La riassunzione del giudizio da parte dell’erede vale come accettazione tacita

In tema di successioni, l’art. 476 c.c. attribuisce rilievo al compimento di atti che presuppongono la volontà del chiamato di accettare l’eredità. La giurisprudenza ha progressivamente ampliato il perimetro delle condotte che integrano accettazione tacita, includendo non solo atti sostanziali (come la voltura catastale, il pagamento di debiti ereditari o la stipula di contratti riferiti ai beni relitti), ma anche atti processuali che implicano l’assunzione della qualità di erede.

In questo quadro si colloca l’ordinanza della Cassazione, Sezione Tributaria, del 19 novembre 2025, n. 30466, che affronta in modo diretto uno degli aspetti più delicati: se la riassunzione del giudizio da parte del successore del de cuius comporti automaticamente accettazione tacita dell’eredità.

La riassunzione del giudizio ad opera dell’erede

A seguito del giudizio c.d. rescindente, operato dal Giudice dei Diritti, il giudizio avanti al giudice designato, può essere riassunto, nelle forme di legge, anche dal chiamato all’eredità.

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Riccardo Mazzon
Avvocato Cassazionista del Foro di Venezia. Ha svolto funzioni di vice-procuratore onorario presso la Procura di Venezia negli anni dal 1994 al 1996. È stato docente in lezioni accademiche presso l’Università di Trieste, in corsi approfonditi di temi e scritture giuridiche indirizzati alla preparazione per i Concorsi Pubblici. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche.

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Pertanto, se il giudizio, presso il giudice di rinvio, onde celebrare il giudizio rescissorio, è riassunto dal successore universale della parte processuale, nel frattempo deceduta, tala atto comporta un’accettazione tacita dell’eredità ai sensi dell’art. 476, c.c.

L’atto di riassunzione, qual che sia, a seconda della natura delle regole processuali applicabili, che sia compiuto dal chiamato all’eredità, senza specificare quale sia la natura della successione, se testamentaria ovvero legittima, importa, secondo l’ordinanza in commento, un’accettazione tacita dell’eredità.

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Il caso di specie

Nella fattispecie scrutinata dalla Suprema Corte, l’atto di riassunzione del giudizio del coniuge ed erede, avanti la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado (C.G.T. – dapprima Commissione Tributaria Regionale – C.T.R.), per via del rinvio a seguito dell’annullamento parziale della sentenza alla stessa citata corte in diversa composizione, importa un’accettazione tacita dell’eredità.

Precisamente, il de cuius impugnava una cartella esattoriale dell’Agenzia delle Entrate Sicilia, con cui gli era contestato l’omesso pagamento di vari tributi, che era accolto dal Giudice Tributario di Primo grado. In seguito, l’ente fiscale impugnava la decisione di secondo grado, che veniva, però, confermata dal Giudice Tributario di Secondo grado.

L’ente fiscale ricorreva avverso la decisione del giudice da ultimo citato, presso la Suprema Corte, la quale annullava l’impugnata sentenza rimettendo le parti avanti la C.T.R. in diversa composizione.

La moglie, in qualità di erede e coniuge dell’originario de cuius, riassumeva, con ricorso, ai sensi dell’art. 63 del D.Lgs.n.546/1992, il processo davanti alla C.T.R. (ora C.G.T. di Secondo Grado), la quale respingeva, nuovamente, l’appello dell’ente pubblico il quale, poi, impugnava l’esitata sentenza presso il Supremo organo.

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Perché la riassunzione integra accettazione tacita

Per la Cassazione, l’atto di riassunzione in giudizio, compiuto dal coniuge ed erede del de cuius, a prescindere dal tipo di successione aperta, assume il valore di un’accettazione tacita dell’eredità.

Difatti, in tal direzione, la Suprema Corte, con la recente sentenza del 19 novembre 2025, n. 30466, precisa che:

“… per consolidato indirizzo di legittimità, qualora, a seguito della morte della parte, il processo venga riassunto da un soggetto che si dichiari erede del de cuius, in qualità di figlio o ex coniuge del medesimo, pur senza specificare il tipo di successione, nè indicare come abbia acquistato la qualità spesa in giudizio, l’atto di riassunzione, provenendo da un soggetto certamente chiamato dall’eredità, integra accettazione tacita della stessa ed è, pertanto, idoneo a far considerare dimostrata la legittimazione del riassumente…” (Cass. Civ., Sez. V, Sent. n. 30466 del 19 novembre 2025).

