Elenco ISTAT: il ruolo della Corte dei Conti e del giudice amministrativo chiarito dalle Sezioni Unite

La sentenza n. 30220/2024 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha chiarito la delimitazione delle competenze tra giudice contabile e  giudice amministrativo, con particolare riferimento alle controversie relative all’elenco ISTAT delle pubbliche amministrazioni. 

Corte di Cassazione-Sez. Un. Civ.-sent. n. 30220 del 25-11-2024

Il fatto

La controversia si è originata dal ricorso presentato da Autostrada del Brennero S.p.A. contro l’ISTAT e il Ministero dell’Economia e delle Finanze. La prima contestava la propria inclusione nell’elenco ISTAT per l’anno 2023, che individua le amministrazioni pubbliche rilevanti ai fini del consolidamento dei conti pubblici nazionali ed europei. In particolare, l’ente A22 sosteneva di non possedere i requisiti per essere considerata un’amministrazione pubblica, evidenziando:

  • La natura commerciale e regolata della propria attività, con tariffe che coprono i costi operativi senza perseguire scopi pubblici;
  • L’assenza di un controllo pubblico diretto, che avrebbe escluso il suo inserimento nella definizione di “amministrazione pubblica” ai sensi del Regolamento SEC 2010.

Il ruolo della Corte dei Conti e l’intervento delle Sezioni Unite

In primo grado, la Corte dei Conti a Sezioni Riunite aveva assunto una posizione nuova, disapplicando l’art. 23-quater del d.l. 137/2020, che limita la giurisdizione della Corte “ai soli fini dell’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica“. Tale disapplicazione era stata motivata dalla presunta incompatibilità della norma con il diritto europeo, in particolare con i principi di effettività e equivalenza richiamati dalla CGUE nella sentenza del 13 luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21). Questa decisione era stata impugnata dal MEF e dall’ISTAT, che sostenevano che la giurisdizione sulla legittimità dell’elenco ISTAT spettasse al G.A., lasciando alla Corte dei Conti il controllo sui soli profili di spending review.

La decisione della Cassazione: riparto di giurisdizione e principio di diritto

Le Sezioni Unite hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Ministero e dall’ISTAT, considerando che la sentenza impugnata della Corte dei Conti non avesse natura definitiva, in quanto non risolveva il merito della controversia. Tuttavia, hanno ritenuto opportuno enunciare un principio di diritto, ai sensi dell’art. 363, co. 3, c.p.c., data la rilevanza generale della questione giuridica.

Il principio di diritto enunciato stabilisce che:

«In tema di impugnazione dell’elenco annuale ISTAT delle pubbliche amministrazioni predisposto ai sensi del SEC 2010, l’art. 23-quater d.l. n. 137 del 2020, nel delimitare la giurisdizione della Corte dei conti – sezioni riunite alla sola applicazione della disciplina nazionale sul contenimento della spesa pubblica, non ha determinato un vuoto di tutela o il mancato rispetto dell’effetto utile della disciplina unionale, restando attribuita la giurisdizione, per ogni ulteriore ambito, al giudice amministrativo».

 Giurisprudenza europea

La sentenza è influenzata dai principi europei di effettività ed equivalenza. La Corte di Giustizia UE, nella pronuncia del 13 luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21), ha chiarito che agli Stati membri è riconosciuta una certa discrezionalità nell’organizzazione delle proprie competenze giurisdizionali. Tuttavia, questa libertà non è illimitata: deve essere esercitata garantendo che i diritti degli interessati trovino una tutela adeguata, piena ed efficace, soprattutto in situazioni che incidano su obblighi di bilancio pubblico.

Secondo la Corte di Giustizia, il principio di effettività impone che le decisioni amministrative rilevanti per il consolidamento dei conti pubblici possano essere oggetto di controllo giurisdizionale pieno ed efficace. A tale principio si affianca quello di equivalenza, che richiede che il sistema giurisdizionale garantisca agli interessati gli stessi standard di tutela applicabili a situazioni analoghe di diritto interno, evitando disparità o trattamenti di sfavore.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 30220/2024, hanno pienamente recepito quest’orientamento evidenziando che il sistema italiano risponda a tali requisiti. La distinzione tra giurisdizione contabile e amministrativa, piuttosto che creare vuoti di tutela, rappresenta un modello che consente di garantire un controllo giurisdizionale efficace, grazie alla specializzazione delle competenze. Il giudice amministrativo, competente per le questioni relative alla legittimità degli atti amministrativi, e la Corte dei Conti, responsabile per i profili contabili e di spending review, operano in sinergia. Questa impostazione, secondo la Cassazione, non solo soddisfa le esigenze del diritto interno ma è pienamente conforme ai principi dell’ordinamento europeo. L’efficacia del controllo giurisdizionale interno, inoltre, emerge proprio dalla capacità di garantire che tutte le decisioni contestate possano essere analizzate nel merito, senza che si creino zone grigie sottratte alla verifica giudiziale.

