Contratto d’opera o d’appalto per le piccole imprese?

Con ordinanza n. 3682 del 2024, la seconda sezione della Cassazione ha definito i confini della qualificazione del contratto d’opera e del contratto d’appalto di una piccola impresa.

Corte di Cassazione-II sez. civ.-ord. n. 3682 del 09-02-2024

La questione

Tre comproprietarie di un appartamento sito al piano terreno di un edificio hanno adito in giudizio, davanti al Tribunale di Alessandria, il proprietario di un appartamento sovrastante e il titolare della ditta che ha eseguito lavori di ristrutturazione sui lastrici solari, i cornicioni e i canali di gronda.
Le comproprietarie hanno chiesto il risarcimento dei danni subiti a causa delle infiltrazioni che si sono verificate nel loro appartamento e nel porticato. Il titolare della ditta si è costituito in giudizio sostenendo che il contratto avrebbe dovuto essere considerato alla stregua di un contratto d’opera anziché un contratto d’appalto, eccependo inoltre la prescrizione annuale dell’azione secondo l’articolo 2226 del codice civile. Anche il proprietario dell’appartamento sovrastante si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda e domandando di essere manlevato dal titolare della ditta.
Il Tribunale di Alessandria, con una sentenza del 2016, ha classificato il contratto in questione come d’appalto.
Nella stessa sentenza ha ordinato ai convenuti di pagare congiuntamente una somma pari al costo dei lavori necessari per la riparazione dei danni causati dalle infiltrazioni.  In aggiunta a ciò, il giudice di prime cure ha stabilito un versamento di una quota per le spese sostenute ai fini della correzione dell’opera.
La sentenza è stata oggetto d’impugnazione completa dal proprietario; dall’altra parte, la ditta ha presentato un’impugnazione condizionata.

Le motivazioni della Corte d’Appello

La Corte d’appello, nella sua sentenza, ha accolto l’impugnazione principale. Inizialmente, ha determinato che il tipo di contratto coinvolto fosse quello di opera, con conseguente applicazione di un termine di un anno per l’azione contrattuale relativa ai difetti dell’opera. Dal momento che i lavori erano stati completati prima di una certa data, il periodo di tempo per proporre un’azione legale era scaduto prima che fosse presentato il ricorso. Di conseguenza, l’eccezione di prescrizione sollevata è stata considerata valida e la richiesta delle altre parti è stata respinta per questo motivo. Inoltre, la Corte ha chiarito che altre disposizioni legali non erano applicabili, in quanto le parti erano legate da un contratto e l’azione intrapresa era di natura contrattuale.
La Corte ha esaminato anche il motivo riguardante la richiesta di esenzione da parte di una delle parti dall’obbligo di indennizzare l’altra parte. Dalla valutazione dei dati tecnici raccolti durante il processo iniziale, è emerso che diversi fattori hanno contribuito alle infiltrazioni d’acqua. Di conseguenza, la Corte ha modificato la decisione di primo grado che accoglieva la richiesta di indennizzo avanzata dall’altra parte. È stato stabilito che l’unico responsabile dei danni subiti dalle persone coinvolte, in qualità di custode, è stato determinato. In conclusione, la Corte ha deciso che un’impugnazione condizionata non doveva essere trattata separatamente, in quanto le questioni erano già state affrontate.

