Con tale termine si suole infatti usualmente denominare un’operazione che consente ad una società di incrementare o assumere il controllo di una compagine societaria facendo ricorso a finanziamenti garantiti dal patrimonio o dal flusso di cassa della società acquisita. Ciò che caratterizza questo genere di operazioni è, quindi, l’esborso, da parte della società acquirente, di un minimo capitale proprio ( capitale di rischio) e il ricorso ampio a finanziamenti.
Le operazioni di “Buy Out”
Il primo capitolo approfondisce le caratteristiche generali dell’istituto. Dopo un’ampia discussione sulla nascita, sviluppo e diffusione di tale tecnica finanziaria si procede ad una illustrazione delle varie fasi in cui si articola la fattispecie:
- a) individuazione della società target;
- b) costituzione da parte dei promotori dell’operazione, della società X ( Newco) attraverso la quale verrà effettuata l’operazione di LBO;
- c) richiesta di prestiti garantiti o non, dalla società X alla società Z (banca o società finanziaria);
- d) acquisto del patrimonio o delle azioni della società bersaglio attraverso OPA – nel caso di azioni quotate- o contrattazione diretta con i soci della società target;
- e) fusione tra Newco e società target.
Vengono, poi, prese in considerazione le diverse fattispecie di LBO, in modo particolare, studiando le possibili varianti in relazione:
- a) alla qualifica e al ruolo dei soggetti acquirenti;
- b) all’impiego della leva finanziaria, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo;
- c) all’oggetto dell’acquisizione;
- d) alle finalità perseguite.
Fermo restando che, questo elaborato, ha come obiettivo quello di esaminare in dettaglio la fattispecie di LBO meglio conosciuta come merger leveraged buy out.
L’acquisizione con indebitamento nell’ordinamento italiano
Il secondo capitolo offre una panoramica in merito alle criticità dell’istituto.
A tal fine vengono esposte le posizioni di alcuni autori – in modo particolare distinguendo tra chi sostiene la liceità dell’istituto in esame (tesi formalistica) e chi, invece si schiera contro la liceità del merger leveraged buy out ( tesi sostanzialista) – e le sentenze della giurisprudenza di merito e di legittimità in riferimento alla liceità dell’istituto, sulla quale si è a lungo questionato, fondamentalmente per la presunta incompatibilità tra tale tecnica finanziaria e gli art 2357 e 2358 c.c., che disciplinano rispettivamente l’acquisto di azioni proprie e le operazioni di assistenza finanziaria (vietate in modo assoluto fino alla modifica apportata dal D. lgs. 142/2008).
La riforma del diritto societario e la fusione a seguito di acquisizione con indebitamento
Il terzo capitolo si occupa, invece, delle decisioni assunte dal legislatore in merito alla riforma del diritto societario ( l. n. 366/2001, attuata tramite il d.lgs. n. 6/2003) e, in modo particolare, dell’art 7, lettera d) della legge delega che ha introdotto nell’ordinamento italiano l’art 2501 bis, rubricato “fusione a seguito di acquisizione con indebitamento” legittimando, quindi, tali tipi di operazione e dirimendo,in tal modo, i dubbi interpretativi sorti nel passato chiarendo che la fusione, nell’ambito di un LBO non integra mai assistenza finanziaria.
Prima di procedere ad un’illustrazione dettagliata della disciplina prevista dall’art 2501 bis, è sorta la necessità di accennare brevemente al contenuto della legge delega e alle diverse critiche affrontate soprattutto in relazione alla presunta violazione della seconda direttiva CEE ( Direttiva 77/91/CEE, come modificata dalla Direttiva 2006/68/CE).
Giunti alla conclusione per cui l’art 2501 bis non viola l’art 23 della seconda Direttiva ( come modificato dall’art 1, par. 6 della Direttiva del 2006) e non si pone in contrasto con l’art 2358 c.c., il secondo paragrafo illustra la fattispecie della fusione a seguito di acquisizione con indebitamento con la precisazione che la disciplina ivi prevista integra, e quindi non esclude, le disposizioni previste dal codice per le fusioni “ semplici”.
Ai fini dell’applicabilità della norma devono sussistere cumulativamente:
- a) indebitamento della società controllante;
- b) acquisto del controllo;
- c) fusione tra società acquirente e società bersaglio;
- d) garanzia generica o fonte di rimborso assolta dal patrimonio della società acquisita.
Il successivo passo è quello di prendere in rassegna la “procedura rafforzata” che il legislatore ha posto onde evitare un indiscriminato uso della fusione di cui all’art 2501 bis, utilizzata per interessi non meritevoli di tutela sul piano giuridico.
La questione tocca soprattutto i commi da 2 a 5 dell’art 2501 bis in cui si stabilisce, rispettivamente
- che “il progetto di fusione di cui all’art 2501 ter deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione”; che “la relazione di cui all’art 2501 quinquies deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione delle risorse finanziarie e degli obiettivi che si intendono raggiungere”;
- che “la relazione degli esperti di cui all’art 2501 sexies attesta la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione (…)“;
- e che, infine, “al progetto deve essere allegata una relazione della società di revisione incaricata della revisione contabile obbligatoria della società obiettivo o della società acquirente”.
Dal comma 2 all’ultima comma dell’art 2501 bis, vengono, quindi, elencate, le condizioni cui la fusione deve sottostare per non essere dichiarata invalida, con la dovuta precisazione che tali commi vanno letti sia come oneri procedimentali che come strumenti necessari per la tutela dei soggetti “deboli” ( creditori e soci delle società partecipanti alla fusione).
La tutela dei soci e dei creditori
L’ultimo capitolo, infine, si occupa della possibile violazione della disciplina di cui all’art 2501 bis (con conseguente rassegna delle ipotesi in cui vi sia responsabilità della società, degli amministratori e degli altri soggetti coinvolti nelle operazioni di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento) e dei rimedi previsti dal sistema per tutelare i soggetti lesi dall’operazione in questione.
Trattasi di rimedi di natura reale quali l’impugnazione della delibera assembleare di fusione – secondo la disciplina generale prevista dall’art 2377 c.c. – e l’opposizione dei creditori – di cui agli art 2503 e 2503 bis – esercitati nel momento intercorrente tra la deliberazione di fusione e l’ultima iscrizione dell’atto di fusione, come indicata dall’art 2504 quater comma 1° c.c., nel rispetto degli obblighi pubblicitari previsti dall’art 2504 quater, comma 2° c.c., o di rimedi incentrati meramente sul risarcimento del danno.