Il rapporto tra competenza giurisdizionale e chiamata in garanzia: l’analisi delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno affrontato (e risolto) una questione giuridica particolarmente delicata riguardante la scelta di giurisdizione e l’applicazione delle norme internazionali in materia di azioni di garanzia. Ci si è chiesti, in particolare, a chi appartenga la giurisdizione in caso di giudizio risarcitorio proposto per un sinistro stradale accaduto durante una gita organizzata all’estero nei confronti di una agenzia con sede all’estero e se, e in che modo, possa essere invocato l’obbligo di manleva con azione di garanzia.

Scarica la sentenza: Corte di Cassazione, sez. un. civ. sent. n. 613 del 07-11-2023

La questione giuridica

La vicenda legale inizia con la citazione in giudizio di Mistral nei confronti di Asco al fine di ottenere la copertura delle conseguenze pregiudizievoli circa l’azione risarcitoria intentata da L.S.
Mistral aveva sostenuto di aver stipulato un pacchetto turistico con Asco per un viaggio in Laos e Tailandia, contenente anche il servizio di trasporto affidato a quest’ultima. Asco, in risposta, aveva sollevato il difetto di giurisdizione del giudice italiano asserendo che la sua sede legale fosse in Hong Kong.
Il Tribunale di Busto Arsizio, nel 2020, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, basandosi sugli articoli 3, comma 2, della legge n. 218 del 1995 e 5 della Convenzione di Bruxelles del 1968. Secondo il giudice di prime cure, il giudice competente sarebbe stato quello del Laos o di Hong Kong, in quanto luoghi in cui l’obbligazione contrattuale avrebbe avuto luogo.
La Corte di appello di Milano, nel novembre 2021, ha ribaltato la decisione del Tribunale di primo grado, affermando che l’azione di garanzia rientrava nell’ambito dell’articolo 6.2 della Convenzione di Bruxelles. Per questi motivi, la Corte ha sostenuto che la causa rientrava nell’ambito della giurisdizione del tribunale di Busto Arsizio, dichiarando Asco obbligata a risarcire le spese processuali del doppio grado di giudizio.
Asco International Limited ha proposto un ricorso in Cassazione, invocando il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Le Sezioni Unite, con ordinanza del novembre 2022, hanno ritenuto la questione di rilevanza nomofilattica e disposto il rinvio della causa per una discussione più approfondita sulla portata applicativa della Convenzione di Bruxelles del 1968 o del Regolamento UE n. 1215/2012 in materia di azione di garanzia.
Il caso, dunque, sembra sollevare alcune questioni cruciali sull’applicazione delle normative internazionali in materia di giurisdizione nelle azioni di garanzia.