Riassunzione nel processo civile e nel processo tributario

Giova precisare che, nel caso esaminato dalla Suprema Corte, si trattava di un rinvio al giudice tributario di secondo grado, in diversa composizione, sicché la riassunzione, per effetto dell’art. 63 del D.Lgs.n.546/1992, viene fatta con la forma del ricorso, entro il termine perentorio di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, pena l’estinzione del processo.

Quando il rinvio è disposto dalla Suprema Corte, avanti il giudice ordinario, in diversa composizione, la riassunzione, ai sensi dell’art. 392, c.p.c., è fatta con atto di citazione, entro tre mesi dalla pubblicazione della sentenza.

La riassunzione del giudizio da parte di chi può validamente qualificarsi chiamato all’eredità, comporta, alla luce della pronuncia in parola, l’accettazione tacita dell’eredità, e, pertanto, l’assunzione della qualità di erede.

La successione nel patrimonio del de cuius avviene in via universale, con la conseguenza che il chiamato all’eredità succede anche nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi e, tra questi ultimi, anche le situazioni processuali ai sensi dell’art. 110 c.p.c.

Pertanto, con l’atto processuale di riassunzione del giudizio compiuto dal chiamato all’eredità, a seguito del rinvio operato dal Giudice dei Diritti, si subentra nella posizione processuale del de cuius, sicché nell’oggetto della controversia sottesa al processo.

Tutto ciò risponde, del resto, alla regola generale in tema di accettazione tacita dell’eredità ex art. 476, c.c., per cui l’atto è compiuto soltanto da chi invoca, implicitamente, la qualità di erede.

La prosecuzione del giudizio in caso di interruzione del processo ordinario di cognizione

Eppur, tuttavia, il principio di diritto in esame, trova un’applicazione generale, laddove avvenga un evento interruttivo del processo ordinario.

Difatti, qualora avvenga il decesso di una delle parti durante il processo, questo, ex artt. 299, 301, c.p.c, si interrompe.

Cionondimeno, il processo può essere proseguito dall’erede del de cuius, il quale ha l’onere di costituirsi, ex artt. 302, 166, c.p.c., in giudizio, salvo la riassunzione operata dall’altra parte, ex art. 303, c.p.c., nel termine perentorio di tre mesi dall’evento interruttivo, pena l’estinzione del processo ex art. 305 c.p.c.

Ebbene, anche l’atto di prosecuzione del processo, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia, comporta un’accettazione tacita dell’eredità.

Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità aveva già precisato che:

“…In caso di decesso della parte costituita in giudizio, la costituzione volontaria, per la prosecuzione dello stesso, da parte del coniuge o del figlio anche in assenza di spendita della qualità di erede può costituire, in relazione all’oggetto del giudizio e alle altre circostanze processuali, accettazione tacita dell’eredità ai sensi degli artt. 474 e 476 c.c., rilevante ai fini della prosecuzione del giudizio ex art 299 c.p.c. …” (Cass. Civ., Sez. II, Ord. n. 18294 del 4 luglio 2024).

Conclusioni

Sulla base della giurisprudenza sin qui scrutinata, possiamo trarre la seguente conclusione.

La casistica giurisprudenziale, alimentata dalla giurisprudenza di legittimità, in merito alla qualificazione delle condotte del chiamato all’eredità, che ben possono essere ricondotte nell’alveo dell’accettazione tacita dell’eredità, si amplia sotto l’impulso delle relative pronunce.

Con l’Ordinanza in esame, abbiamo appreso che anche la riassunzione del giudizio, nella fase rescissoria, se compiuta dal chiamato all’eredità, importa un’accettazione tacita della medesima.

Parimenti, il principio di diritto che emerge dalle pronunce fin qui rassegnate opera in via generale con riguardo anche alla prosecuzione del giudizio ordinario, interrotto dal decesso del de cuius, con il conseguente onere del successore di questi di proseguirlo, pena l’estinzione del relativo processo.

Anche l’atto di costituzione del chiamato all’eredità, quale successore del de cuius, ai sensi dell’art. 302, c.p.c., assume l’efficacia, secondo la richiamata giurisprudenza di legittimità, di un’accettazione tacita dell’eredità.

Avvocato in Roma. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università “La Sapienza” di Roma, con tesi in Diritto amministrativo su “Interesse legittimo e responsabilità aquiliana secondo la Direttiva CEE n. 665/1989” (rel. Prof. Franco Ledda). Collabora come redattore con le riviste giuridiche Giuricivile.it, Diritto.it e CondominioZeroProblemi. Autore del volume "Il contratto di concessione", con contributi sui temi della giurisdizione e della competenza nelle comunicazioni. Svolge attività di volontariato come avvocato presso l’O.D.V. “Avvocato di Strada” – sportello di Roma, offrendo ascolto e consulenza legale a persone senza fissa dimora.

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