IVA di gruppo: applicabile anche quando la controllante è una società di persone

Il regime dell’IVA di gruppo ex art. 73, comma 3, d.P.R. 633/1972 è applicabile anche quando la società controllante è una società di persone. È questa la conclusione cui sono giunte le Sezioni unite civili della Corte di cassazione con la sentenza n. 1915 del 2 febbraio 2016.

La questione di diritto nasceva dal fatto che, mentre la normativa primaria e secondaria (l’art. 73, comma 3, d.P.R. 633/1972 e il d.m. 13 dicembre 1979, n. 11065) fanno generico riferimento a “ente o società controllante” senza escludere espressamente le società di persone dall’ambito applicativo dell’istituto, la circolare ministeriale 28 febbraio 1986, n. 16/360711 (cui hanno fatto seguito le risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate nn. 347/E del 2002 e 22/E del 2005) nega che il regime dell’IVA di gruppo possa trovare applicazione quando la società controllante sia una società di persone.

La motivazione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si fonda innanzitutto su ragioni di ordine testuale delle norme succitate.

In particolare, è stato osservato che le succitate norme, nell’individuazione dell’ambito applicativo del regime de quo, non contemplano alcuna espressa esclusione delle società di persone nel novero dei soggetti controllanti, “giacché egualmente qualificano la relativa categoria con la non discriminante locuzione ‘ente o società controllante’”. Né tale esclusione può essere in alcun modo desunta implicitamente – come propone la circolare ministeriale del 1986 – dal fatto che, poichè tale regime è limitato alle sole società controllate che siano società di capitali e che queste ultime possono essere a loro volta società controllanti di altre società, l’art. 2 del d.m. 13/12/1979 si dovrebbe “chiaramente intendere” che sia le società controllate sia la società controllante debbano necessariamente assumere la veste di società di capitali. Secondo le SS.UU., infatti, “tra premessa e conseguenza che se ne trae manca qualsiasi rapporto di interdipendenza logica”.

A conclusione diverse non si giunge nemmeno sulla base del fatto che il d.m. 13/12/1979 esclude espressamente dal regime dell’IVA di gruppo le società controllate che non presentino natura di società di persone. Ciò in quanto, in primo luogo, in base al criterio della gerarchia tra le fonti, la norma secondaria non può mai prevalere sul dato legislativo (e sull’interpretazione che se ne ricava) di rango superiore. Dall’altro lato, in base allo stesso art. 73 del d.P.R. 633/1972, la norma secondaria può solo stabilire le modalità con cui porre in essere dichiarazioni e versamenti, ma non restringere o alterare l’ambito applicativo dell’istituto.

L’esclusione delle società di persone dal novero delle società controllanti ammesse al regime dell’IVA di gruppo non può essere, poi, giustificato per ragioni di coerenza con la disciplina del consolidato fiscale nazionale previsto per le imposte dirette, che appunto esige che la società controllante abbia natura di società di capitali: secondo le SS. UU., infatti, il regime della tassazione di gruppo ai fini delle imposte dirette non può essere comparata a quello della liquidazione dell’IVA di gruppo, trattandosi di due tributi diversi, come differente è la stessa nozione di controllo cui fanno riferimento le relative discipline.

Concludono, quindi, le Sezioni Unite per la piena applicabilità dell’IVA di gruppo anche nell’ipotesi in cui la società controllante sia una società di persone, comportando la loro esclusione un’ingiustificata disparità di trattamento, una discriminazione tra soggetti che operano egualmente nel medesimo mercato, senza che sia ravvisabile un contrapposto interesse pubblico da tutelare.

Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, SS. UU. civili, sentenza n. 1915 del 2 febbraio 2016

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