Morte dell’unico difensore e interruzione automatica del processo: effetti e nullità della sentenza

L’ordinanza n. 15666/2025 della Seconda Sezione Civile della Cassazione (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione) affronta la questione della validità di un provvedimento adottato nelle more dell’interruzione automatica del processo, determinata dal decesso dell’unico difensore della parte costituita. Il giudizio trae origine dal ricorso avverso una sentenza della Corte d’appello che aveva respinto la richiesta di liquidazione delle competenze professionali di un avvocato. La Suprema Corte fonda la propria decisione sul principio secondo cui la morte dell’unico difensore comporta, ipso iure, l’interruzione del processo, indipendentemente dalla conoscenza dell’evento da parte del giudice o delle altre parti. Da ciò deriva la nullità di tutti gli atti successivi, inclusa la sentenza eventualmente emessa.

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Il fatto

Con sentenza n. 24065/2012, il Tribunale aveva respinto la domanda di un avvocato volta ad ottenere il pagamento delle competenze professionali per attività difensiva svolta in un processo penale relativo alla falsificazione di documenti. Successivamente, la Corte d’appello, con sentenza n. 3238/2017, aveva accolto l’impugnazione dell’avvocato, condannando una S.p.A. a pagare Euro 285.986,28, oltre interessi e rimborso delle spese di entrambi i gradi.

La Cassazione, con ordinanza n. 13188/2019, ha rigettato il primo motivo di ricorso della S.p.A. relativo alla mancanza di prova del conferimento dell’incarico all’avvocato. Cionondimeno, ha accolto il secondo motivo, con il quale la società lamentava che la sentenza impugnata avesse ritenuto provata la domanda in ragione di una contestazione generica della parcella.

La Cassazione ha chiarito che, nel giudizio per il pagamento di prestazioni professionali di avvocato, ogni contestazione, anche generica, sull’espletamento e la consistenza dell’attività è idonea a richiedere al giudice la verifica del quantum debeatur. Di conseguenza, la sentenza impugnata è stata cassata limitatamente a tale motivo.

Dopo il rinvio, la Corte d’appello, con sentenza n. 4383/2021, ha accertato che l’avvocato aveva già ricevuto Euro 102.879,95 per l’attività difensiva svolta fino al 5-5-2003. Esaminando la notula relativa alle udienze dal 24-6-2003 al 23-2-2007, la Corte ha dichiarato che il compenso già ricevuto doveva considerarsi congruo per tutta l’attività svolta. Di conseguenza, ha rigettato la domanda dell’avvocato e lo ha condannato al rimborso delle spese legali di primo, secondo grado e del giudizio di cassazione per metà.

I motivi del ricorso

Il ricorrente ha impugnato in Cassazione l’ultima sentenza della Corte d’appello, articolando tre distinti motivi. La società resistente si è costituita con controricorso, aderendo al primo motivo.

Primo motivo: interruzione automatica e nullità della sentenza

Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 301 c.p.c., in relazione agli artt. 24 e 111 della Costituzione e all’art. 6 CEDU, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.

Ha evidenziato che l’unico difensore della parte era deceduto il 9 ottobre 2020. Nonostante ciò, la società resistente aveva depositato un’istanza di anticipazione dell’udienza in data 3 novembre 2020. L’udienza di precisazione delle conclusioni era stata quindi anticipata al 10 marzo 2021, con trattazione scritta. La società aveva depositato le proprie note e la comparsa conclusionale; il ricorrente, però, non ne aveva avuto notizia né vi aveva partecipato.

Richiamando il principio per cui la morte dell’unico difensore determina automaticamente l’interruzione del processo e la nullità della sentenza, il ricorrente ha lamentato la compromissione del proprio diritto di difesa.

Secondo motivo: violazione delle tariffe forensi

In via subordinata, il secondo motivo ha denunciato la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 127/2004, in combinato disposto con gli artt. 2233 c.c. e 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. Il ricorrente ha contestato la violazione dei parametri legali per il calcolo di diritti e onorari nella difesa penale.

Terzo motivo: omissione sulla liquidazione delle spese incidentali

Infine, il terzo motivo ha dedotto la violazione e l’errata applicazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. La doglianza si è incentrata sulla mancata statuizione in ordine alle spese della procedura incidentale per la sospensione dell’esecuzione ex art. 373 c.p.c.

La pronuncia della Cassazione

La Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato. Il decesso dell’unico difensore, avvenuto il 9 ottobre 2020, è stato provato in sede di legittimità ex art. 372 c.p.c. tramite il certificato di morte. Il dato non era emerso in corso di causa, nessun nuovo difensore si era costituito e il ricorrente era rimasto privo di rappresentanza. Né erano state precisate le conclusioni, né erano state presentate comparse o memorie.

Il processo era dunque proseguito fino al deposito della sentenza in assenza di un difensore della parte, come confermato dai verbali d’udienza. La Suprema Corte ha ribadito che la morte dell’unico difensore determina ipso iure l’interruzione del processo, anche se non conosciuta dal giudice o dalle controparti. Ogni attività successiva deve ritenersi nulla, compresa la sentenza eventualmente pronunciata.

Non assume rilievo il fatto che la parte avrebbe potuto difendersi personalmente: non avendo esercitato tale facoltà, la stessa è rimasta di fatto priva di difesa. L’interruzione opera in modo automatico, salvo il caso – qui assente – di costituzione volontaria di nuovo difensore ai sensi dell’art. 299 c.p.c.

Conclusioni

L’accoglimento del primo motivo ha comportato la dichiarazione di nullità della sentenza impugnata, in quanto emessa durante l’interruzione del processo. Ciò determina l’assorbimento dei successivi motivi di ricorso e impone la cassazione con rinvio. Il giudice del rinvio sarà nuovamente investito delle questioni poste dall’ordinanza n. 13188/2019 e statuirà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

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