Con la sentenza n. 22105 del 29 ottobre 2015, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito, in tema di rapporti di vicinato, che il limite di tollerabilità delle immissioni, a norma dell’art. 844 c.c., non ha carattere assoluto, ma relativo: deve cioè essere fissato con riguardo al caso concreto, tenendo conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi e delle abitudini della popolazione.
Esistono dei parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell’ambiente che possono essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l’intollerabilità delle emissioni che li eccedano. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, essi “non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell’ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle emissioni, ancorchè contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica“.
La Cassazione ha inoltre chiarito che la relativa valutazione, ove adeguatamente motivata, nell’ambito dei criteri direttivi indicati dal citato art. 844 c.c., con particolare riguardo a quello del contemperamento delle esigenze della proprietà privata con quelle della produzione, costituisce accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità.
Nel caso di specie, l’attore aveva convenuto in giudizio il suo vicino, lamentando la sussistenza, anche nelle ore destinate al riposo, di rumori provenienti dalla sua abitazione, e in particolar modo dalla sua lavatrice, posizionata in una stanza situata al piano superiore rispetto al proprio ed in corrispondenza della camera da letto.
Con particolare riferimento ai limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose, la Corte di legittimità ha evidenziato che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 1 marzo 1991, al pari dei regolamenti comunali limitativi dell’attività rumorosa, fissa, quale misura da non superare per le zone non industriali, una differenza rispetto al rumore ambientale pari a 3 db in periodo notturno e in 5 db in periodo diurno e che le disposizioni in esso contenute, non escludono l’applicabilità dell’art. 844 c.c., nei rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini.
Ebbene, nel giudizio de quo veniva accertato che la lavatrice superava in effetti i valori di decibel consentiti quale limite di tollerabilità delle immissioni rumorose. Tuttavia, come giustamente affermato dalla Corte territoriale, l’attore non ha provato nè una frequenza particolarmente intensa nell’uso dell’elettrodomestico nè che i lavaggi avvenissero in orario notturno e di riposo pomeridiano. Di conseguenza, un rumore pur superiore ai limiti consentiti che si protrae per cinque – dieci minuti (il tempo della centrifuga) al giorno in orari non destinati al riposo e, presumibilmente, non più di una volta al giorno, non può essere ritenuto obiettivamente intollerabile.
Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, Sez. II civile, Sent., sentenza n. 22105 del 29 ottobre 2015