Nel nostro ordinamento giuridico vige il principio per cui il contratto spiega i suoi effetti solo nei confronti delle parti che lo hanno concluso. Si tratta del c.d. principio di relatività, che risulta trasfuso nell’articolo 1372 Cod. civ., il quale in realtà fornisce nel medesimo contesto la regola e l’eccezione, sancendo che il contratto non produce effetti nei confronti dei terzi, salvo che la legge disponga diversamente. L’articolo 1411 Cod. civ. così esordisce: “È valida la stipulazione a favore di un terzo“. Ebbene, leggendo in combinato disposto gli articoli 1372 e 1411 del Codice civile, si può giungere alla conclusione che il contratto produce effetto solo tra le parti, ma può produrre effetti nei confronti dei terzi se stipulato in loro favore. In questa sede si tenterà una disamina degli aspetti sostanziali della disciplina di cui all’articolo 1411 Cod. civ. quale ipotesi generale e al contempo eccezionale di efficacia del negozio giuridico nei confronti del terzo.
Natura giuridica del contratto in favore di terzo
La natura giuridica del contratto in favore di terzo è discussa. La dottrina prevalente afferma che si tratta di un ordinario tipo contratto, dotato di una clausola accessoria che ne devia gli effetti a favore di un terzo soggetto. Secondo questa tesi dunque, il negozio di cui all’articolo 1411 Cod. civ. non ha una causa propria e diversa da quella del contratto concluso tra stipulante e promittente. Esemplificando, se stipulante e promittente pongono in essere una permuta, la causa sarà rappresentata dallo scambio di cosa contro cosa.
Altra parte della dottrina ritiene invece che il contratto in favore di terzo abbia una propria causa che si esaurisce nel far conseguire al terzo il diritto oggetto del negozio. Il problema di questa seconda tesi è che nel momento in cui la stipulazione fosse revocata da parte dello stipulante, o rifiutata da parte del terzo, il contratto sarebbe nullo per mancanza di causa, dato che in entrambe le ipotesi il terzo non conseguirebbe alcun vantaggio[1]. Come si vedrà più avanti nella trattazione invece, l’articolo 1411 Cod. civ. stabilisce che nel caso di revoca o rifiuto la prestazione dovrà effettuarsi a beneficio dello stipulante, il che sembra confermare che il contratto in favore di terzo non sia dotato di causa propria.
Il contratto in favore di terzo come negozio indiretto. L’interesse dello stipulante
Se il contratto in favore di terzo non è dotato di causa propria, possiamo assimilarlo al contratto indiretto? Se Tizio conclude con Caio una permuta per assicurare al proprio figlio Mevio l’acquisto della proprietà dell’immobile di Caio, non v’è chi non veda il fine ulteriore rispetto alla stipula del contratto in sé e per sé. D’altra parte, l’esistenza di questo ulteriore scopo è confermata dall’articolo 1411 Cod. civ., il quale richiede l’interesse dello stipulante: “ è valida la stipulazione in favore di un terzo qualora lo stipulante vi abbia interesse”, e tale interesse può essere meramente affettivo[2], oppure economico, identificandosi talora con una causa donandi, altre volte con una causa solvendi, che comunque non risulterà dalla stipulazione, ma sarà esterna al contratto; trattasi allora di contratto indiretto.
È ovvio che, oltre al peculiare requisito dell’interesse dello stipulante, il contratto in favore di terzo avrà gli stessi elementi richiesti per ogni contratto dall’articolo 1325 Cod.civ.: L’accordo tra le parti, la causa, che come appena visto per la dottrina prevalente coincide con quella di un ordinario contratto, l’ oggetto, che deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile ai sensi dell’art. 1346 Cod.civ., e che può riguardare un dare, un fare, o un non fare[3], e infine la forma, la quale come per tutti i negozi indiretti sarà quella propria del negozio-mezzo.
Il momento di acquisto del beneficio
Le parti del contratto in favore di terzo sono il promittente, ossia l’obbligato a far conseguire gli effetti del contratto, e lo stipulante, ovvero colui il quale ha interesse all’attribuzione nei confronti del terzo; quest’ultimo invece rimane estraneo al contratto. Preliminarmente occorre soffermarsi sul fatto che l’articolo 1411 Cod. civ. quando afferma la validità della stipulazione in favore di terzo, non sta soltanto derogando al principio di relatività del contratto, ma dalla locuzione “a favore di un terzo” si evince che da questo negozio possono nascere solo diritti e mai obbligazioni in capo a costui, cosa che risulta confermata anche dalla Corte di cassazione[4]. Ancora, ai sensi dell’articolo 1411 cod. civ.: “Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione ”. Innanzitutto è da notare che il terzo acquista il diritto, e non un vantaggio qualsiasi derivante dal contratto: Posso conseguire un vantaggio da un contratto con il quale il mio vicino costituisca una servitù di non edificare oltre una certa altezza, ma è un beneficio che traggo indirettamente dal contratto, nessun effetto giuridico si riverbererà su di me.
