Premessa: la ratio dell’assistenza materiale
Tra i diversi doveri dei coniugi scaturenti dal matrimonio (coabitazione, fedeltà, collaborazione, ecc. ecc..) uno dei più importanti è costituito dall’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale: ciascun coniuge deve far fronte alle esigenze anche materiali dell’altro allorché questi non è in grado di provvedervi, così come disciplinato dall’articolo 143 del codice civile.
Tuttavia, quando tale matrimonio giunge al termine, i doveri di assistenza materiale non si interrompono: con la separazione personale dei coniugi, infatti, cessano l’obbligo di coabitazione e l’obbligo di fedeltà, ma permangono gli obblighi di assistenza morale e materiale.
L’art. 156 c.c. interviene dunque a tutelare il coniuge economicamente “debole” prevedendo la corresponsione periodica di un assegno di mantenimento in favore dello stesso.
Nella valutazione posta in essere dal giudice in merito al quantum del succitato assegno intervengono diversi fattori: la non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente l’assegno, la mancanza di adeguati redditi propri, la sussistenza di una disparità economica tra i due coniugi, sono presupposti necessari e sufficienti.
Si precisa, in ultimo, che con il termine di “reddito” il legislatore si è riferito non solo al denaro ma anche ad ogni altra diversa utilità, purché economicamente valutabile [1]. Il giudice investito della questione deve difatti considerare l’intera entità patrimoniale dei coniugi, quindi non solo gli introiti in denaro, ma anche i beni soggetti a reale valore economico, compreso l’assegnazione e l’uso della casa coniugale.
Il caso in esame
Nel caso in esame, tuttavia, i giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevo rigettato la pretesa di una ex moglie ad ottenere, a seguito della separazione dal marito, un assegno di mantenimento da quest’ultimo. Il Tribunale e la Corte d’Appello, si erano in tal modo pronunciati in quanto il matrimonio tra le parti era naufragato dopo solo 28 giorni, non dando vita, quindi, ad alcun tipo di unione morale e materiale che potesse sostenere una pretesa economica.
Ella decide, pertanto, di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. A parere della difesa, nel caso di specie sussistevano gli elementi costitutivi del matrimonio, tali da rendere irrilevanti una qualsivoglia valutazione in merito alla durata dello stesso. Inoltre, non vi era stata addebitabilità della separazione in capo alla donna, la quale, tra l’altro, non godeva di redditi propri tali da consentirle un tenore di vita analogo a quello vissuto in costanza di matrimonio.
A fortiori, la Corte di Cassazione con sentenza n. 1162 dell’8 gennaio 2017 si era già pronunciata in merito alla breve durata del matrimonio ritenendo che la stessa non potesse precludere il diritto dell’assegno di mantenimento, in presenza degli altri elementi costitutivi come, ad esempio, la non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente e della sussistenza di una disparità economica tra le parti.
La decisione della Corte di Cassazione
I giudici di legittimità, tuttavia, confermano in tale sede quanto stabilito dalle Corti territoriali, ritenendo tale vicenda di carattere eccezionale, in virtù della palese carenza di un qualsivoglia rapporto affettivo qualificabile come affectio coniugalis.
Nel caso di specie, si ribadisce, il matrimonio si era protratto esclusivamente per 28 giorni, tra l’altro in assenza di convivenza, pertanto non poteva ritenersi instaurata una vera e propria comunione materiale e spirituale tra gli stessi. Vi è di più. Entrambe le parti sostenevano che il di loro coniuge avesse in realtà mirato ad interessi completamente avulsi dallo scopo primario dell’unione matrimoniale, bramendo in realtà a vantaggi meramente economici.
In particolare, lui, alto ufficiale dell’esercito USA, mirava a godere di benefici economici previsti per i coniugati appartenenti alle forze armate, mentre lei, aveva ricevuto, quale compenso per il matrimonio, 110mila dollari oltre a diversi assegni post-datati.
Alla luce di quanto rappresentato, la Cassazione ha ritenuto evidente la carenza di un’unione spirituale e materiale tra i coniugi, che, al contrario, si manifesta principalmente quale unione di interesse economico. Pertanto, il ricorso della donna è respinto e alla stessa non spetta alcun assegno di mantenimento.
[1]. ex multis Cass. 4543/1998; Cass. 19291/2005; Cass. 6769/2007; Cass. 2445/2015.