La soluzione di continuità delle Sezioni Unite

In particolare, Asco International Limited deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.[1] Asco ritiene erronea la condanna alle spese processuali a suo carico, a causa della presunta erronea declaratoria di giurisdizione in capo al giudice italiano.
La Corte d’Appello di Milano, respingendo le eccezioni di Asco relative alla giurisdizione, ha adottato una posizione che si basa sulla giurisprudenza più recente, soprattutto facendo riferimento all’art. 8.2 del Regolamento n. 1215/2012. Tale articolo stabilisce che una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta davanti all’autorità giurisdizionale presso la quale è stata proposta la domanda principale, nel caso di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, a meno che quest’ultima non sia stata proposta solo per distogliere il convenuto dal giudice naturale.
Asco sostiene che la nozione di “azione o causa di garanzia” è equivalente a quella di “chiamata in garanzia” (Regolamento n. 44/2001). Inoltre, fa riferimento all’interpretazione di recenti orientamenti di legittimità, sostenendo che l’art. 8.2 del Regolamento n. 1215/2012 deve trovare applicazione ratione temporis in luogo della Convenzione di Bruxelles del 1968.
Il ricorrente ritiene che, in ogni caso, l’azione o causa di garanzia costituisce una specie del genere chiamata o intervento del terzo nello stesso processo. Asco sostiene che, in base alle norme richiamate, non può trovare rilievo l’ipotesi dell’azione di garanzia intentata autonomamente, sostenendo il principio di eccezionalità delle deroghe alla regola generale del foro del convenuto.
Asco contesta anche la giurisdizione del giudice italiano in base all’art. 5, par. 1, della Convenzione di Bruxelles (ora ripreso nell’art. 7, par. 1, del Reg. UE n. 1215/2012), sostenendo che il diritto di garanzia impropria nei suoi confronti “sarebbe sorto e, dunque, da eseguirsi in Italia” solo in base alla prospettazione della controparte, e che il vero titolo dell’azione di Mistral sarebbe il contratto internazionale per la prestazione di servizi concluso fra Mistral ed Asco.
Infine, Asco deduce l’irrilevanza del richiamo alla domanda di rivalsa ex art. 43 del Codice del Turismo, affermando che tale norma regola il solo rapporto sostanziale tra Mistral e i turisti italiani suoi clienti e non dovrebbe influire sulla controversia principale tra Mistral ed Asco, regolata dalla legge sostanziale del Laos, paese in cui ha avuto esecuzione la prestazione contrattuale.
In sintesi, Asco sostiene che la giurisdizione del giudice italiano non si configura, contestando l’applicazione dell’art. 8.2 del Regolamento UE n. 1215/2012, e contestando anche la base giuridica sulla quale Mistral fonda la sua azione di garanzia. Asco respinge inoltre la rilevanza della domanda di rivalsa ex art. 43 Codice del Turismo e solleva questioni relative alla condanna alle spese processuali.
Pertanto, nel quadro normativo delineato dall’art. 8, punto 2, del Regolamento UE n. 1215/2012, il concetto di “chiamata in garanzia” e di “altra chiamata di terzo” si associa strettamente al principio del simultaneus processus, richiedendo che entrambe le azioni siano trattate nello stesso procedimento presso l’autorità giurisdizionale adita inizialmente con la domanda principale.
Il richiamo da parte di Mistral all’art. 43 del Codice del Turismo non muta la valutazione del Collegio. La qualificazione giuridica dell’azione come “rivalsa” o come “azione contrattuale” non incide sulla questione della competenza giurisdizionale ai sensi dell’art. 8, punto 2, del Regolamento UE n. 1215/2012.
L’art. 43 del Codice del Turismo può stabilire i termini e le condizioni per la responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ma la questione della competenza giurisdizionale è disciplinata dal diritto internazionale privato, specificamente dall’art. 3, comma 2, della legge n. 218/1995, e dalle disposizioni del Regolamento UE n. 1215/2012.
In conclusione, la Corte Suprema di Cassazione, in linea con l’orientamento più recente, riafferma che, in materia di giurisdizione dei giudici italiani nei confronti di soggetti stranieri, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della legge n. 218/1995, la giurisdizione italiana può sussistere anche quando il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro dell’Unione europea. In tali casi, la giurisdizione italiana si basa sui criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215/2012, che ha sostituito il Regolamento (CE) n. 44/2001 e, precedentemente, la Convenzione di Bruxelles del 1968.
Il concetto di “chiamata in garanzia” o “altra chiamata di terzo” ai sensi dell’art. 8, punto 2, del Regolamento UE n. 1215/2012 richiede che entrambe le azioni siano trattate nello stesso procedimento presso l’autorità giurisdizionale adita inizialmente con la domanda principale. La qualificazione giuridica dell’azione intentata (rivalsa o azione contrattuale) non incide sulla competenza giurisdizionale.
La sentenza in esame evidenzia la coerenza e la continuità dell’indirizzo giurisprudenziale in materia di giurisdizione, cercando di garantire un’applicazione uniforme delle norme internazionali nel contesto delle controversie transfrontaliere.
Infatti, la controversia ha avuto inizio con l’eccezione di legittimità costituzionale sollevata da Mistral, una delle parti coinvolte, in relazione all’articolo 8, comma 2, del Regolamento UE n. 1215/2012. Tale disposizione stabilisce regole specifiche sulla competenza giurisdizionale in caso di chiamata in garanzia o intervento di terzi.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto gli argomenti di Mistral, sostenendo che la competenza giurisdizionale, disciplinata dagli articoli 6 della Convenzione di Bruxelles del 1968, 6 del Regolamento CE n. 44/2001 e 8 del Regolamento UE n. 1215/2012, deve essere distinta dalle condizioni di ammissibilità della chiamata in garanzia. Quest’ultima, infatti, è regolamentata dalle norme nazionali, salvo che ciò comporti una limitazione all’effetto utile della Convenzione o del Regolamento.
La Corte ha sottolineato che la competenza giurisdizionale è determinata in base alle disposizioni comunitarie, mentre le condizioni di ammissibilità della chiamata in garanzia sono regolate dal diritto nazionale. L’eccezione sollevata da Mistral, basata sulla presunta violazione del giudice naturale, è stata respinta, poiché il giudice nazionale può esercitare la discrezionalità nell’applicare le norme interne relative alla chiamata in garanzia, purché rispetti la competenza giurisdizionale fissata.
Inoltre, la Corte ha chiarito che la competenza giurisdizionale non si applica quando l’azione di garanzia è proposta autonomamente e non all’interno di un procedimento già pendente relativo al rapporto principale. Questa distinzione è essenziale per garantire la coerenza tra la competenza giurisdizionale e le regole sulla chiamata in garanzia.
Per questi motivi, la sentenza della Corte di Cassazione ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano nel caso in questione, stabilendo che l’articolo 8, comma 2, del Regolamento UE n. 1215/2012 non si applica quando l’azione di garanzia è esperita in via autonoma, al di fuori di un procedimento già in corso.
In conclusione, la decisione della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sul rapporto tra competenza giurisdizionale e chiamata in garanzia, rafforzando la distinzione tra le due questioni e sottolineando la centralità del rispetto delle norme comunitarie in materia di competenza giurisdizionale.