Come affermato dalla Cassazione, stipulante e promittente sono i titolari del rapporto, il terzo è titolare del diritto[5]. In secondo luogo, il terzo diviene titolare del diritto immediatamente e per effetto della stipulazione, senza esprimere consenso, senza partecipare al contratto, e addirittura non è necessaria la sua esistenza al momento della stipula (si pensi ad un nascituro o ad una società non ancora costituita), tenuto conto però che l’acquisto del diritto avverrà non appena il terzo sia venuto ad esistenza[6].
Attenzione però, l’articolo 1411 Cod. civ. fa salvo il patto contrario; ciò significa che le parti possono evitare che il terzo acquisti il diritto come effetto diretto ed immediato della stipula? La dottrina afferma che la locuzione farebbe riferimento ad un differimento esclusivamente temporale degli effetti rispetto alla data di stipula del contratto, in altri termini, il “salvo patto contrario” non può riguardare la modalità, ma solo il momento dell’acquisto. D’altro canto, se il contratto in favore di terzo è un ordinario tipo di contratto, ben si potrebbe apporre ad esso un elemento accidentale, come ad esempio un termine iniziale, o addirittura subordinarne gli effetti ad una condizione sospensiva[7]. Si faccia il seguente esempio: “Tizio vende a Caio che accetta il diritto di proprietà sul bene X, con deviazione degli effetti in favore di Mevio , ai sensi dell’ art. 1411 Cod. civ., subordinatamente alla condizione sospensiva che Mevio si laurei entro e non oltre il…”. Se infatti lo stipulante ha la facoltà di revocare il beneficio in favore del terzo, certamente la sua autonomia può spingersi non solo al punto di differirne l’efficacia ad un momento successivo, ma di subordinare lo stesso acquisto del diritto ad un evento futuro ed incerto (laurea).
Le singole vicende del contratto
Il presupposto per cui possa aversi contratto in favore di terzo è la sua designazione, la quale normalmente verrà effettuata dallo stipulante all’interno dello stesso contratto, ma può essere anche successiva qualora egli si sia riservato la possibilità di compierla in un secondo momento[8]. Il terzo può dichiarare di aderire alla stipulazione in suo favore, ma attenzione, questo non incide in alcun modo sul fatto che egli rimane estraneo al contratto, l’effetto del suo aderire è semplicemente quello di rendere irrevocabile e immodificabile il beneficio[9]. Il terzo poi è libero di rifiutare la stipulazione in suo favore, in ossequio al principio per cui res inter alios acta neque nocet neque prodest, rinunciando così ad un diritto già facente parte della sua sfera giuridica. Dal punto di vista dello stipulante, egli ha il potere di revocare o modificare la stipulazione in favore del terzo, ma solo finché questi non abbia dichiarato di volerne profittare.
A questo punto occorre esaminare cosa succede in caso di revoca o di rifiuto; l’articolo 1411 Cod. civ. ci dà la risposta: “La prestazione rimane a beneficio dello stipulante” , determinando dunque uno spostamento della titolarità del diritto in suo favore. Se questa è la regola generale, il legislatore fa salvo il patto contrario, e cioè prende in considerazione la possibilità per le parti di inserire una clausola contrattuale che fissi l’estinzione della prestazione nel caso di rifiuto del terzo o di revoca dello stipulante. Altra ipotesi contemplata dall’articolo in commento, è che sia la natura stessa del contratto ad escludere l’efficacia in capo alle parti, ciò accade ad esempio nel caso in cui il promittente titolare del fondo servente, abbia costituito servitù in favore del fondo dominante appartenente al terzo. È chiaro che, essendo la servitù un rapporto che si costituisce tra fondi, non potrebbe tale contratto svolgere la sua efficacia tra promittente e stipulante per la mancanza della titolarità del fondo dominante in capo a quest’ultimo.
