Emotrasfusione con sangue infetto e configurabilità della compensatio lucri cum damno

in Giuricivile, 2019, 10 (ISSN 2532-201X), nota a Cass. civ., Sez. III civ., 14.02.2019, sentenza n. 4309

La sentenza in esame si è occupata di un tema molto rilevante, sia dal punto di vista strettamente sostanziale che dal punto di vista squisitamente formale. Gli elementi sui quali è ricaduta l’attenzione del Giudice di legittimità, oltre al caso concreto, rappresentato dall’effettuazione di emotrasfusioni con sangue infetto, sono stati il risarcimento del danno, la possibilità di verificazione di cumulo dello stesso con l’indennizzo ex L. n. 210/1992, nonché l’inquadramento generale sulla non coincidenza soggettiva tra la persona del danneggiante e il soggetto erogatore della provvidenza.

Il tema della configurabilità della compensatio lucri cum damno[2] tra somme percepite a titolo di indennità, ai sensi della legge n. 210 del 1992 e quelle richieste a titolo di risarcimento del danno, è stato recentemente affrontato dalle Sezioni Unite[3].

Si tratta di verificare se, ed in quali termini, l’istituto della compensatio fra indennizzo ex L. n. 210/1992 e risarcimento del danno risulti applicabile ove sia accertata una responsabilità risarcitoria di un’azienda sanitaria locale e, in generale, di una struttura del S.S.N., alla luce della pregressa giurisprudenza di legittimità e delle più recenti pronunce delle Sezioni Unite ut supra.

È consolidato l’indirizzo secondo cui “il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all’attribuzione indennitaria regolata dalla legge n. 210 del 1992; tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della salute per omessa adozione delle dovute cautele, l’indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno, venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo[4]”.

Tale orientamento è stato richiamato da Cass., SS.UU., n. 12564/2018, che – pur rilevando che restavano al di fuori del quesito ad essa sottoposto le ipotesi di “unicità del soggetto responsabile del fatto illecito fonte di danni ed al contempo obbligato a corrispondere al danneggiato una provvidenza indennitaria” – ha ribadito che “la compensatio opera in tutti i casi in cui sussista una coincidenza tra il soggetto autore dell’illecito tenuto al risarcimento e quello chiamato per legge ad erogare il beneficio, con l’effetto di assicurare al danneggiato una reintegra del suo patrimonio completa e senza duplicazioni”.

Deve, pertanto, verificarsi se e come incidano nella materia in esame i principi espressi dalle Sezioni Unite del 2018, secondo cui, ai fini dell’operatività della compensatio[5], debbono ricorrere un collegamento funzionale tra la causa dell’attribuzione patrimoniale e l’obbligazione risarcitoria e, al contempo, la previsione di un meccanismo di surroga o di rivalsa volto ad evitare che quanto erogato dal terzo al danneggiato si traduca in un vantaggio inaspettato per l’autore dell’illecito, così individuandosi un punto di equilibrio fra l’esigenza di evitare una indebita locupletazione del danneggiato mediante il cumulo del risarcimento e delle provvidenze indennitarie e quella di impedire che la compensatio finisca per “premiare” ingiustificatamente l’autore dell’illecito; al riguardo, si è precisato che “non corrisponde infatti al principio di razionalità-equità […] che la sottrazione del vantaggio sia consentita in tutte quelle vicende in cui l’elisione del danno con il beneficio pubblico o privato corrisposto al danneggiato a seguito del fatto illecito finisca per avvantaggiare esclusivamente il danneggiante, apparendo preferibile in tali evenienze favorire chi senza colpa ha subito l’illecito rispetto a chi colpevolmente lo ha causato[6]”.

Alla luce degli anzidetti principi, la Suprema Corte ha ritenuto che, in caso di infezione conseguente ad emotrasfusioni o ad utilizzo di emoderivati, possa confermarsi il consolidato orientamento della Suprema Corte predicativo dell’operatività della compensatio lucri cum damno[7] fra l’indennizzo ex L. n. 210/1992 e il risarcimento del danno anche laddove non sussista apparente coincidenza, allorquando possa comunque escludersi che, per effetto del diffalco, si determini un ingiustificato vantaggio per il responsabile, benché la L. n. 210/1992 non preveda un meccanismo di surroga e rivalsa in favore di chi abbia erogato l’indennizzo.

Va, infatti, considerato che l’erogazione dell’indennizzo, originariamente gravante sul Ministero della Salute, è stata successivamente demandata alle Regioni, per effetto dell’art. 114 del Decreto Legislativo n. 112/1998[8]. Nella materia sussiste, pertanto, una legittimazione processuale passiva soltanto formale del Ministero, attesa l’attribuzione delle relative funzioni amministrative alle Regioni, che godono (e dispongono in via autonoma), allo scopo, di trasferimenti di risorse dal bilancio statale e che risultano, conseguentemente, i soggetti materialmente obbligati all’erogazione della prestazione indennitaria.

