Foto di indagati e cronaca giudiziaria: quando il trattamento dei dati è lecito

La pubblicazione di immagini di individui indagati, introdotte a corredo di un articolo di cronaca giudiziaria attinente a fatti di rilevante interesse pubblico, non costituisce trattamento illecito di dati personali né lesione della dignità, a condizione che l’informazione risulti essenziale, rispettosa dei dettami deontologici del giornalismo e le immagini non siano umilianti o segnaletiche nel senso tecnico del termine. In questo senso si è espressa la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (sentenza n. 20387 del 21 luglio 2025).

Bilanciamento tra privacy e diritto di cronaca

La sentenza resa dalla Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione (n. 20387 del 21 luglio 2025) interviene sulla questione del trattamento dei dati personali nel contesto dell’attività giornalistica, in particolare della cronaca giudiziaria.

La vicenda origina da un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali che aveva impedito la pubblicazione di fotografie relative a soggetti indagati, ritenendo il trattamento illecito ai sensi del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e del Codice della Privacy italiano.

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L’oggetto del contendere era identificato nella diffusione di fotografie di individui coinvolti in indagini penali, pubblicate da una casa editrice primaria, a fronte di un procedimento penale riguardante gravi reati compiuti da una “banda”. La Corte di Cassazione si è direzionata verso il bilanciamento del diritto alla protezione dei dati personali con la libertà di informazione, nell’ambito specifico della cronaca giudiziaria.

Vicenda

Il Garante per la protezione dei dati personali aveva adottato un provvedimento interdittivo verso un gruppo editoriale, ritenendo illegittima la pubblicazione di fotografie riproducenti soggetti sottoposti a misure cautelari, poiché detta diffusione avrebbe violato il principio di liceità del trattamento sancito dall’art. 5 del GDPR e dalle norme del Codice privacy.

Il Garante aveva in particolare ravvisato l’inosservanza degli artt. 6, 8 e 12 del codice deontologico dei giornalisti, che tutelano la dignità delle persone e regolano la pubblicazione dei dati personali nell’attività giornalistica. Il gruppo aveva impugnato il provvedimento sostenendo che le immagini erano essenziali per l’esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, non lesive della dignità e non assimilabili a foto segnaletiche o umilianti.

Il Tribunale di Milano aveva accolto l’opposizione, individuando la liceità del trattamento e la legittimità della pubblicazione nel rispetto delle norme deontologiche e giuridiche applicabili. Il Garante, per l’effetto, ha interposto ricorso per cassazione, contestando la valutazione dei giudici di merito, tuttavia, le doglianze sono state ritenute infondate.

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Focus e ambito di analisi della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha convalidato la decisione del Tribunale, rigettando il ricorso del Garante. L’analisi si è fondata su plurimi punti normativi:

  • Art. 137 del Codice della Privacy (D.Lgs 196/2003), che consente il trattamento di dati personali nell’ambito dell’attività giornalistica anche in assenza del consenso dell’interessato, sempre che nel rispetto delle regole deontologiche di cui all’art. 139, coordinandosi con il Regolamento UE 2016/679.
  • Le regole deontologiche per il trattamento dei dati personali da parte dei giornalisti (DM 31 gennaio 2019), in particolare gli articoli 6, 8 e 12, che sanciscono: la necessità dell’informazione (art. 6), la quale deve essere essenziale e di rilevante interesse pubblico o sociale; la tutela della dignità (art. 8), che proibisce di pubblicare immagini lesive della dignità, salvo rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e polizia; la tutela del diritto di cronaca nei procedimenti penali (art. 12), che prevede deroghe al trattamento dei dati personali in tali specifici contesti; i considerando 4 e 153 del GDPR segnano il principio di bilanciamento tra protezione dei dati personali e libertà di espressione e informazione, e anche la funzione sociale della protezione dei dati, che non è una prerogativa assoluta bensì deve considerarsi in relazione ad altri diritti fondamentali.

La Corte ha perciò ritenuto fondato il principio che la pubblicazione delle fotografie in questione rappresentasse un trattamento lecita, funzionale all’esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, indispensabile per garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti in fatti di particolare gravità sociale e interesse pubblico. Le immagini non erano foto segnaletiche con riferimenti numerici, né erano umilianti, e neppure ritraevano i soggetti in stato di detenzione, condizioni che avrebbero potuto configurare ipotesi di trattamento illecito ovvero lesivo della dignità.

Tutela della dignità e liceità del trattamento

Uno degli highlight della pronuncia afferisce all’interpretazione della nozione di immagini “lesive della dignità” ai sensi del codice deontologico e della normativa privacy. La Corte di Cassazione ha precisato che immagini frontali, neutre e senza elementi umilianti non possono di per sé considerarsi lesive della dignità personale, in specie se inserite in un contesto informativo di cronaca giudiziaria che onora il principio di essenzialità. Lungi dal legittimare una pubblicazione indiscriminata, il principio riconosce uno spazio per la pubblicazione di dati sensibili quando la notizia sia di rilevante interesse pubblico, il soggetto sia indagato per gravi reati e la diffusione sia giustificata dall’esigenza di salvaguardare trasparenza nell’informazione, nel rispetto dei criteri di necessità e proporzionalità.

Principi di diritto ricavabili

Dalla pronuncia della Corte di Cassazione n. 20387/2025 è possibile estrapolare i seguenti principi giuridici:

  • Il trattamento di dati personali nell’ambito della cronaca giudiziaria è legittimo anche senza il consenso dell’interessato, purché osservi le regole deontologiche, in particolare quelle relative a essenzialità, dignità, e correttezza dell’informazione (art. 137 Codice Privacy, artt. 6, 8, 12 del Regolamento deontologico giornalisti).
  • La diffusione di immagini di soggetti indagati per gravi reati, inserite in un contesto informativo di pubblico interesse e non lesive della dignità, non configura di per sé un trattamento illecito ai sensi del GDPR.
  • Il diritto alla protezione dei dati personali deve essere bilanciato con il diritto alla libertà di espressione e informazione secondo il principio di proporzionalità, tenendo conto della funzione sociale dei dati e della rilevanza pubblica della notizia.

Implicazioni e prospettive

La sentenza in commento riprova l’equilibrio da perseguire, in ambito giudiziario, tra diritto alla privacy e quello di cronaca, peculiarmente complesso nell’epoca digitale e nel contesto dell’informazione istantanea. La vicenda evidenzia la centralità dei dettami deontologici nel contemperamento dei diritti fondamentali implicati.

Il quadro normativo europeo e italiano, in virtù del Regolamento UE 2016/679 e del Codice Privacy, permette un trattamento dei dati sensibili nel contesto giornalistico che sia garantista e rispettoso della dignità, tuttavia non blindato in modo assoluto. La ripartizione tra dati trattabili per finalità di cronaca giudiziaria e dati illecitamente diffusi si basa su un giudizio globale di contesto, essenzialità dell’informazione e proporzionalità. Al contempo il verdetto potrebbe rappresentare una guida ermeneutica per la prassi editoriale e per le autorità di controllo, indicando che l’impiego di immagini di individui indagati può essere lecito, a condizione che il trattamento sia effettuato in ossequio delle garanzie previste.

La decisione in disamina, in definitiva, potrebbe costituire un pillar per le controversie venture in ambito di tutela dei dati personali nel contesto giornalistico, andando a rafforzare l’interpretazione conforme al bilanciamento di diritti fondamentali sancito dal GDPR e dalla disciplina interna di settore.

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