
La convenzione urbanistica costituisce uno degli strumenti più emblematici della cosiddetta “amministrazione consensuale”, ossia quella dimensione dell’azione pubblica che sostituisce o integra l’esercizio autoritativo con il ricorso a moduli negoziali, in ossequio all’art. 11 della legge n. 241/1990.
In tale prospettiva, la convenzione urbanistica va intesa non solo come un accordo di tipo procedimentale, ma come un vero e proprio accordo sostitutivo del provvedimento, attraverso il quale si stabiliscono obblighi reciproci tra l’amministrazione comunale e il soggetto attuatore (tipicamente un privato), con effetti che si proiettano direttamente sull’assetto urbanistico del territorio.
L’interesse per questa figura si è andato intensificando negli ultimi decenni, man mano che la programmazione territoriale ha privilegiato la concertazione piuttosto che l’imposizione unilaterale. Tuttavia, il ricorso a tale strumento ha posto e continua a porre rilevanti questioni giuridiche, soprattutto laddove si discute della natura degli obblighi assunti, delle conseguenze dell’inadempimento e della giurisdizione competente a risolvere le controversie insorte.
Natura giuridica e ambito di applicazione
La convenzione urbanistica, nel quadro dell’art. 11 della legge n. 241/1990, deve essere qualificata come accordo sostitutivo del provvedimento. Questo implica che, pur mantenendo la struttura negoziale del contratto, essa svolge una funzione pubblicistica ben precisa: regolare in modo condiviso l’attuazione degli strumenti urbanistici. La sua sottoscrizione, infatti, può costituire presupposto necessario per il rilascio del permesso di costruire (si pensi al permesso di costruire convenzionato ai sensi dell’art. 28-bis del D.P.R. n. 380/2001).
Sul piano sostanziale, si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive: il privato si impegna a realizzare opere di urbanizzazione (primarie e/o secondarie), spesso a titolo gratuito, e a cederle al Comune; l’ente pubblico, dal canto suo, garantisce il riconoscimento di una certa edificabilità o l’approvazione di un piano attuativo.
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Il Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267)
Il presente volume – strumento snello e di facile consultazione – raccoglie le norme imprescindibili per chi opera nel mondo degli Enti Locali.
L’opera, che si apre con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e la Costituzione Italiana, contiene il Testo Unico degli Enti Locali, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, aggiornato ed annotato con tutte le modifiche ad oggi intervenute e le principali disposizioni che, nel tempo, hanno completato il quadro normativo: la legge Delrio n. 56 del 2014, i decreti n. 235 del 2012 (incandidabilità) e n. 39 del 2013 (inconferibilità e incompatibilità), il D.Lgs. n. 175 del 2016 (TUSP) e il D.Lgs. n. 201 del 2022 (riordino disciplina servizi pubblici locali di rilevanza economica).
Il libro è completato da un dettagliato indice analitico. Gli amministratori locali, i segretari comunali, i dirigenti e gli operatori che quotidianamente si trovano a dover consultare le principali disposizioni di riferimento lo troveranno indispensabile e di rapido utilizzo. È inoltre consigliato a tutti coloro che devono affrontare un concorso pubblico.
Riccardo Carpino
Consigliere di Stato. In qualità di Prefetto ha svolto l’incarico di Capo Ufficio legislativo del Ministero dell’Interno. È stato Direttore dell’Agenzia del Demanio, Commissario straordinario per le opere del G7 di Taormina, Commissario straordinario della Provincia di Roma, Direttore della Conferenza Stato-Regioni, della Conferenza Stato-Città e della Conferenza Unificata, Capo di Gabinetto del Ministro per gli Affari regionali e Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso. È autore di numerose pubblicazioni in materia di Enti locali.
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Riccardo Carpino, 2024, Maggioli Editore
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Riccardo Carpino
Consigliere di Stato. In qualità di Prefetto ha svolto l’incarico di Capo Ufficio legislativo del Ministero dell’Interno. È stato Direttore dell’Agenzia del Demanio, Commissario straordinario per le opere del G7 di Taormina, Commissario straordinario della Provincia di Roma, Direttore della Conferenza Stato-Regioni, della Conferenza Stato-Città e della Conferenza Unificata, Capo di Gabinetto del Ministro per gli Affari regionali e Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso. È autore di numerose pubblicazioni in materia di Enti locali.
Giurisdizione e tutela giudiziaria
Uno degli aspetti più dibattuti in giurisprudenza è quello relativo alla giurisdizione competente a conoscere delle controversie inerenti alla convenzione urbanistica. Sul punto, la giurisprudenza amministrativa si è ormai stabilizzata nel riconoscere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ex art. 133, comma 1, lett. a, n. 2, del c.p.a.), sia nella fase di formazione che in quella di esecuzione dell’accordo, in quanto l’oggetto del contendere resta comunque inserito in un contesto pubblicistico, e ha ad oggetto l’esercizio, anche consensuale, del potere amministrativo.