Le Regioni, in particolare, operano nell’ambito delle funzioni di tutela pubblica della salute che sono proprie del Servizio Sanitario Nazionale, di cui costituiscono articolazioni anche le aziende sanitarie locali, alimentate in massima parte con finanziamenti che, dallo Stato, vengono trasferiti in parte qua alle singole Regioni stesse. Alla pluralità dei soggetti operanti in campo sanitario (Regioni e Aziende) corrispondono la comunanza delle finalità, la convergenza delle attività e una commistione delle risorse finanziarie che consentono di individuare – sul piano sostanziale – un’unica “parte pubblica”, pur variamente articolata sul piano delle strutture e delle soggettività giuridiche, che è chiamata a rapportarsi con chi sia stato danneggiato da emotrasfusioni, provvedendo all’erogazione dell’indennizzo e all’eventuale risarcimento del danno.

Non appare, quindi, possibile individuare alcuna “estraneità”, sul piano funzionale, dell’Azienda sanitaria locale tenuta a risarcire il danno rispetto alle Regioni deputate al pagamento dell’indennizzo. Non sussiste, pertanto, quella situazione di alterità fra soggetto danneggiante e soggetto erogante la provvidenza che, nell’ottica delle pronunce delle Sezioni Unite del 2018, giustifica la necessità di un meccanismo di surroga o rivalsa volto a neutralizzare un indebito vantaggio in favore del terzo responsabile. Non rileva nemmeno la circostanza che la L. n. 210/1992 non preveda un meccanismo che consenta a chi eroga l’indennizzo di rivalersi sul danneggiante, giacché un siffatto meccanismo non ha ragion d’essere quando il soggetto danneggiante condivida finalità, attività e risorse finanziarie con il soggetto che eroga la provvidenza.

Può, pertanto, concludersi che, risultando sussistente il requisito del collegamento funzionale tra la causa dell’attribuzione patrimoniale ex L. n. 210/1992 e l’obbligazione risarcitoria e non prospettandosi la possibilità di un indebito vantaggio per il danneggiante, la compensatio[9] trova giustificazione nell’esigenza di impedire un ingiustificato arricchimento per il danneggiato.

In definitiva, va affermato il principio che, anche nel caso in cui il danno conseguente a emotrasfusioni o alla somministrazione di emoderivati sia imputabile ad un’azienda sanitaria locale, deve trovare applicazione la compensatio lucri cum damno[10], mediante diffalco dell’indennizzo erogato ex L. n. 210/1992 dall’importo da liquidare a titolo di risarcimento del danno.


[2] Per una visione più ampia dell’istituto, cfr. P. Minopoli, Compensatio lucri cum damno: i nuovi principi fissati dalle Sezioni Unite, in Ius in Itinere, 4 luglio 2018; E. Pattumelli, Compensatio lucri cum damno, in Studio Cataldi, 25 maggio 2018, M. Santise, Il punto (ovvero la tetralogia) delle Sezioni Unite in tema di compensatio lucri cum damno e liquidazione del danno da fatto illecitoin Iurisprudentia.it, febbraio 2019.

[3] Vedi Cass. civ., SS. UU., 22 maggio 2018,  nn. 12564, 12565, 12566 e 12567.

[4] Si veda, senza pretesa di esaustività, Cass. civ., SS.UU. n. 584/2008; conformi, ex multis, Cass. civ.,  n. 11302/2011, Cass. civ., n. 6573/2013, Cass. civ., n. 991/2014 e Cass. civ., n. 20111/2014.

[5] Cfr. M. Lopinto, La compensatio lucri cum damno tra problematiche dottrinali e recenti soluzioni giurisprudenziali, in Diritto.it, 20 novembre 2018.

[6] Vedi, ancora, Cass. civ., SS. UU., n. 12564/2018.

[7] Si veda P. Picciano, Le Sezioni Unite sulla compensatio lucri cum damno, in Salvis Juribus, 28 settembre 2018.

[8] Vedi i D.P.C.M. 26 maggio 2000, 8 gennaio 2002 e 24 luglio 2003. Cfr. Cass., SS.UU., n. 12538/2011. Cfr. anche Cass. n. 6336/2014 e Cass. n. 8957/2018.

[9] Vedi C. Nuzzo, Compensatio lucri cum damno: la decisione finale delle Sezioni Unite “gemelle”, in giuricivile, 11 giugno 2018.

[10] In ultima analisi, vedi S. Gatto, La fisionomia della compensatio lucri cum damno dopo l’intervento della Sezioni Unite della Corte di Cassazione l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nel 2018, in Responsabilità civile, 16 ottobre 2018.

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