La revocazione della donazione per ingratitudine derivante da ingiuria

in Giuricivile, 2018, 10 (ISSN 2532-201X), nota a Cass., sez. II civ., sent. n. 24695 del 10/10/2018

La Suprema Corte, con pronuncia n. 24695 del 10.10.2018 della II Sezione Civile si è espressa sulla materia della revocazione della donazione e, nello specifico, sui requisiti richiesti ex lege affinché l’ingiuria grave di cui all’art. 801 c.c possa, concretamente, assurgere a causa di revocazione.

Tuttavia, prima di procedere con la disamina della pronuncia di cui in epigrafe occorrerà, a tal punto, effettuare alcune brevi considerazioni in ordine all’istituto della donazione con specifico ed espresso riferimento alle peculiari ipotesi di revoca della stessa.

La revocazione della donazione

La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.

Una volta conclusa, essa è di norma irrevocabile ad opera di una delle parti.

Gli elementi essenziali della donazione sono due: lo spirito di liberalità e l’arricchimento del donatario.

Trattasi, inoltre, di un atto soggetto a revocazione per alcune cause tassative di natura etico-sociale.

In particolare, la donazione può essere revocata per ingratitudine del donatario, ossia quando il donatario abbia commesso atti particolarmente gravi nei confronti del donante o del suo patrimonio, o per sopravvenienza dei figli, cioè qualora il donante abbia figli o discendenti ovvero scopra di averne successivamente alla donazione.

Il caso in esame

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte ha ribadito alcuni interessanti principi in tema di revoca della donazione per ingratitudine derivante da ingiuria nei confronti del donante.

La vicenda sottesa alla sentenza in esame ha ad oggetto la richiesta di revocazione della donazione indiretta –avente ad oggetto un appartamento- effettuata dal donante, per ingratitudine della donataria.

Esponeva, infatti, Tizio di aver acquistato l’immobile nel 2003, poco prima del matrimonio, pagando interamente il prezzo ed intestandolo a Caia.

Quest’ultima, nel 2004, aveva intrattenuto una relazione sentimentale extraconiugale adottando, a detta dell’attore, comportamenti ingiuriosi tali da giustificare la revoca della suddetta donazione.

Tanto in primo grado quanto in appello i giudici di merito rigettavano le richieste attoree, affermando che le condotte che, a detta dell’attore, avrebbero giustificato la revoca per ingratitudine della summenzionata donazione, in alcun modo, avrebbero potuto caratterizzarsi da quel grado di offensività tale da integrare la fattispecie di cui all’art. 801 c.c.

Tizio proponeva, pertanto, ricorso in Cassazione che, tuttavia, veniva rigettato.

Con l’unico motivo di gravame il ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 801 c.p.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’erronea decisione della Corte che, a suo dire, non avrebbe ravvisato l’ingiuria grave in una serie di comportamenti tenuti dalla ex compagna, consistiti in due relazioni extraconiugali, nelle sue affermazioni in pubblico di “tenere in mano” il marito ed in una serie di episodi emersi nelle prove testimoniali acquisite nel giudizio di separazioni e confermati dai relativi testimoni.

Riteneva il ricorrente che si trattasse non già di un solo comportamento ma di una pluralità di episodi in cui Caia avrebbe manifestato, anche pubblicamente, disistima, avversione ed irriconoscenza verso il donatario, offendendone la dignità.

Sia il Giudice di primo grado che di secondo, peraltro, avrebbero errato nel non ravvisare l’ingiuria grave nella successiva relazione adulterina intrapresa da Caia con Sempronio, accompagnata da grande risonanza mediatica e dall’inevitabile pregiudizio all’onore di Tizio, che ancora coabitava con la moglie nonostante la separazione di fatto.

I requisiti dell’ingiuria idonea alla revocazione della donazione

Chiarita la vicenda nei suoi termini fattuali, è opportuno tenere presente i requisiti dell’ingiuria idonea a condurre alla revocazione per ingratitudine.

Infatti, la valutazione circa l’idoneità dei comportamenti del donatario a porre in essere gli estremi dell’ingratitudine – ex art. 801 c.c. -, costituisce apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità.

La sentenza in rassegna afferma che l’ingiuria grave richiesta quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutando dal diritto penale il suo significato intrinseco e l’individuazione del bene leso, si distacca dalle previsioni degli artt. 594 e 595 c.p. e deve necessariamente consistere in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed, altresì, espressivo di un reale risentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva.

L’ingiuria, pertanto, dovrà essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosità verso il donante.

Il comportamento del donante andrà, quindi, valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella potenzialità offensiva del patrimonio morale del donante, perché espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l’atteggiamento del donatario.

Trattasi, evidentemente, di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine è segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale.

Affinché la relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisca ingiuria grave dovrà, quindi, seguire un profondo atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante.

Nel caso di specie siffatti requisiti sono stati ritenuti insussistenti.

Ciò poiché la successiva relazione extraconiugale intrapresa da Caia non solo sarebbe iniziata nel periodo in cui i coniugi erano separati di fatto, ma perché aveva avuto una risonanza mediatica a causa della notorietà del nuovo compagno.

Tanto bastava ad escludere che l’infedeltà della donataria nascesse da un sentimento di avversione e di disprezzo nei confronti di Tizio, tanto da ripugnare la coscienza comune.

L’unica rilevanza concretamente desumibile dal comportamento della ricorrente potrebbe rinvenirsi, come d’altronde già evidenziato dalla Corte,  ai fini dell’accertamento dell’addebito della separazione.

Alcuna pertinenza, tuttavia, poteva rinvenirsi con riferimento all’incidenza sull’onore ed il decoro di Tizio.

Né parimenti può assurgere a costituire avversione l’espressione utilizzata da Caia di “tenere in mano” il proprio marito.

Conclusioni

In conclusione, quindi, affinché l’ingiuria possa qualificarsi quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, sarà necessaria la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, il quale dovrà dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e soprattutto mancare di rispetto alla dignità dello stesso.

L’ingiuria, pertanto, dovrà essere necessariamente espressione di una radicata e profonda avversione o di perversa animosità verso il donante.

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