La ristrutturazione dei debiti del consumatore

in Giuricivile, 2020, 11 (ISSN 2532-201X)

Il Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (decreto legislativo 12 gennaio 2019 n.14) ha previsto la ristrutturazione e la semplificazione delle procedure di composizione della crisi di sovra indebitamento di cui alla legge n. 3/2012.

Il CCI definisce il sovraindebitamento[1] come “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al D.L 18 /10/12, n. 179, e di ogni altro debitore che non è assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza”.

In definitiva, si applica a tutti una serie di soggetti che non rivestono la qualifica di imprenditori e, dunque, non possono essere sottoposti alle ordinarie procedure fallimentari.

Le tre procedure di composizione di cui alla l. n.3 vengono così in tal sede rinominate, pure se non sempre con rilevanti innovazioni sostanziali. In luogo del previgente piano del consumatore si ha ora la “ristrutturazione dei debiti” (artt. 67-73); la procedura fondata sull’accordo è, opportunamente conferendone la ricostruzione già invalsa, ora definita come “concordato minore” (artt. 74-83); la liquidazione di tutti i beni viene definita, concordemente all’impianto che nell’intero Codice rimodula tale procedura, come “liquidazione controllata del sovraindebitato” (artt. 268-277)[2].

In tal sede, cercheremo di far chiarezza sui tratti caratteristici del piano di ristrutturazione dei debiti.

Ambito soggettivo di applicazione e procedure familiari

Il piano di ristrutturazione dei debito, si applica al consumatore[3] ossia “la persona finisca che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una s.n.c. o di una s.a.p.a. per i debiti estranei a quelli sociali” (art. 2 lett. e, d. lgs. 14/2019).

Ulteriore elemento di novità introdotte dal CCI, relativamente all’ambito soggettivo di applicazione, si rinviene nel disposto dell’art. 66, Capo II, sezione I consistente nell’estensione della procedure anche ai membri della stessa famiglia.

Si stabilisce che “i membri della stessa famiglia possono presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’orine comune”.

È indiscusso, infatti, che la crisi di un singolo familiari condizioni sfavorevolmente l’intero nucleo familiare.  Tale possibilità, non di certo preclusa in passato[4], consente da un lato la presentazione di un’unica domanda sin dall’avvio della procedura, dall’altro ammette che “il giudice”, qualora siano presentate più richieste, adotti i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento.

Sebbene sia disciplinata una trattazione unitaria della situazione di crisi, la norma specifica che le masse attive e passive devono rimanere distinte (art. 66 c. 3 d.lgs. 14/2019) scongiurando il rischio che parti del patrimonio di uno dei familiari sia destinato al pagamento dei debiti degli altri e viceversa[5].

Procedura di ristrutturazione dei debiti

Il piano di ristrutturazione dei debiti, riguarda il consumatore sovraindebitato che, con l’ausilio dell’OCC, può proporre ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che indichi in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento (art. 67 comma. 1 d.lgs. 14/2019).

La proposta ha contenuto libero e può prendere il soddisfacimento, anche parziale dei crediti in qualsiasi forma. La domanda è correlata dall’elenco di (art. 67 c.2):

  1. di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute e delle cause di prelazione;
  2. della consistenza e della composizione del patrimonio del debitore;
  3. gli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi 5 anni;
  4. le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
  5. degli stipendi, le pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare, con l’indicazione di quanto occorre al mantenimento della sua famiglia.

Non viene previsto, a differenza della previgente legge sul sovraindebitamento, all’Organismo di Composizione della Crisi un’attestazione di fattibilità.

Meritevole di attenzione, risulta poi il disposto presente al comma 3 dell’art. 67 che stabilisce  che “la proposta può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti finanziari con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e delle operazioni di prestito su pegno”[6].

Presentazione della domanda

Tra le novità di rilievo della disciplina in commento rinveniamo le modalità di presentazione della domanda; ai sensi dall’art. 37 co. 1, viene stabilito che “la domanda … è proposta con ricorso del debitore” senza che sia necessaria l’assistenza del difensore (art. 68 c. 1 CCI)[7]. Alla proposta del piano di ristrutturazione, così come previsto dall’art. 68 d.lgs. 14/2019 deve essere allegata una relazione dell’OCC, contenente:

  1. L’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;
  2. L’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte;
  3. La valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda;
  4. L’indicazione dei costi presumibili della procedura.

L’OCC, entro sette giorni dall’avvenuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, provvede a informare gli uffici territorialmente competenti[8], in base all’ultimo domicilio fiscale del debitore.

I sopraindicati uffici, nei quindici giorni debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti.

Con il deposito della domanda si sospendono il corso degli interessi convenzionali o legali sino alla chiusura delle procedura. La suddetta sospensione non si applica ai crediti garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, in virtù di quanto previsto dagli articoli 2749, 2788 e 2855 c. 2. e 3 C.C.

L’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento, ha il dovere di valutare anche il comportamento dei finanziatori, verificando che non vi sia stata negligenza nella valutazione del merito creditizio del debitore. La valutazione deve essere compiuta in relazione al reddito disponibile del consumatore, dedotto dell’importo necessario al mantenimento di un dignitoso tenore di vita[9].

L’art. 69 CCI si occupa delle cause ostative all’accesso alla procedura del piano di ristrutturazione stabilendo che non può accedervi il consumatore che sia già stato esdebitato nei 5 anni precedenti, ha già beneficato dell’esdebitazione per due volte o abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

In tal modo, il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravio viene escluso in quanto dimostra un recidiva del proprio comportamento.

Omologazione del piano

L’OCC deposita la domanda di ristrutturazione dei debiti presso il Tribunale territorialmente competente. Il giudice, se ritiene la proposta ed il piano ammissibili, dispone con decreto (pubblicato in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della Giustizia) e ne da comunicazione a tutti i creditori, a cura dell’OCC, entro 30 giorni.