Il principio di diritto

Le Sezioni Unite Civili hanno stabilito il principio secondo cui l’articolo 8, comma 2, del Regolamento UE n. 1215/2012, richiamato dall’articolo 3, comma 2, prima parte, della legge n. 218/1995, non si applica quando un’azione di garanzia, sia essa propria o impropria, viene promossa autonomamente e non all’interno di un procedimento già in corso relativo al rapporto principale.

Il Regolamento (UE) n. 1215/2012

il Regolamento (UE) n. 1215/2012, noto anche come Regolamento Bruxelles I bis, è uno strumento legislativo dell’Unione Europea che disciplina la competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Il regolamento è entrato in vigore il 10 gennaio 2015, sostituendo il Regolamento (CE) n. 44/2001.
Una delle caratteristiche fondamentali del regolamento è il principio del riconoscimento automatico delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri. Ciò significa che una decisione emessa in uno Stato membro deve essere riconosciuta e, di norma, eseguita senza la necessità di una procedura separata.
Il regolamento stabilisce chiare regole sulla competenza giurisdizionale, aiutando a determinare quale tribunale di uno Stato membro è competente per gestire una controversia. Il Regolamento è stato progettato per garantire la coerenza e la compatibilità delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri, facilitando così la circolazione delle decisioni e la loro esecuzione.
 Il Regolamento n. 1215/2012 ha introdotto alcune modifiche rispetto al precedente (Regolamento CE n. 44/2001), come un’ampia definizione di “materia civile e commerciale”, regole specifiche sulla competenza in materia di contratti di consumo, e miglioramenti nella cooperazione giudiziaria. Il regolamento include anche la procedura europea d’ingiunzione di pagamento, che fornisce uno strumento standardizzato per ottenere il pagamento di un credito in tutta l’Unione Europea.

[1] L’art. 13, comma 1 quater del D.p.r. n. 115/2002 si riferisce alle disposizioni in materia di spese processuali.

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