I motivi di ricorso in cassazione

Per i motivi sopra esposti, le comproprietarie hanno avanzato un ricorso per cassazione.
Il primo argomento ha sollevato dubbi sulla classificazione del contratto come contratto d’opera Si è evidenziato che la Corte ha considerato l’impresa come un’impresa individuale iscritta nell’albo delle imprese artigiane, senza dipendenti al momento dell’esame relativo agli anni 2010, 2009 e 2008.
Il secondo argomento ha contestato che la Corte d’Appello ha considerato l’esistenza dei caratteri della piccola impresa basandosi su un elemento quantitativo, le dimensioni, non verificabile attraverso i documenti relativi al 2006. Inoltre, la Corte si è basata su due elementi aggiuntivi, l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane e la modesta entità dei lavori, che non sono rilevanti ai fini della classificazione del contratto.
Il terzo argomento ha lamentato che la Corte d’Appello abbia ritenuto provati i lavori di impermeabilizzazione, non ravvisando che tra le parti fosse stato stipulato un contratto di appalto.
Il quarto motivo sollevato nella  controversia riguarda la presunta violazione degli artt. 1655, 1669 e 2043 c.c. Nella sua decisione, la Corte d’Appello ha affermato che l’articolo 1669 c.c. non si applica alla situazione in questione poiché richiede la stipula esplicita di un contratto di appalto. Inoltre, ha escluso la responsabilità aquiliana, sostenendo che la questione è disciplinata da un vincolo contrattuale.
Nel quinto motivo di impugnazione, viene sollevata l’eccezione di nullità della sentenza per omessa pronuncia. Le ricorrenti avevano presentato un appello incidentale condizionato, ma la Corte d’Appello ha semplicemente dichiarato che tale appello doveva essere considerato assorbito, senza esprimersi in merito alle questioni sollevate nell’appello incidentale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici della Suprema Corte non hanno accolto i motivi sollevati. Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte d’Appello ha dedotto la mancanza di dipendenti nell’impresa  sulla base delle informazioni relative agli anni dal 2008 al 2010, utilizzando un ragionamento presuntivo. Tuttavia, le ricorrenti non hanno contestato specificamente questo ragionamento presuntivo, né hanno allegato che nell’anno 2006 l’impresa avesse effettivamente dipendenti. Pertanto, la contestazione è apparsa priva di fondamento.
Il secondo motivo solleva critiche sulla valutazione della dimensione dell’impresa da parte della Corte d’Appello, basata su dati non relativi all’anno in cui sono stati eseguiti i lavori. Inoltre, si contestano altri aspetti che hanno portato la Corte d’Appello a qualificare il contratto come contratto d’opera. Questo motivo è strettamente connesso al terzo, che contesta la valutazione fatta dalla Corte d’Appello sui lavori eseguiti dall’impresa, definendoli “di modesta entità” e pertanto compatibili con la natura di piccolo imprenditore del contraente.
Secondo la giurisprudenza consolidata, la distinzione tra contratto d’opera e contratto d’appalto si basa sulla struttura e sulle dimensioni dell’impresa incaricata di fare i lavori. Di solito, il contratto d’opera coinvolge una piccola impresa, come definita dall’art. 2083 c.c. mentre il contratto d’appalto si riferisce generalmente a un’organizzazione di dimensioni medie o grandi. È un compito del giudice di merito l’identificazione della natura dell’impresa coinvolta e quindi la conseguente qualificazione del  contratto come d’opera o d’appalto, valutando le prove e gli elementi di fatto pertinenti, sicché le obiezioni sollevate dalle ricorrenti, sebbene formulate in termini di violazione delle norme del codice civile, mirano principalmente a contestare l’interpretazione dei fatti effettuata dal giudice di merito. Tuttavia, secondo l’opinione della Suprema Corte, il giudice d’Appello ha fornito una giustificazione adeguata, considerando le caratteristiche oggettive dei lavori commissionati, per la qualificazione del contratto come contratto d’opera.
Per quanto attiene al quarto motivo di ricorso, i giudici di legittimità hanno richiamato nuovamente la giurisprudenza consolidata chiarificando che l’articolo 1669 c.c., pur essendo incluso tra le norme che regolano i contratti di appalto, mira a proteggere l’integrità e la funzionalità degli edifici e di altri immobili destinati a una lunga durata, indipendentemente dall’esistenza di un contratto specifico. Pertanto, l’azione di responsabilità prevista da questa disposizione è di natura extracontrattuale e non è legata esclusivamente al rapporto negoziale tra le parti coinvolte.
Nel caso in questione, la Corte d’Appello ha escluso l’applicazione dell’art. 1669 c.c. sulla base delle valutazioni fatte dal giudice di merito. Quest’ultimo ha considerato i lavori oggetto del contratto come di modesta entità e non determinanti “certamente le principali cause delle infiltrazioni”.  Poi, per quanto riguarda la responsabilità dell’appaltatore ai sensi dell’articolo 1669 c.c., la qualificazione del vizio come grave è una valutazione di fatto riservata al giudice di merito, il cui giudizio è insindacabile in sede di legittimità, a patto che sia adeguatamente motivato, come confermato dalla giurisprudenza consolidata della Corte.
Il quinto motivo sollevato non è stato accolto in quanto la Corte d’Appello non ha trascurato di esaminare l’appello incidentale condizionato, ma ha ritenuto che tale appello fosse stato assorbito perché la decisione di primo grado riguardante la condanna del proprietario al pagamento per la riparazione dei danni era divenuta ormai definitiva.

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