Coerenza costituzionale

Le Sezioni Unite si sono soffermate sul riparto di giurisdizione tra giudice contabile e amministrativo, analizzandolo sia in termini di efficienza che di coerenza con i principi costituzionali. La sentenza evidenzia come l‘art. 103 Cost. consenta al legislatore di modulare le competenze dei diversi organi giurisdizionali, a patto di garantire un sistema di controllo giurisdizionale completo e non arbitrario.

La Corte dei Conti, come ribadito dalla giurisprudenza costituzionale, svolge un ruolo fondamentale nella tutela degli interessi obiettivi della pubblica amministrazione e nella vigilanza sull’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico. Tuttavia, questo ruolo non è assoluto e può essere circoscritto dal legislatore per ragioni di ordine sistemico. In questo caso, l’art. 23-quater assegna al giudice amministrativo una competenza specifica che integra, senza sovrapporsi, quella della Corte dei Conti.

Il ruolo delle Sezioni Unite nella funzione nomofilattica della Corte di Cassazione

I giudici  hanno richiamato la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e il suo esercizio da parte delle Sezioni Unite. Questa prerogativa, che mira a garantire uniformità interpretativa e coerenza nell’applicazione delle norme, trova fondamento nei principi enunciati in due precedenti giurisprudenziali: la sentenza delle Sezioni Unite, n. 27187/2007 e la sentenza Sezioni Unite, n. 8268/2023.

La prima ha stabilito che:

«In caso di ricorso dichiarato inammissibile, le Sezioni Unite possono comunque esercitare la loro funzione nomofilattica enunciando un principio di diritto nell’interesse della legge, qualora la questione giuridica sollevata presenti un interesse generale che trascende le parti in causa, e sia necessario stabilire una regola interpretativa uniforme per prevenire future incertezze giurisprudenziali.»

 

La seconda ha ulteriormente precisato i criteri per l’esercizio di questa funzione, affermando che:

«L’enunciazione di un principio di diritto nell’interesse della legge è possibile qualora: (a) vi sia un provvedimento giurisdizionale specifico, non impugnato o non impugnabile né ricorribile per cassazione; (b) tale provvedimento risulti illegittimo, quale indefettibile momento di collegamento ad una controversia concreta; (c) vi sia un interesse generale o trascendente quello delle parti, tale da giustificare l’affermazione di un principio di diritto per l’importanza della sua formulazione espressa.»

Tale decisione non solo chiarisce il rapporto tra normativa interna e diritto europeo, ma consolida la giurisprudenza sulla questione per il sistema economico-finanziario, ribadendo il ruolo delle Sezioni Unite come garanti dell’uniformità interpretativa e della stabilità normativa.

La rilevanza costituzionale della sentenza n. 30220/2024

La sentenza delle Sezioni Unite n. 30220/2024 non si limita a fornire una lettura armonica del rapporto tra normativa nazionale e diritto europeo, ma evidenzia anche profili di rilevanza costituzionale, sia per quanto riguarda il riparto di giurisdizione sia per il ruolo della Corte dei Conti nell’ordinamento interno.

Innanzitutto, il riparto di competenze tra giudice contabile e giudice amministrativo viene analizzato alla luce degli articoli 24, 103 e 113 Cost. Questi principi sanciscono il diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, garantendo che ogni interesse giuridicamente rilevante trovi un giudice competente. Le Sezioni Unite ribadiscono che l’art. 23-quater del d.l. 137/2020, nel circoscrivere la giurisdizione della Corte dei Conti ai profili di spending review, non pregiudica tale diritto, poiché il giudice amministrativo è chiamato a occuparsi di tutte le altre questioni legate alla legittimità degli atti amministrativi.

In secondo luogo, la sentenza riafferma il ruolo costituzionale della Corte dei Conti come garante dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico, già riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 29 del 1995. La Consulta aveva sottolineato come la Corte dei Conti agisca non solo come organo di controllo, ma anche come istituzione posta a tutela degli interessi obiettivi della pubblica amministrazione e della corretta gestione delle risorse collettive. La limitazione della giurisdizione della Corte ai soli profili contabili non riduce questa funzione, ma la integra con quella del G.A.

Infine, la rilevanza costituzionale della pronuncia emerge anche dalla capacità delle Sezioni Unite di armonizzare principi interni ed europei, assicurando che il sistema giurisdizionale italiano sia conforme agli standard di effettività richiesti dal diritto unionale.

Conclusioni

Le Sezioni Unite, con il principio enunciato, chiariscono che l’art. 23-quater del d.l. 137/2020, nel limitare la giurisdizione della Corte dei Conti ai profili di spending review, non compromette il diritto alla tutela giurisdizionale.

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