I creditori, ricevuta la comunicazione, comunicheranno all’OCC un indirizzo di posta elettronica certificata per le successive comunicazioni, in difetto avverranno mediante deposito in cancelleria.

Con il decreto sopraindicato, il giudice, su istanza del debitore, può disporre la sospensione di eventuali procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero compromettere la fattibilità del piano. Il giudice, può altresì disporre il divieto di azioni esecutivi e cautelari sul patrimonio del consumatore nonché avviare altre misure idonee a conservare l’integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento.

Nei 20 giorni successivi alla comunicazione della presentazione del piano, i creditori possono presentare eventuali osservazioni[10]. I creditori possono proporre modifiche e miglioramenti del piano, senza alcuna possibilità di veto circa la sua approvazione. Entro i dieci giorni successivi, l’OCC, sentito il debitore, riferisce al giudice, ed eventualmente apporta le modifiche che ritiene necessarie.

Il giudice verificata l’ammissibilità giuridica e la fattibilità economica del piano, risolta ogni contestazione, omologa il piano con sentenza e dichiara chiusa la procedura.

Nel caso in cui il ceto creditorio contesti la convenienza economica del piano il giudice può decidere ugualmente di omologarlo “se ritiene che comunque il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria” (art. 70 c.9).

In caso contrario, qualora il giudice ritenga il piano inammissibile o non fattibile, nega l’omologazione con decreto motivato e dichiara l’inefficacia delle misure protettive accorate. In questo caso, il giudice, può dichiarare aperta la “liquidazione controllata” ai sensi degli articoli 268 e seguenti.

Esecuzione del piano e revoca dell’omologazione

Il debitore, è tenuto compiere ogni atto necessario per l’esecuzione del piano.

L’esecuzione del piano di ristrutturazione viene sottoposta al controllo dell’OCC che vigilia sull’esatto adempimento del piano risolvendo eventuali difficoltà e sottoponendo al giudice, se necessario. Ogni sei mesi, l’OCC riferisce al giudice per iscritto e al termine dell’esecuzione, sentito il debitore, presenta al giudice il rendiconto.

In caso di approvazione del rendiconto, il giudice liquida all’OCCm il compenso in caso contrario il giudice indica gli atti necessari per l’esecuzione del piano ed assegno un termine per il loro compimento. Se le prescrizione non vengono adempiute il giudice revoca l’omologazione ed esclude l’OCC dal diritto al compenso.

Il giudice può revocare l’omologazione del piano nelle seguenti situazioni ritenute particolarmente gravi:

  • Diminuzione o aumento del passivo con dolo o colpa grave;
  • Sottrazione o dissimulazione di una parte rilevante di attivo;
  • Simulazione dolosa di attività inesistenti;
  • Commissione di atti volti a frodare i creditori;
  • Inadempimento degli obblighi previsti dal piano;
  • Sopravvenuta inattuabilità del piano con conseguente impossibilità di modifica;
  • Mancata approvazione del rendiconto presentato dall’OCC (art. 71 c. 3)

In tutte le ipotesi sopra citate, il giudice provvede d’ufficio, su istanza del creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi interessato. La domanda di revoca non può essere assunta decorsi sei mesi dalla approvazione del rendiconto. Viene ammesso, con le modalità stabilite dall’art. 50 dlgs. 14/2019, reclamo avverso alla sentenza di revoca dell’omologazione. In ogni caso, la revoca non pregiudica i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.


[1] Articolo 2, comma 1, lettera c) del Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14).

[2] Mariacarla Giorgetti, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Commento al decreto legislativo 12 Gennaio 2019, n.14, op. citato, p. 71, Pacini Giuridica, 2019.

[3] La definizione di consumatore risulta ampliata rispetto a quella contenuta nella legge 3/2012 (art. 6 c. 2 lett. b), contemplando anche i soci illimitatamente responsabili di società in nome collettivo, società in accomandita semplice e società in accomandita per azioni. Il CCI equipara al consumatore i soci delle compagini sociali suindicate, purché si tratti di debiti estranei a quelli sociali e non si deve recare pregiudizio ai creditori sociali.

[4] Tribunale di Bergamo 26 settembre 2018  e Tribunale di Novara decreto 25 luglio 2017, entrambe pubblicate su su www.ilcaso.it

[5] Si fa riferimento al principio della responsabilità patrimoniale (art. 2740 CC): “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”.

[6] Fino a questo momento la giurisprudenza di merito aveva opinioni contrastanti circa la possibilità di poter ristrutturare tale tipologia di debiti, derivanti ad esempio dalla cessione del quinto dello stipendio. A tal proposito si espresse con parere positivo il Tribunale di Pistoia, decreto 27 dicembre 2013 pubblicato su www.unijuris.it; diversamente il Tribunale di Torino, decr. 30 settembre 2015 in dejure.

[7] Anche in questo caso vi è una risoluzione del problema in nuce, difatti, la legge 3/2012 non era chiara sulla necessità dell’assistenza di un difensore (pro Tribunale di Massa, 28 gennaio 2016, contra Tribunale di Pistoia, 17 novembre 2014 entrambe pubblicate su www.unijuris.it).

[8] Art. 68 c. 4 CCI “ne da notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali”

[9] Il legislatore (art. 68 c. 3 d.lgs 14/2019) stabilisce come parametro quantitativo l’ammontare dell’assegno sociale moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare come previsto dalla scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n.159.

[10] Sono esclusi i creditori che hanno contribuito a provocare lo stato di sovraindebitamneto (art. 69 c. 2 d.lg. 14/2019)

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