Ipoteca esattoriale di Equitalia: non è revocabile in sede fallimentare ex art. 67 L. Fall.

Con la sentenza n. 6697 dell’8 aprile 2015, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito qual è la natura giuridica dell’ipoteca esattoriale e, in particolare, se essa possa essere legittimamente revocabile ai sensi dell’art. 67 Legge Fallimentare.

In primo luogo, si ricorda che, l’ipoteca esattoriale, disciplinata dall’art. 77 del d.P.R. 602/73, è una misura cautelare adottabile dall’Agente della riscossione a seguito del mancato pagamento delle somme intimate con la cartella di pagamento o con l’accertamento “esecutivo”. Nello specifico, si rileva che essa può essere adottata solo per debiti complessivamente superiori alla soglia di € 20.000 e che, prima di procedere con l’ipoteca, al debitore deve essere notificata una comunicazione preventiva che annunci l’intenzione di Equitalia di avvalersi di tale strumento, qualora le somme non vengano pagate entro i successivi trenta giorni.

Nel caso di specie, Equitalia si era opposta allo stato passivo di un fallimento per ottenere l’ammissione in via ipotecaria del suo credito. Il Tribunale tuttavia rigettava con decreto l’opposizione, ritenendo revocabile ex art. 67, comma 1, n. 4 Legge Fallimentare anche l’ipoteca esattoriale, in via di eccezione. L’Agente di riscossione proponeva pertanto ricorso in Cassazione.

Ebbene la Cassazione ha in primo luogo escluso che l’ipoteca iscritta ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. n. 602/73 sugli immobili del debitore e dei coobbligati al pagamento dell’imposta possa essere qualificata come ipoteca legale: secondo la Corte di legittimità l’iscrizione non ha infatti luogo “automaticamente su specifici beni oggetto di negoziazione al fine di garantire l’adempimento di obbligazioni derivanti da un’operazione di trasferimento della proprietà, ma richiede un’iniziativa del creditore e non presuppone un preesistente atto negoziale“.

La Suprema Corte ha inoltre affermato che tale istituto non è neppure riconducibile all’ipoteca volontaria, atteso che “la sua iscrizione prescinde dal consenso del proprietario del bene gravato“, od a quella giudiziale, “cui la accomuna la subordinazione dell’iscrizione ad un’iniziativa del creditore fondata su un titolo esecutivo precostituito e la finalità di garantire l’adempimento di una generica obbligazione pecuniaria, ma dalla quale si differenzia per la natura del titolo che ne costituisce il fondamento, non rappresentato da un provvedimento giurisdizionale, ma da un atto amministrativo“.

Secondo la Cassazione, si tratta in definitiva “di figura autonoma, non agevolmente inquadrabile in alcuna delle categorie previste dal codice civile”. Conseguentemente essa non rientra “nel disposto dell’art. 67 L. Fall., a norma del quale sono assoggettabili a revocatoria le sole ipoteche volontarie o giudiziali“.

(Corte di Cassazione, Prima sezione civile, n. 6997 dell’8 aprile 2015)

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