Interessi sui conti correnti della società: rimessione alle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione, attraverso un’ordinanza interlocutoria della Prima Sezione Civile, ha esaminato una controversia tra una società e i suoi fideiussori contro una banca, riguardante la restituzione di somme versate a seguito dell’applicazione illegittima di interessi sui conti correnti della società.

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Corte di Cassazione- Sez. I Civ.-ord. int. n. 16477 del 13-06-2024

La questione

Il tribunale di primo grado aveva respinto le richieste dei fideiussori, mentre la Corte d’Appello di Napoli aveva condannato la banca a pagare una somma ingente di denaro al socio unico della società ormai estinta. La Corte ha chiarito che l’estinzione della società non comporta automaticamente la rinuncia alle richieste pendenti in giudizio, salvo che non vi sia un comportamento che dimostri chiaramente la volontà di rinunciare. La banca ha contestato la decisione e ha presentato ricorso per cassazione.

L’ordinanza interlocutoria

La presenza di diverse interpretazioni giurisprudenziali riguardo alla rinuncia tacita dei crediti non inclusi nel bilancio finale di liquidazione ha determinato la rimessione della questione alle Sezioni Unite Civili per una decisione definitiva.

I motivi di ricorso

Nel ricorso presentato alla Corte di Cassazione, la banca ha articolato tre principali motivi contro la sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Il primo motivo ha contestato la mancata considerazione di elementi essenziali per l’ammissibilità della domanda di condanna, come l’estinzione del conto e il pagamento a saldo delle poste contestate.
Il secondo motivo di ricorso ha riguardato la violazione  degli artt. 2496 c.c.e 110 del c.p.c. Il giudice distrettuale si è conformato a un indirizzo giurisprudenziale in contrasto con la soluzione avallata dalle Sezioni Unite con le sentenze n. 6070, 6071 e 6072 del 2013. Secondo queste sentenze, deve essere esclusa la successione dei soci delle società estinte nelle mere pretese, anche se già azionate, e nei crediti incerti o illiquidi.
Il terzo motivo ha criticato la Corte d’Appello per aver adottato la sentenza senza un adeguato approfondimento con l’eliminazione delle spese e gli interessi relativi a rapporti estranei al giudizio senza un contraddittorio.

Le Sezioni Unite del 2013

Il secondo motivo del ricorso principale ha sollevato una questione su cui, nell’ultimo decennio, la Corte Suprema di Cassazione ha visto una divergenza di opinioni. In dettaglio, la questione riguarda la possibilità di considerare la rinuncia tacita dei crediti di una società, non inclusi nel bilancio finale di liquidazione, come effetto automatico della cancellazione della stessa dal registro delle imprese, anche in pendenza di causa.
Le Sezioni Unite hanno stabilito che, all’estinzione della società, i diritti e i beni non inclusi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, ma escludendo le mere pretese e i crediti incerti o illiquidi.
Siffatto orientamento ha dato vita a un’interpretazione giurisprudenziale secondo cui l’estinzione di una società non trasferisce automaticamente le pretese ai soci se queste sono ancora caratterizzata da illiquidità.

Il contrasto giurisprudenziale

In alcuni casi, come stabilito dalla Cassazione civile nel 2016, si presumeva che la società abbia rinunciato tacitamente alla pretesa se il liquidatore non ha agito per determinarla, preferendo concludere il processo estintivo.
Tuttavia, l’assunto non è stato  condiviso da altre sezioni della Corte: ad esempio, la Cassazione nel 2020 ha affermato che l’estinzione della società non comporta automaticamente la rinuncia alla pretesa azionata, a meno che il creditore non manifesti inequivocabilmente la volontà di rimettere il debito.
Infine, una recente sentenza della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha contraddetto l’indirizzo prevalente, affermando che, a seguito della cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, i soci non succedono nei crediti illiquidi e inesigibili non inclusi nel bilancio finale di liquidazione. Tali crediti si presumono tacitamente rinunciati per favorire la rapida conclusione del procedimento estintivo della società, a meno che chi intenda far valere tali pretese non fornisca prove contrarie.
Quest’ultima sentenza ha evidenziato un  contrasto giurisprudenziale, poiché si oppone alla visione delle Sezioni Unite del 2013, che prevedevano una presunzione quasi assoluta di rinuncia dei crediti non inclusi nel bilancio finale.
Alla luce di queste argomentazioni, il caso è stato rimesso alle Sezioni Unite per dirimere il contrasto interpretativo.

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