Applicazione ai negozi traslativi ed al preliminare
Essendo il contratto in favore di terzo una fattispecie contrattuale generale, bisogna capire se si possa applicare a tutti i tipi di contratto. Dubbi sono sorti in relazione ai negozi traslativi di diritti reali, per una pretesa violazione del principio consensualistico sancito all’art. 1376 Cod.civ., secondo il quale per costituire o trasferire un diritto reale o la proprietà occorre il consenso delle parti. Ebbene, dato che il terzo non acquista un mero vantaggio, ma diventa titolare del diritto oggetto del contratto, è necessario il suo consenso? In realtà, l’articolo 1411 Cod. civ. sembra escluderlo; esso infatti parla chiaramente di “parti”, ma il terzo non è parte del negozio, né in senso formale né in senso sostanziale, piuttosto si limita a beneficiare degli effetti di un contratto concluso inter alios[10].
Questa conclusione è utile anche per porre l’attenzione sulla distinzione tra contratto in favore di terzo e rappresentanza negoziale: Il rappresentante, parte formale, agisce in nome e per conto del rappresentato, il quale è invece parte sostanziale su cui si riverberano tutti gli effetti del negozio, favorevoli e sfavorevoli. Nel contratto in favore del terzo invece, lo stipulante agisce in nome e per conto proprio, e soprattutto, come già detto, concretizza un trasferimento al terzo di soli diritti e mai di obbligazioni[11]. Ed è proprio l’impossibilità di imporre un obbligo a carico del terzo che esclude la possibilità di concludere un preliminare bilaterale in favore di terzo, in quanto esso lo obbligherebbe alla stipula del definitivo insieme al promittente. A tale inconveniente può ovviarsi stipulando un preliminare unilaterale a favore di terzo, in quanto in tal modo alla stipula del definitivo sarà obbligato il solo promittente[12].
Prestazione da eseguirsi dopo la morte dello stipulante. Cenni
Ipotesi particolare di contratto in favore di terzo è quella di cui all’articolo 1312 Cod. civ., secondo il quale le parti possono stabilire che il promittente esegua la prestazione dopo la morte dello stipulante. La dottrina prevalente lo inquadra all’interno dei negozi inter vivos , e non come negozio mortis causa[13], infatti la stipulazione esplica immediatamente i suoi effetti nella sfera giuridica del terzo, in quanto ciò che risulta differito alla morte è solo l’esecuzione della prestazione. Che la morte dello stipulante sia il termine di adempimento della prestazione in favore del terzo si evince dalla lettera della disposizione: “La prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante”, cosa che non sarebbe possibile se il terzo acquistasse il diritto per successione, in quanto non essendone titolare non potrebbe trasmetterlo ai suoi eredi. Posto che anche questa fattispecie, come quella di cui all’art. 1411 Cod. civ. integra un negozio fra vivi, la sua peculiarità sta nel fatto che lo stipulante può sempre revocare il beneficio in favore del terzo, anche qualora costui abbia già dichiarato di volerne profittare, a meno che abbia rinunciato in forma scritta al potere di revoca.
[1] M.C. DIENER, Il contratto in generale, Giuffrè, Milano 2015, p. 708
[2] Cass. civ., sent. n. 13058/2007
[3] Cass. civ., sent. n. 2663/1976. La Suprema corte afferma che non esistendo limiti normativi al riguardo, l’attribuzione al terzo ben può riguardare l’attribuzione di un diritto o la rinuncia all’esercizio di un’azione.
[4] Cass. civ., sent. n. 759/2011
[5] Cass. civ., ord. n. 8766/ 2021
[6] Cass. civ., sent. n. 1990/ 1982
[7] M.C. DIENER, Il contratto in generale, cit., p. 721
[8] F. MESSINEO, Il contratto in genere, t. II, p. 130. Contra: Cass. civ., sent. n. 23125/2019. La Suprema Corte riferendosi alla differenza tra contratto per persona da nominare e contratto in favore di terzo, afferma la necessità che in quest’ ultimo il terzo sia determinato o quantomeno determinabile, in quanto gli effetti si produrranno in suo favore al momento della conclusione del contratto.
[9] A differenza del contratto per persona da nominare ex art. 1401 Cod. civ. dove la persona nominata diventa parte del contratto in luogo del contraente originario.
[10] Cass. civ., sent. n. 12447/1997
[11] A.TORRENTE – P.SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Giuffrè, Milano 2013, p. 589
[12] M.C. DIENER, Il contratto in generale, cit., p. 187s.
[13] Il che integrerebbe un patto successorio vietato per il fatto che lo stipulante in tal modo starebbe disponendo della sua successione con un negozio diverso dal testamento; v. art. 458 Cod. civ.