Tuttavia, i profili patrimoniali e obbligatori nascenti dalla convenzione sono regolati, per quanto compatibili, dai principi del diritto civile. Ciò comporta che, in caso di inadempimento, si applicano i canoni dettati dagli artt. 1218 e ss. c.c., incluso l’art. 1460 c.c. sull’eccezione di inadempimento. In questi casi, l’attore (sia esso privato o amministrazione) deve provare l’esistenza dell’obbligazione e la sua scadenza, gravando sulla controparte l’onere di dimostrare l’adempimento o un valido impedimento.
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La rilevanza del collaudo e la traslazione della proprietà
Uno degli elementi centrali delle convenzioni urbanistiche è rappresentato dal collaudo delle opere di urbanizzazione, che funge da condizione sospensiva per l’acquisizione delle stesse al patrimonio pubblico. In assenza di collaudo – o in presenza di un collaudo negativo – il Comune non è tenuto (né può) accettare il trasferimento della proprietà delle opere, in quanto verrebbe meno la garanzia di conformità dell’infrastruttura realizzata.
Questa impostazione è stata avallata dalla giurisprudenza anche in relazione alla richiesta di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c. formulata nei confronti della pubblica amministrazione. Tale azione è ritenuta ammissibile anche in ambito pubblicistico, ma presuppone che l’obbligazione sia determinata e che siano soddisfatte tutte le condizioni poste dalla convenzione (tra cui, appunto, il collaudo).
L’ordinanza contingibile e urgente e il ruolo del potere extra ordinem
La sez. IV del Consiglio di Stato, con la sentenza 23 maggio 2025, n. 4511, ha analizzato il caso relativo al crollo di un muro di contenimento inserito in una convenzione urbanistica: il Comune aveva adottato un’ordinanza sindacale contingibile e urgente per imporre al privato l’immediata messa in sicurezza del manufatto. Questo tipo di ordinanza – previsto dagli artt. 50 e 54 del D.lgs. 267/2000 – rappresenta uno strumento eccezionale, attivabile quando ricorrono ragioni di urgenza improcrastinabile legate alla salute o alla sicurezza pubblica.
Il Consiglio di Stato ha chiarito che la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento non vizia l’ordinanza se il pericolo è attuale e concreto, anche se noto da tempo, poiché il potere esercitato ha natura extra ordinem. La legittimità dell’atto si fonda non tanto sulla tempestività della sua adozione rispetto alla conoscenza del rischio, quanto sulla sua idoneità a fronteggiare una situazione di pericolo grave e imminente.
Proroga, decadenza e ultrattività delle convenzioni urbanistiche
La durata tipica delle convenzioni urbanistiche è di dieci anni, ma tale termine può essere prorogato in virtù di disposizioni normative speciali (come avvenuto con il D.L. 76/2020 e la Legge 11/2024). Tuttavia, lo spirare del termine non estingue automaticamente gli obblighi derivanti dalla convenzione, specie se riferiti a opere non completate o non collaudate.
La giurisprudenza ha più volte affermato un principio di ultrattività delle obbligazioni convenzionali relative alle opere di urbanizzazione: il Comune può continuare a esigerne l’esecuzione o il completamento, anche dopo la scadenza del termine formale di validità della convenzione.
Le implicazioni della mancata acquisizione delle opere
Il mancato adempimento dell’obbligo di cessione non consente di ritenere comunque perfezionato il trasferimento per effetto della semplice esecuzione delle opere, neppure sotto forma di datio in solutum.
Il passaggio di proprietà richiede il concorso di più elementi: realizzazione dell’opera secondo progetto approvato, collaudo positivo, volontà di trasferire e accettazione da parte del Comune. In mancanza di tali condizioni, le opere restano nella titolarità del privato, che ne conserva anche la responsabilità giuridica, civile e amministrativa.
Conclusioni
L’analisi effettuata offre spunti rilevanti per riflettere sul corretto utilizzo delle convenzioni urbanistiche come strumenti di pianificazione partecipata. In particolare, emerge l’importanza di:
- garantire un collaudo rigoroso e imparziale delle opere;
- vigilare costantemente sull’adempimento delle obbligazioni da parte del privato;
- evitare che la mancata acquisizione delle opere gravi sulla collettività;
- prevedere clausole di salvaguardia nella convenzione per far fronte a inadempimenti o eventi imprevisti.
Sotto il profilo sistemico, occorrerebbe promuovere un modello standard di convenzione urbanistica a livello nazionale, che riduca le ambiguità interpretative e migliori la qualità giuridica degli atti, con l’obiettivo di una maggiore tutela dell’interesse pubblico e di una più equa distribuzione dei rischi tra le parti.