Matrimonio religioso non trascritto: legittimo il rifiuto alla trascrizione tardiva

Una coppia dopo qualche mese dalla celebrazione delle nozze intende separarsi, ma il parroco si è dimenticato di trascrivere il matrimonio. La donna chiede quindi il risarcimento dei danni per la mancata trascrizione del matrimonio religioso, ostacolata dal rifiuto (legittimo) dell’ex. Nella vicenda approdata in Cassazione (Cass. Civ., Sez. III, ordinanza n. 24409 del 2 settembre 2025) si intrecciano diritto civile e norme concordatarie, ma anche obblighi morali e giuridici. Il Formulario commentato della famiglia e delle persone, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, si configura come uno strumento completo e operativo per impostare un’efficace strategia difensiva.

Formulario commentato della famiglia e delle persone

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Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022, è attualmente Giudice ordinario di pace.

 

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Le nozze religiose non seguite da trascrizione

Nel marzo del 2009 una coppia contrae matrimonio secondo il rito concordatario presso una parrocchia siciliana. La sposa contrae due finanziamenti per un totale di oltre 66.000 euro, destinati a fronteggiare le spese di cerimonia e nuova abitazione. Appena un anno dopo i due decidono di separarsi e scoprono che il matrimonio non è mai stato trascritto nei registri civili. Il parroco, per ragioni mai chiarite, non ha provveduto alla trasmissione dell’atto. La donna chiede all’ex di acconsentire alla trascrizione tardiva, necessaria per avviare la separazione giudiziale. Lui rifiuta, in modo formale, tramite una missiva del giugno 2010.

Nessun danno e nessuna condotta illecita

Nel 2011 la donna cita in giudizio sia il sacerdote che la Curia Arcivescovile, chiedendo il risarcimento dei danni sia patrimoniali che non patrimoniali. Il Tribunale di Messina, nel 2019, rigetta la domanda: secondo il giudice la donna avrebbe potuto avviare autonomamente la procedura di trascrizione tardiva, e il rifiuto dell’ex non costituisce condotta illecita.

La Corte territoriale conferma la decisione nel 2023, mettendo in evidenza che il consenso alla trascrizione tardiva non è un obbligo giuridico, casomai unicamente morale. Inoltre, non si è raggiunta la prova del danno subito e neppure del riconoscimento di debito da parte dell’ex consorte. La Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza depositata il 02 settembre 2025, segna l’epilogo della vicenda dichiarando il ricorso interposto dalla donna inammissibile, con una duplice motivazione: difetta la prova del danno e manca l’obbligo giuridico al consenso per la trascrizione tardiva.

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Il diritto di ripensamento

Hub giuridico è l’articolo 8 della legge n. 121 del 1985, che regola la trascrizione dei matrimoni religiosi. La norma prevede che la trascrizione possa avvenire anche in seguito, dietro istanza di uno solo dei coniugi, purché sussista la conoscenza e in assenza di opposizione dell’altro. La Corte mette in luce che, trascorso un certo lasso di tempo, non si può più presumere la volontà originaria di attribuire effetti civili al matrimonio religioso. Il rifiuto del consenso, per l’effetto, diventa espressione del diritto fondamentale all’autodeterminazione. In altre parole: nessuno può essere costretto a dare rilevanza civile a un matrimonio che, per quanto celebrato, non è mai stato registrato.

Le promesse date e i debiti contratti

Ulteriore nodo del contendere riguarda una lettera del legale dell’ex marito, in cui si dichiarava disponibile a contribuire alle spese sostenute dalla donna. Secondo la ricorrente la missiva era qualificabile come riconoscimento di debito. La Corte non condivide la tesi difensiva, in quanto la dichiarazione era subordinata alla presentazione di documentazione e non proveniva direttamente dalla parte, ma dal suo avvocato, per di più in assenza di prova del conferimento di poteri rappresentativi.

