Danno da premorienza e personalizzazione del risarcimento: no alle tabelle milanesi perché inique

La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 25474 del 17 settembre 2025, si è pronunciata in materia di responsabilità sanitaria e quantificazione del danno da premorienza. Il caso riguardava una paziente, deceduta dopo cinque anni di stato vegetativo, conseguente a un arresto cardiaco subito durante un intervento chirurgico. Per un approfondimento su questi temi, consigliamo il “Manuale pratico operativo della responsabilità medica”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.

Manuale pratico operativo della responsabilità medica

Manuale pratico operativo della responsabilità medica

La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia.

L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario.

Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

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Il caso

La vicenda ha origine nel 2014 quando una paziente si recava presso una casa di cura per un intervento di riduzione e osteosintesi di frattura dell’omero destro. Durante le manovre di anestesia generale, la donna subiva un arresto cardiaco che le causava una gravissima sofferenza cerebrale.

Trasferita presso il reparto di rianimazione dell’Ospedale San Raffaele con diagnosi di “coma post anossico”, la paziente veniva successivamente ricoverata presso una Fondazione in stato vegetativo permanente. Qui rimaneva per cinque anni, fino al decesso avvenuto nel dicembre 2019.

L’amministratore di sostegno della paziente conveniva in giudizio la casa di cura per ottenere la condanna al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza delle complicanze insorte durante le manovre per l’induzione dell’anestesia generale. Nel corso del giudizio, sia la paziente che il medico decedevano, subentrando nei rapporti processuali i rispettivi eredi.

Le decisioni di primo grado e d’appello

Il Tribunale di Milano riconosceva la responsabilità concorrente dell’Istituto delle Suore Missionarie (proprietario della casa di cura) a titolo contrattuale e del medico anestesista a titolo extracontrattuale. Il giudice quantificava il risarcimento in euro 257.984,00 per danno da premorienza, respingendo le domande relative ai danni da incapacità lavorativa e alle spese mediche.

La Corte d’Appello di Milano confermava sostanzialmente la decisione di primo grado, modificandola solo per quanto riguardava la posizione degli eredi del medico perché non tenuti al pagamento dei debiti del de cuius in quanto legatari in sostituzione di legittima. Il figlio della paziente, avverso tale sentenza, presentava ricorso in Cassazione.

La quantificazione del danno da premorienza

I motivi di doglianza concernevano principalmente la quantificazione del danno da premorienza: il ricorrente, in particolare, contestava l’applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano, ritenute inadeguate per il caso specifico.

La Corte ha ribadito il principio già affermato con la sentenza n. 41933/2021, secondo cui le tabelle milanesi per il danno da premorienza si dimostrano “non eque” in quanto non rispettano il principio per cui “a parità di durata della vita residua deve corrispondere, ovviamente in caso di uguale invalidità permanente, un risarcimento uguale”.

Il danno già sopportato per un tempo certo non può essere liquidato meno di un danno che verosimilmente si sopporterà, in futuro, per un identico arco di tempo. Il tempo, infatti, esprime la durata della sofferenza (ovvero del pregiudizio) che si è patita o che si dovrà patire, ma a parità di durata deve corrispondere, tendenzialmente, parità di risarcimento.

Il ragionamento della Cassazione, quindi, si basa sulle seguenti argomentazioni:

  1. illogicità della decrescenza del danno: non ha senso ipotizzare che un danno permanente possa decrescere nel tempo, contraddicendo la sua stessa natura di permanenza;
  2. principio di parità temporale: il danno sopportato per un tempo certo non può essere liquidato in misura inferiore rispetto a un danno che ipoteticamente si sopporterebbe per un identico arco temporale futuro.

La personalizzazione del danno

La Suprema Corte, poi, con riguardo alla censura relativa alla personalizzazione del risarcimento, ha chiarito che, pur non essendo configurabile un danno morale per sofferenza soggettiva in caso di stato vegetativo, rimane la necessità di valutare la componente dinamico-relazionale del danno.

Il Collegio, in particolare, ha stabilito che lo stato vegetativo irreversibile comporta “la totale compromissione di ogni attività realizzatrice della persona umana”, situazione eccezionale che giustifica l’applicazione di criteri equitativi per l’aumento dei valori medi di quantificazione.

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Danno patrimoniale e lucro cessante

Il ricorso contestava anche il mancato riconoscimento del danno patrimoniale da lesione della capacità lavorativa specifica e da perdita di chance. La corte territoriale, infatti, aveva escluso il risarcimento del danno patrimoniale per il solo fatto che la vittima era al momento dell’evento pensionata.

La Cassazione, a tal proposito, ha precisato che l’età avanzata e la qualità di pensionato non escludono automaticamente il risarcimento del danno patrimoniale. Il danno da lucro cessante, tuttavia, deve essere provato secondo criteri di verificazione probabilistica, non potendosi limitare a generiche allegazioni di potenziali attività imprenditoriali. Il Collegio ha, infatti, evidenziato come debba valutarsi in concreto la capacità residua di svolgere attività economicamente produttive, anche diverse da quelle effettivamente esercitate.

La decisione della Corte

La Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti stabilendo, quindi, che, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, la liquidazione del danno da premorienza non può condurre a risultati inferiori rispetto a quelli che deriverebbero dalla permanenza in vita della vittima per un pari arco temporale, dovendosi garantire parità di ristoro a parità di durata della sofferenza.

È, inoltre, necessario distinguere e valutare separatamente danno morale e danno dinamico-relazionale, con possibilità di personalizzazione in presenza di circostanze eccezionali che abbiano inciso in misura radicale sulla vita della persona. Né l’età avanzata né la qualità di pensionato del danneggiato escludono, in astratto, la configurabilità di un danno patrimoniale per perdita della capacità lavorativa o di chance, che deve essere accertato in concreto.

Principi di diritto e implicazioni pratiche

Ecco infine una pratica e breve checklist per orientarsi nell’applicazione dei principi affermati dalla Terza Sezione Civile della Cassazione con l’ordinanza n. 25474/2025.

  • Criterio del “più probabile che non”: nel nesso causale della responsabilità civile si applica il principio della preponderanza dell’evidenza, non richiedendosi certezza assoluta ma solo una valutazione comparativa delle ipotesi alternative.
  • Inadeguatezza delle tabelle milanesi: le tabelle del Tribunale di Milano per il danno da premorienza non garantiscono liquidazioni eque, dovendo essere abbandonate in favore di criteri più equitativi.
  • Personalizzazione necessaria: anche nei casi di stato vegetativo, la totale compromissione delle attività realizzatrici della persona giustifica un incremento equitativo del risarcimento base.
  • Danno dinamico-relazionale autonomo: la componente dinamico-relazionale del danno mantiene autonoma rilevanza rispetto a quella puramente biologica, richiedendo valutazione separata.

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