Con la sentenza n. 11736 del 15 maggio 2018, La Suprema Corte, confermando quanto già asserito dalla giurisprudenza di merito, si è di recente pronunciata sulla validità della fattura quale elemento probatorio in caso di rapporto contrattuale non contestato.
Il caso in esame
Nel processo di primo grado, svoltosi dinnanzi al Tribunale di Milano, una società aveva citato in giudizio altra società (successivamente dichiarata in liquidazione) con cui aveva stipulato un contratto di fornitura per un sistema operativo informatico, lamentando l’improvvisa interruzione dei lavori da parte di questa, ed invocando la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno.
D’altra parte, nelle proprie difese l’azienda convenuta eccepiva di aver rispettato i termini previsti, e, dopo esser stata ammessa alla procedura di concordato preventivo, sottolineava di aver avvertito debitamente la società attrice, trasferendo il contratto ad una società terza. Chiedeva poi la convenuta, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’inadempimento contrattuale dell’attrice con contestuale condanna al pagamento dei danni.
Il Tribunale di Milano aveva deciso per l’integrale rigetto della domanda attorea, accogliendo invece la riconvenzionale. Avverso tale sentenza aveva proposto appello la società attrice, sperando in un ribaltamento della decisione di primo grado. Il verdetto della Corte d’Appello, però, confermava in pieno quanto statuito in primo grado. In luce di ciò, la stessa proponeva ricorso in Cassazione.
La decisione della Corte e la valenza probatoria delle fatture
La Suprema Corte ha avuto l’occasione di pronunciarsi su quello che forse è l’elemento di maggiore interesse della decisione, ossia la fondatezza del credito riportato sulle fatture contestate in sede giudiziale dalla ricorrente.
La società ricorrente aveva sostenuto che la domanda riconvenzionale si fondasse su un credito basato su fatture che non erano mai state accettate, e che, quindi, non avessero valore probatorio e non fossero idonee a fondare la domanda risarcitoria, essendo quello tra le parti un rapporto contestato. Tale motivo, al pari dei precedenti, è stato ritenuto infondato.
A tal proposito la Corte di Cassazione ha specificato come nel precedente grado di giudizio la Corte d’Appello avesse espressamente affermato che il rapporto contrattuale tra le due parti contraenti non fosse in alcun modo contestato, contrariamente a quanto asserito dall’appellante, dal momento che era stata proprio quest’ultima ad aver dedotto in giudizio la prova dell’esistenza del rapporto commerciale di fornitura stipulato con la controparte.
La fattura commerciale, quindi, è inquadrabile tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, possedendo sì da un lato carattere unilaterale, ma consistendo di fatto nella dichiarazione che una parte contrattuale fa all’altra relativamente ai fatti concernenti un rapporto già costituito.
Qualora il rapporto contrattuale non sia controverso la fattura può costituire valido elemento di prova (e non un mero indizio) per quanto riguarda la prestazione eseguita, in particolare nell’eventualità in cui il debitore abbia accettato senza opporre contestazioni le fatture stesse nel corso dell’esecuzione del rapporto.
In virtù di quando detto, La Cassazione sottolinea come la società ricorrente abbia errato sia nel sostenere che il rapporto contrattuale fosse oggetto di contestazione tra le parti, sia che le fatture non fossero state accettate dalla stessa. Risulterebbe pertanto priva di fondamento l’eccezione sollevata dalla società ricorrente secondo cui il credito basato sulle fatture non poteva fondare una pretesa in ordine alla certezza, liquidità ed esigibilità del credito vantato.
In conclusione, la Suprema Corte ha deciso per l’integrale rigetto del ricorso.
Considerazioni conclusive e contrasti nella giurisprudenza di merito
Occorre citare in merito alla valenza probatoria della fattura una giurisprudenza contraria della stessa Corte, seppur riferita al contesto degli appalti pubblici, con cui si era affermato che la fattura commerciale non potesse fondare in alcun modo la prova del rapporto cui si riferisce[2].
A livello di giurisprudenza di merito, invece, non mancano sentenze dello stesso avviso di quella qui presa in esame[3], anche se era ancora assente una presa di posizione così netta sul punto.
Elemento centrale, più volte ribadito dalla Corte quale condizione necessaria affinché la fattura possa assumere valenza di piena prova, rimane il fatto che il rapporto contrattuale non sia messo in discussione, poiché in caso contrario la valenza probatoria della fattura a priori sarebbe senz’altro da ritenersi esclusa.
[1] Disposizione relativa al mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti, che possono sospendere l’esecuzione della prestazione dovuta loro nel caso in cui le condizioni patrimoniali dell’altra parte siano divenute tali da porre in pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che vi sia stata prestazione di idonea garanzia.
[2] Cassazione civile, sez. I, 13/10/2016 n. 20690
[3] Tra le più recenti Tribunale Parma, 17/10/2017 n. 1436, nella quale si era affermato che la fattura è idonea prova del credito per l’emissione di un decreto ingiuntivo ma non nel giudizio di merito né in quello di opposizione al decreto ingiuntivo.