Nessuna responsabilità per parroco e Curia

La donna aveva chiamato in causa anche il parroco e la Curia, ritenendoli corresponsabili per l’omessa trascrizione. Tuttavia, i giudici hanno escluso ogni responsabilità. Anzitutto non vi era prova alcuna che il parroco avesse agito con dolo o negligenza, e neppure che l’omissione avesse cagionato un danno diretto. Inoltre, la trascrizione tardiva avrebbe comunque richiesto il consenso dell’ex, rendendo irrilevante l’eventuale omissione iniziale.

Quando il matrimonio religioso resta senza rilievo civile

Questo caso solleva interrogativi profondi sul rapporto tra diritto e morale, tra volontà individuale e formalità giuridiche. È possibile che un matrimonio celebrato religiosamente non abbia alcun valore civile? Sì, se non viene trascritto. È lecito rifiutare la trascrizione tardiva? Sì, se si esercita il diritto di autodeterminazione. Il collegio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha chiarito che il matrimonio religioso, in assenza di trascrizione, resta confinato nella sfera spirituale. E il consenso alla trascrizione non può essere imposto, neppure invocando le promesse passate o le aspettative disattese.

Un intreccio tra fede, legge e libertà che possono anche non dialogare tra loro

La vicenda narrata, che ruota attorno alla mancata trascrizione del matrimonio concordatario, attesta che il diritto civile non è solo un insieme di norme, bensì un sistema che tutela la libertà individuale, anche quando questa si traduce in un ripensamento. La giustizia, in questo caso, non ha premiato la fiducia tradita, ma ha difeso il principio che ogni opzione di indole personale, come quella di dare valore civile a un atto religioso, è libera e consapevole. Un monito per chi crede che il rito basti, senza trascrizione, il matrimonio resta un atto di fede e una promessa non scritta.

Il principio di diritto ricavabile

In ambito di trascrizione tardiva del matrimonio concordatario, ai sensi dell’art. 8, comma 1, sesto periodo, della legge 25 marzo 1985, n. 121, il consenso di ambedue i nubendi costituisce condizione necessaria per la trascrizione successiva dell’atto, non potendo più presumersi sulla base del solo consenso originario alla celebrazione. Con la conseguenza che il rifiuto di uno dei coniugi di prestare detto consenso non integra condotta illecita ai sensi dell’art. 2043 c.c., né può essere ricondotto, neppure in via analogica, alla promessa di matrimonio ex art. 81 c.c., trattandosi di esercizio legittimo del diritto all’autodeterminazione in un atto personalissimo. Ulteriormente, la mancata trascrizione non è di per sé fonte di danno risarcibile, ove non sia fornita prova concreta del pregiudizio subito.

Mancata trascrizione del matrimonio religioso: la decisione in sintesi

Ecco infine una pratica e breve checklist per orientarsi nell’applicazione dei principi affermati dalla Terza Sezione Civile della Cassazione con l’ordinanza n. 24409 del 2 settembre 2025.

Un matrimonio religioso senza trascrizione ha effetti civili?

No. Senza trascrizione nei registri dello stato civile, il matrimonio concordatario resta privo di effetti giuridici e conserva solo valore religioso.

È obbligatorio acconsentire alla trascrizione tardiva?

No. Il consenso costituisce un atto di autodeterminazione personale. Non esiste un obbligo giuridico a prestarlo, ma solo un dovere morale.

Il rifiuto del consenso configura un illecito civile?

No. La Cassazione ha chiarito che il rifiuto non integra una condotta illecita ai sensi dell’art. 2043 c.c., trattandosi di un atto legittimo.

Si può chiedere il risarcimento per la mancata trascrizione?

Solo se sia dimostrato un concreto danno patrimoniale. In questo caso, la prova del danno non è stata fornita, con conseguente rigetto della domanda.

Il parroco o la Curia rispondono dell’omessa trascrizione?

No, in assenza di dolo o colpa e soprattutto perché la trascrizione tardiva avrebbe comunque richiesto il consenso dell’altro coniuge.

Qual è il principio di diritto fissato dalla Cassazione?

La trascrizione tardiva del matrimonio concordatario richiede il consenso di entrambi i coniugi; il rifiuto di prestarlo è legittimo e non genera responsabilità risarcitoria.

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