27 settembre 2019; Cass. n. 3709 dell’8 febbraio 2019).

Sul punto, la recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 3093 del 10 febbraio 2020 ha ribadito il principio di diritto secondo cui La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi, precisando altresì che l’elencazione dei Pubblici Registri non è esclusiva ma tassativa e fondata sulla pubblica riconducibilità dell’indirizzo al soggetto.

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