L’obbligo di salvataggio ex art. 1914 c.c. dell’assicurato

La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 10725/2025 (clicca qui per leggere il testo integrale dell’ordinanza), ha affrontato una questione centrale nell’ambito della responsabilità civile assicurativa: l’estensione dell’obbligo di salvataggio previsto dall’art. 1914 c.c. a carico dell’assicurato. La Corte ha chiarito se tale obbligo si limiti alle azioni dirette a prevenire il danno al terzo, oppure se si estenda anche alla fase processuale, imponendo all’assicurato un dovere di diligenza nella gestione del giudizio volto all’accertamento della responsabilità. La decisione assume un impatto rilevante per assicurati e compagnie assicurative, poiché delimita il perimetro dell’obbligo di collaborazione dell’assicurato durante il processo, con effetti diretti anche sulla ripartizione delle spese di resistenza.

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Il risarcimento del danno nell'infortunistica stradale

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Massimo Quezel
Consulente in infortunistica dal 1997, fondatore e presidente del primo franchising in Italia di studi di consulenza dedicati alla tutela dei diritti dei danneggiati. Ha maturato una decennale esperienza come liquidatore assicurativo per una compagnia estera che gli ha permesso di acquisire un’importante esperienza nel settore. È autore dei libri inchiesta Assicurazione a delinquere, Malassicurazione e, con Francesco Carraro, di Salute S.P.A. – La Sanità svenduta alle Assicurazioni. Dal 2003 dirige il trimestrale BluNews, dedicato al settore della tutela dei diritti e del risarcimento del danno (www.massimoquezel.it).
Francesco Carraro
Avvocato, vicepresidente dell’associazione forense “La Meridiana - Giuristi & Responsabilità”, composta da avvocati esperti nel campo della responsabilità civile e del risarcimento. Formatore in ambito giuridico e sulle tecniche di comunicazione, è autore dei seguenti saggi: Gestire il proprio tempo, Convincere per vincere e I nove semi del cambiamento. È coautore, con Massimo Quezel, di Salute S.P.A. – La Sanità svenduta alle Assicurazioni (www.avvocatocarraro.it).

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Massimo Quezel, Francesco Carraro, 2025, Maggioli Editore
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Il caso

La vicenda trae origine da un caso di malpractice medica verificatosi durante un intervento chirurgico, che ha causato danni permanenti a un neonato. I familiari del minore hanno citato in giudizio l’équipe sanitaria, compresa l’anestesista. Quest’ultima era coperta da una polizza per la responsabilità civile professionale e ha affrontato il giudizio assistita da un legale incaricato dalla propria compagnia assicurativa.

A propria difesa, la professionista ha sostenuto di essersi opposta alla prosecuzione dell’intervento. Tuttavia, tale tesi non ha trovato accoglimento in giudizio, in quanto contrastata dalle risultanze della cartella clinica, cui non è stata proposta querela di falso. Il tribunale ha così condannato l’anestesista al risarcimento di un rilevante danno patrimoniale.

In appello, la professionista ha revocato il mandato al legale nominato dall’assicurazione, scegliendo un difensore di fiducia. Anche in questa fase, tuttavia, non è stata proposta querela di falso contro la documentazione clinica, con conseguente conferma della condanna in doppio grado.

Successivamente, l’anestesista ha agito in giudizio contro la propria compagnia assicurativa, chiedendo l’accertamento dell’operatività della polizza e il riconoscimento della relativa obbligazione di manleva. L’assicurazione si è costituita eccependo, tra l’altro, la violazione dell’obbligo di salvataggio previsto dall’art. 1914 c.c., sostenendo che l’assicurata, omettendo la querela di falso, avrebbe tenuto una condotta difensiva negligente che ha compromesso l’esito del giudizio di responsabilità.

Il Tribunale di Milano ha respinto l’eccezione sollevata dalla compagnia assicurativa, decisione poi confermata dalla Corte d’Appello. I giudici di merito hanno ritenuto che l’obbligo previsto dall’art. 1914 c.c. si riferisse unicamente alla fase preventiva del danno nei confronti del terzo e non si estendesse alle scelte processuali adottate dall’assicurato nel giudizio di merito.

