Ai sensi dell’art. 38 T.U.B. “il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.
La delibera del CICR del 22 aprile 1995 ha, infatti, specificato che per i finanziamenti di credito fondiario l’ammontare massimo erogabile dagli istituti di credito è pari all’80% del valore dei beni ipotecati o del corso delle opere da eseguire sugli stessi ( e che tale percentuale può essere elevata fino al 100% solo ove vengano prestate garanzie integrative); tale limite è ritenuto dalla giurisprudenza requisito che attiene alla sostanza del rapporto tra la misura del credito concedibile e il valore della garanzia a servizio, tanto che interpretazione monolitica considera nullo ex art. 1418 c.c., per violazione di norme imperative, il contratto di mutuo fondiario che non rispetti tale rapporto (ex multis e di recente, Cass. 22459/2018).
È noto che la Corte Costituzionale, dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 38 T.U.B. e 67 L.F., in relazione all’art. 3 della Costituzione, ha ribadito il venir meno della distinzione tra credito fondiario e credito edilizio (C. Cost. n. 175 del 22 giugno 2004); la giurisprudenza ha così definitivamente chiarito che il mutuo fondiario non è subordinato alla necessaria compresenza dello scopo acquisitivo di un immobile e della garanzia ipotecaria di primo grado, ma può essere concesso anche per la ristrutturazione di un debito residuo.
Si delinea, per espressa previsione legislativa, un istituto duttile, capace di derogare al diritto comune grazie alle disposizioni contenute negli artt. 38 e 41 T.U.B. che, in particolare, escludono l’assoggettabilità a revocatoria fallimentare delle ipoteche iscritte almeno dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, permettono la notifica del precetto non obbligando alla notifica del titolo contrattuale esecutivo e prevedono una disciplina speciale per i rapporti tra esecuzione e fallimento.
Giurisprudenza e natura giuridica del contratto
La giurisprudenza è stata a lungo chiamata a identificare la natura giuridica del contratto esaminato, questione resa di rilievo anche dalla disposizione normativa. In particolare, si è discusso se il contratto di mutuo fondiario rappresenti un mutuo di scopo anche perché, se è vero che nell’art. 38 co.1 T.U.B. manca alcun riferimento ad uno scopo, il riferimento appare presente nel comma 2 dello stesso articolo che da rilievo al valore dell’immobile e al costo delle opere da eseguirsi sugli stessi. E’ sulla base di questa disposizione, del resto, che parte della dottrina affermava la natura di contratto di scopo del mutuo fondiario, affermazione ormai abbandonata da tutta la giurisprudenza.
Interpretazione monocorde della giurisprudenza afferma ormai che “il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina del T.U.B., non è mutuo di scopo: di esso, cioè, non è elemento essenziale la distinzione della somma mutuata a determinate finalità (Cass. 9511/2007 e Cass. 317/2001), o ristrutturazione di immobili.
In tal senso si ritiene chiaramente legittima l’operazione di credito fondiario finalizzata al ripianamento di passività pregresse della banca mutuante, in quanto non confliggente con un inesistente vincolo “di scopo”, ed in quanto niente affatto simulata.
La revocabilità del mutuo per estinzione debiti pregressi
Così chiarito, l’analisi interpretativa si sposta sulla normativa da applicare ai mutui fondiari “con scopo diverso” da quello edilizio ed è volta a chiarire se resti valida l’esenzione da revocatoria disposta dall’art. 67, comma 4, l. fall., per le “operazioni di credito fondiario” in generale.
Un primo orientamento interpretativo ha ritenuto che l’operazione di finanziamento rivolta al risanamento di un debito fosse revocabile ai sensi dell’art. 67 L.F. poiché espressiva di un pagamento realizzato con mezzi anormali. Secondo altro orientamento, l’ipoteca fondiaria sarebbe revocabile perché costitutiva di una garanzia per un debito pregresso: il debito cioè che risulterebbe estinto con la provvista derivante dall’erogazione del mutuo (la banca mutuante rimarrebbe creditrice del mutuatario, ma beneficiando di una garanzia ipotecaria prima assente) [1].
Il problema, invero, nasce dal principio per cui, l’art. 64 L.F. rimarrebbe comunque applicabile ai finanziamenti in esame. Si prospetterebbe, così, la necessaria verifica della onerosità o gratuità della garanzia. La questione prende le mosse dal principio per cui , ex art. 2901, co. 2 c.c. ., una garanzia “contestuale” viene considerata, ex lege, sempre come garanzia “onerosa”, ma così non è per una garanzia “non contestuale” (per un finanziamento pregresso) che non è detto che sia da considerare sempre “gratuita” e quindi soggetta a inefficacia ex art. 64 L.F, ma di cui occorre indagare la natura.
Si precisa, però, che una garanzia rilasciata dal cliente alla banca per un debito proprio e già scaduto non è mai considerata garanzia gratuita; mentre la garanzia rilasciata dal debitore per un debito pregresso, ma non ancora scaduto, potrebbe essere considerata “gratuita” nel caso in cui il debitore non abbia ricevuto vantaggio alcuno dalla banca. E’ allora chiaro che la questione ha poca ragione, le prestazioni di garanzia, pur se non contestuali, sono da ritenersi prevalentemente onerose, perché pur sempre collegate ad un vantaggio economico. Inoltre, la questione appare comunque mal posta poiché la garanzia sorge con l’operazione di mutuo fondiario, esentato da revocatoria ai sensi dell’art 67 L.F. e, precisa autorevole dottrina, l’ipotesi non è peraltro correttamente formulabile, dovendosi ritenere che la disciplina revocatoria degli atti costitutivi di garanzia sia interamente contenuta nell’art. 67 l. fall., senza possibilità di spazio per l’applicazione dell’art. 64 l. fall.
Deve allora concludersi che l’operazione di mutuo fondiario (finalizzata alla estinzione di passività pregresse dell’Istituto mutuante) non è né invalida né revocabile, ma più complessa è la questione, tutte le volte in cui l’ipoteca fondiaria sia stata costituita dal fallito nell’interesse di terzi, e tale atto di disposizione sia ritenuto qualificabile come atto a titolo gratuito, restando impregiudicata l’applicabilità dell’art. 64 L.F.
[1] Il Trib. Ravenna, 21 gennaio 2014 ha escluso illiceità della causa sottesa al mutuo fondiario erogato per l’estinzione di passività pregresse, osservando che “il finanziamento si realizza in tal caso nella forma del dilazionamento di un debito altrimenti immediatamente esigibile”. Secondo Trib. Vicenza, 5 ottobre 2010, “[i]l mutuo, con contestuale effettiva concessione di ipoteca, utilizzato per estinguere una passività preesistente (eventualmente mediante giroconto), è un negozio indiretto che ha per scopo ulteriore non l’estinzione della passività preesistente (sarebbe un pagamento anomalo), ma la sua trasformazione in un credito privilegiato, esclusa la simulazione, trattandosi di operazioni effettivamente volute dalle parti”.