
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15087/2025, pubblicata il 5 giugno (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha affrontato una questione centrale in materia di diritto societario: la natura del recesso del socio di società per azioni e la possibilità per il socio receduto di impugnare la delibera che ha legittimato il proprio recesso, se successivamente revocata. La decisione si colloca in un dibattito giurisprudenziale e dottrinale particolarmente articolato, chiamando in causa principi generali sul contratto di società, sulla legittimazione ad agire e sul bilanciamento tra interesse individuale del socio e interesse della compagine sociale.
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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.
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Il caso in esame
La vicenda prende le mosse da una modifica statutaria approvata da una società per azioni, che aveva indotto un socio, tramite fiduciaria, ad esercitare il recesso. La società, dopo pochi mesi, ha revocato quella stessa modifica statutaria. Ne è seguita un’articolata vicenda giudiziale, in cui si discuteva se il socio avesse o meno perso la qualità di socio, e se quindi fosse ancora legittimato a impugnare la delibera di revoca.
La questione centrale è se la dichiarazione di recesso, una volta comunicata alla società, comporti automaticamente la perdita dello status di socio, oppure se tale effetto si produca solo dopo la liquidazione della quota o decorso il termine previsto per la revoca della delibera legittimante.
Il recesso come atto unilaterale recettizio a efficacia immediata
La Corte ha ribadito che il recesso è un atto unilaterale recettizio: produce effetti al momento della ricezione da parte della società, e non è subordinato alla successiva liquidazione della quota. Viene richiamato il disposto dell’art. 2437-bis, comma 3, c.c., che prevede che il recesso è privo di efficacia solo se la società, entro 90 giorni, revoca la delibera che lo legittima o delibera il proprio scioglimento.
Da ciò si deduce che l’efficacia iniziale del recesso è presunta, e la revoca agisce come condizione risolutiva, non sospensiva. Il socio perde dunque immediatamente i diritti partecipativi e patrimoniali (salvo il diritto alla liquidazione), non potendo esercitare diritto di voto né impugnare le delibere sociali fino a un eventuale ripristino dello status.
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Revoca e riacquisto dello status di socio: effetto retroattivo
La Corte ha chiarito poi che la revoca della delibera legittimante il recesso comporta il riacquisto ex tunc della qualità di socio. Tale riacquisto restituisce al socio ogni potere connesso allo status, inclusa la legittimazione ad impugnare quella stessa delibera di revoca o altre successive. Di conseguenza, è corretto riconoscere al socio “reintegrato” la possibilità di attivare le tutele previste dagli artt. 2377 e 2378 c.c.
La legittimazione deriva non dalla conservazione ininterrotta della qualità di socio, ma dal fatto che la delibera contestata ha prodotto un effetto riabilitante. Tuttavia, sottolinea la Cassazione, prima di tale revoca il socio non ha alcun diritto di impugnazione, nemmeno verso la delibera che ha determinato il recesso, essendo l’uscita dalla società una scelta volontaria e consapevole.
La funzione dell’art. 2437-bis c.c. e il bilanciamento degli interessi
Il cuore sistematico della pronuncia sta nel chiarire la ratio dell’art. 2437-bis, che restituisce alla società uno “ius poenitendi” per correggere decisioni che abbiano generato un recesso non desiderato o problematico. In tale assetto, la disciplina è costruita per tutelare la società da instabilità eccessive, congelando ogni potere del socio receduto fino all’eventuale revoca. In cambio, al socio viene garantito che, se reintegrato, potrà recuperare integralmente i suoi diritti.
Viene quindi respinta l’idea di una partecipazione “provvisoria” del socio in attesa dello spirare del termine di 90 giorni. Questa soluzione è giudicata incompatibile con il dato normativo e con la necessità di certezza nei rapporti societari.
Conclusioni
La Corte affronta con chiarezza un tema complesso, fornendo un orientamento sulla decorrenza degli effetti del recesso nelle società per azioni. Il recesso, precisa la sentenza, è efficace sin dalla ricezione della dichiarazione e determina la perdita dello status di socio, salvo successiva revoca della delibera legittimante. Solo tale revoca consente il recupero dei diritti societari, incluso quello all’impugnazione.
Questa ricostruzione valorizza tanto la coerenza sistematica quanto l’esigenza di stabilità e prevedibilità nel funzionamento degli enti collettivi, segnando un punto fermo nella giurisprudenza di legittimità in materia societaria.