Avverso tale decisione, la compagnia assicurativa ha proposto ricorso per cassazione.

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L’obbligo di salvataggio ex art. 1914 c.c.

La questione centrale sottoposta all’attenzione della Suprema Corte riguarda l’interpretazione dell’art. 1914, comma 1, c.c., secondo cui “l’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno”. Il dibattito interpretativo si concentra sull’estensione temporale e funzionale dell’obbligo di salvataggio, rispetto al momento in cui si manifesta il danno e alle condotte successive dell’assicurato.

A tal proposito, la giurisprudenza ha sviluppato due principali orientamenti:

  1. interpretazione restrittiva: l’obbligo di salvataggio si ascrive all’evento dannoso che colpisce il terzo. La responsabilità attiene alle condotte, commissive od omissive, ricomprese nel procedimento causale dell’illecito. Le azioni processuali adottate in seno al giudizio di responsabilità sarebbero estranee a tale obbligo, poiché posteriori alla cristallizzazione del danno.
  2. interpretazione estensiva: l’obbligo di salvataggio non si consuma con il verificarsi dell’evento lesivo, ma procede anche nella fase successiva, prescrivendo all’assicurato anche nella fase successiva del danno.

La decisione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla compagnia assicurativa, cassando con rinvio la sentenza impugnata e aderendo all’interpretazione estensiva dell’art. 1914 c.c. La motivazione si fonda su precedenti arresti giurisprudenziali (Cass. n. 18076/2020; Cass. n. 11724/2021), nei quali si è ritenuto che le spese di resistenza sostenute dall’assicurato nel giudizio promosso dal terzo danneggiato costituiscano a pieno titolo “spese di salvataggio”, rientranti nell’ambito dell’interesse comune di assicurato e assicuratore.

Questa impostazione si pone in netto contrasto con quella seguita dai giudici di merito, secondo cui la fase processuale tra danneggiato e danneggiante sarebbe estranea all’obbligo di salvataggio. Al contrario, la Suprema Corte ha osservato che il dovere previsto dall’art. 1914 c.c. si articola in una duplice funzione: evitare il danno e ridurne l’entità. Da ciò discende che anche condotte successive al verificarsi dell’evento dannoso possono incidere sull’entità del pregiudizio, prevenendone l’aggravamento.

Nel giudizio civile promosso dal terzo danneggiato, la difesa dell’assicurato si traduce in uno strumento essenziale per influenzare l’accertamento sia dell’an che del quantum del danno risarcibile. Una condotta difensiva diligente è dunque idonea a contenere le conseguenze economiche dell’illecito, in linea con la funzione di “salvataggio” propria della norma in esame.

La Corte ha precisato infine che l’adempimento di tale dovere va valutato alla luce del criterio della diligenza del buon padre di famiglia e ha enunciato il seguente principio di diritto:

«L’obbligo di salvataggio ex art. 1914 c.c. incombe sul danneggiante assicurato per la responsabilità civile anche nella conduzione della controversia promossa nei suoi confronti dal danneggiato (volta proprio a determinare l’an e il quantum del pregiudizio da risarcire) e l’adempimento del dovere di compiere quanto è possibile per evitare o diminuire il danno dev’essere esaminato in base al canone della diligenza del buon padre di famiglia in relazione alla difesa svolta rispetto alla pretesa risarcitoria, anche se l’attività di salvataggio non ha sortito buon esito». 

Conclusioni

La decisione conferma l’interpretazione estensiva dell’art. 1914 c.c., nei rapporti tra assicurato e assicuratore RC. Ne consegue che la collaborazione pretesa dall’assicurato non si esaurisce nell’evento danno, ma continua anche in sede processuale. L’assicurato è tenuto a condurre la propria difesa con la diligenza del buon padre di famiglia, adoperando tutte le strategie processuali esperibili per limitare l’entità della pretesa avversaria, nel suo interesse nonché della compagnia assicurativa. Una condotta processuale connotata da negligenza può integrare una lesione dell’obbligo di salvataggio e causare una riduzione o la privazione del diritto all’indennizzo.

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