Come noto, il giudizio di rinvio è un procedimento ad istruzione sostanzialmente chiusa, tendente ad una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata.
Secondo la Sezione Lavoro della Cassazione, sentenza del 19 febbraio 2015, n. 3320 detta peculiarità del giudizio di rinvio comporta che in tale sede:
- è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, formulando nuove domande e nuove eccezioni;
- operano le preclusioni che derivano dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente;
- non possono essere rilevate neppure le eccezioni in senso lato che non siano state rilevate dalla Suprema Corte.
La non modificabilità dei termini oggettivi della controversia, espressi o impliciti, a seguito della sentenza rescindente, precluderebbe quindi al giudice di esaminare nuove questioni di diritto, ancorché rilevabili d’ufficio.
Ciò in quanto, “la loro valutazione finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di Cassazione, in violazione del principio della sua intangibilità”.
A tal riguardo, è utile precisare che detto principio non parrebbe potersi estendere anche ai poteri istruttori esercitabili da parte del giudice del rinvio.
Sempre la Sezione Lavoro della Cassazione con la sentenza del 17 gennaio 2014, n. 900 ha, infatti, affermato che la preclusione operante nel giudizio di rinvio relativa alla formulazione di nuove domande, eccezioni o alla richiesta di nuove prove, non osta all’esercizio dei poteri istruttori esercitabili d’ufficio dal giudice del rinvio, se pur limitatamente ai fatti già allegati dalle parti, o comunque acquisiti al processo ritualmente, nella fase processuale antecedente al giudizio di Cassazione.
In definitiva, mentre la preclusione relativa alle eccezioni nuove riguarda tanto le parti quanto il giudice, quella riferibile all’ammissione di nuove prove concerne solo l’attività delle parti, non potendosi limitare i poteri istruttori del giudice del rinvio, ed in particolare quelli esercitabili d’ufficio.