Tra vicini o condomini, sono frequenti i contenziosi riguardanti immissioni e/o propagazioni nocive provenienti dalla proprietà confinante (ad esempio, rumori eccessivi provenienti da locali, bar o discoteche o di esalazioni emesse da ristoranti o esercizi simili).
Ma cosa accade se a provocare le immissioni rumorose sia l’inquilino conduttore? La responsabilità per i danni causati ai terzi è del locatore o del conduttore stesso?
Qualche giorno fa, la Corte di Cassazione con ordinanza pubblicata il 1 marzo 2018 n. 4908, si è occupata proprio della responsabilità del locatore per i danni da immissioni rumorose causate dall’inquilino a terzi, chiarendo definitivamente la questione.
Il caso in esame
Il caso nasce dalla richiesta di risarcimento dei danni proveniente da alcuni condomini di uno stabile, nei confronti sia del locatore che del conduttore di un locale a piano terra adibito a bar, dal quale provenivano rumori intollerabili per via dell’intrattenimento musicale.
Inoltre, i condomini chiedevano al Tribunale, la cessazione delle immissioni e l’insonorizzazione del locale.
Il Tribunale dichiarava la cessazione della materia del contendere riguardo la richiesta della cessazione delle immissioni, condannando il locatore al pagamento in favore dei condomini attori di una somma a titolo di risarcimento danni e la società conduttrice a rivalere la proprietaria delle somme pagate agli attori.
La Corte d’appello, in sede di gravame accoglieva l’appello parzialmente riducendo la somma precedentemente determinata a titolo di risarcimento danni.
Di conseguenza, la società proprietaria dell’immobile promuoveva ricorso in Cassazione lamentando la violazione dell’art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito).
La decisione della Corte
Richiamando il principio di diritto espresso in un precedente giurisprudenziale in materia [1], la Corte ha in primo luogo affermato che nell’ipotesi di immissioni prodotte dal detentore di un immobile, l’eventuale sussistenza della legittimazione passiva del proprietario di questo, non comporta l’automatica responsabilità per risarcimento danno: è infatti sempre necessaria la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa insieme al nesso di causalità tra la concessione dell’immobile al terzo e i danni subiti dal fondo contiguo.
In applicazione di questo principio, la Suprema Corte affermava che “in materia di immissioni intollerabili, allorché le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi“(Cass., Sez. III, Sentenza n. 11125 del 28/05/2015).
È noto infatti che, ai fini dell’art. 2043 c.c. la colpa civile rilevante può consistere:
- nella violazione di precetti giuridici (legge, regolamenti, contratti) ed in questi casi l’accertamento della colpa esige l’individuazione della regola giuridica che il presunto responsabile avrebbe dovuto rispettare, e che non ha fatto;
- nella violazione di regole di comune prudenza. In questo caso l’accertamento esige che venga stabilito preventivamente la condotta da seguire, in funzione delle circostanze e della qualità soggettiva dell’agente. Ciò vuol dire che dall’uomo comune sarà esigibile la diligenza del bonus pater familias, e dall’imprenditore commerciale quella dell’homo eiusdem generis et condicionis, secondo la regola generale dettata per qualsiasi tipo di obbligazione, ivi comprese quelle da fatto illecito, dall’art. 1176 c.c. (sulla necessità che anche la colpa aquiliana sia valutata in base ai criteri di diligenza dettati dall’art. 1176, primo e secondo comma, c.c., si veda ex multis 3, Sentenza n. 2639 del 10/03/1998);
Per potere affermare dunque la sussistenza di una colpa aquiliana del proprietario dell’immobile, bisogna accertare in punto di fatto se, al momento in cui questa concedeva la locazione del proprio immobile, potesse o non potesse prevedere con l’ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la società conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili.
Pertanto, affermando la sussistenza d’una colpa aquiliana senza avere prima accertato in fatto la sussistenza d’una condotta imprevidente, la Corte d’appello ha falsamente applicato l’art. 2043 c.c.
Il principio di diritto
Alla luce di quanto affermato, la Corte ha dunque espresso il seguente principio di diritto:
“il proprietario d’un immobile concesso in locazione non risponde dei danni provocati dal conduttore in conseguenza di immissioni sonore intollerabili, a meno che non si accerti in concreto che, al momento della stipula del contratto di locazione, il proprietario avrebbe potuto prefigurarsi, impiegando la diligenza di cui all’art. 1176 c.c., che il conduttore avrebbe certamente recato danni a terzi con la propria attività”;
In conclusione, la Corte di Cassazione con l’ordinanza in commento, ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di Appello che dovrà di nuovo esaminare la questione tenendo conto del principio affermato.
[1] Cass. Civ., sentenza n. 2711 del 21/07/1969