Sommario: 1. Il fatto 2. Breve panoramica 3. La ratio della doppia sottoscrizione delle clausole vessatorie 4. Il caso della stipulazione promiscua 5. Conferma della ratio “sostanzialista” negli ultimi sviluppi della giurisprudenza
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Il fatto
La sottoscrizione della previsione contrattuale che determina la competenza territoriale diventa occasione per una riflessione di più ampio respiro[1] a proposito della tutela del contraente in materia di clausole vessatorie.
Nel contratto intercorrente tra un Istituto di credito e il cliente, viene inserita la clausola di individuazione del foro esclusivo: in quanto vessatoria, viene approvata specificamente ex art. 1341 co.2 c.c.
Tuttavia, nonostante le parti si siano premurate per l’apposita sottoscrizione, la statuizione è ritenuta comunque invalida per inidoneità dell’approvazione.
E’ interessante osservare il percorso argomentativo dell’organo giurisdizionale.
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Breve panoramica
Distinguiamo i rapporti intercorrenti tra parti aventi pari forza contrattuale – tra i quali rientrano i contratti business to business[2] e quelli tra consumatori – e le relazioni giuridico-economiche che possono presentare, invece, un’asimmetria (contratti business to consumer).
Per quanto concerne la prima ipotesi, le clausole vessatorie devono essere approvate per iscritto ex artt. 1341 e 1342 c.c.
S’inquadrano in esse tassativamente le condizioni che:
- a favore di colui che le ha predisposte, stabiliscono limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospendere l’esecuzione
- a carico del soggetto che non le ha predisposte, decadenze, limitazioni alla possibilità di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi
- prevedono una proroga tacita o la rinnovazione del contratto
- rimettono l’eventuale controversia ad arbitri rituali, stabiliscono deroghe alla competenza territoriale dell’autorità giudiziaria
Le conseguenze della condizione non approvata per iscritto sono: secondo una prima tendenza[3], la nullità per difetto di forma ad substantiam (con travolgimento dell’intero contratto o della sola clausola e sostituzione della norma derogata[4]); per la seconda impostazione[5], l’inefficacia[6] della clausola, restando salvo il resto del contratto[7].
Relativamente ai rapporti tra professionista e consumatore, la questione viene attratta nell’orbita di operatività del Codice del consumo (d.lgs. 206/2005): si considerano vessatorie quelle clausole che comportano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, pur non contrarie a buona fede.
L’art.33[8] illustra le clausole presunte tali ma è ammessa la prova dell’insussistenza di tale squilibrio.
Possono essere espresse a favore del professionista o in danno del consumatore e hanno per oggetto, o per effetto, di:
- a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
- b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
- c) escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;
- d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
- e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
- f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;
- g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
- h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
- i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
- l) prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;
- m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
- n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
- o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
- p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
- q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;
- r) limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;
- s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;
- t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
- u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
- v) prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell’articolo 1355 del codice civile.
- v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;
- v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.
Si deve sempre notare come il giudizio sulla vessatorietà sia individualizzante, cioè “attiene a quel singolo contratto, per il modo in cui esso è conformato”[9]: tale giudizio si sviluppa tenendo conto della natura del bene o del servizio, facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole (art. 34)[10].
Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni normative, di legge o di principi contenuti in convenzioni internazionali, e quelle oggetto di trattativa individuale[11] (ad eccezione delle ipotesi previste dall’art. 36 punto 2, colpite dalla nullità anche se oggetto di negoziazione)[12].
Il favor nei confronti del consumatore si esprime anche in punto di interpretazione e di forma, essendo applicato il principio di trasparenza (art. 35): l’esigenza che il testo sia redatto in modo chiaro e comprensibile rientra nell’atteggiamento di premura che l’ordinamento conserva per il soggetto debole, nella prospettiva di garantirgli la più adeguata ponderazione delle clausole, in vista di un’ accettazione consapevole.
La conseguenza del positivo riscontro della natura vessatoria è la declaratoria di nullità (di protezione e rilevabile d’ufficio ex art. 36)[13]: con relativa neutralizzazione della clausola e salvezza del contratto depurato. A corredo, sussiste la tutela inibitoria (art. 37) e quella di carattere amministrativo (art. 37 bis).
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La ratio della doppia sottoscrizione delle clausole vessatorie
La disciplina in materia – globalmente intesa, considerando sia l’impianto codicistico che la normativa settoriale [14] – mira a evitare l’integrazione di uno squilibrio effettivo e sostanziale tra le parti.
Com’è noto, la clausola vessatoria “restringe l’ambito di responsabilità del contraente che l’ha predisposta, apportando limitazioni al dettato normativo oppure ai precetti generali di contratto”[15].
Allora, lo strumento idoneo alla protezione della parte contrattualmente debole è la previsione di una sottoscrizione autonoma e separata, rispetto a quella normalmente applicata al regolamento nella sua interezza.
In tal modo, l’aderente – in quanto maggiormente esposto alle determinazioni della controparte predominante in termini di forza contrattuale – può orientarsi liberamente e consapevolmente[16].
La specificità della sottoscrizione è essenziale perché sia assicurata la sua attenzione[17].
Potremmo definire questa ratio “sostanzialista”[18].
Per ritenere valida la clausola sensibile, la giurisprudenza nel corso dei decenni ha voluto verificare la possibilità di un’effettiva consapevolezza circa l’assunzione delle conseguenze derivanti dalla sottoscrizione, per svilire il pericolo della sorpresa, cioè “il pericolo che chi accetta in blocco le clausole predisposte da altri non si renda sufficientemente conto della portata e del significato di ciascuna clausola”[19].
Perciò si è rifiutato un atteggiamento ermeneutico tendente alla ricerca esasperata del formalismo: e, infatti, non occorre che “tale sottoscrizione segua una letterale enunciazione della clausola stessa”[20] così come non è necessaria l’esplicita dichiarazione di averla letta e approvata[21].
Parimenti, il requisito dell’effettiva conoscibilità della clausola pare soddisfatto “dalla sottoscrizione apposta dopo il richiamo espresso anche nella sola forma numerica o di titolo, in quanto permette al sottoscrittore di conoscere il contenuto della clausola e non fa dubitare che la stessa sia stata adeguatamente sottoposta al suo esame”[22].
Così come l’approvazione specifica “non deve essere necessariamente incorporata nel documento contrattuale che contiene la clausola ma può essere contenuta in un documento separato, pure predisposto dalla controparte: sempreché ne risulti sicuramente individuata la clausola singola cui l’approvazione si riferisce, il che basta a garantire che l’attenzione del contraente sia stata particolarmente sollecitata sulla clausola onerosa e che questa sia stata consapevolmente accettata”[23].
Questa è la ragione per cui la giurisprudenza nega che l’esigenza dell’approvazione specifica possa considerarsi soddisfatta da un’unica firma in calce al contratto, anche se immediatamente dopo una dichiarazione di approvazione delle clausole de quibus[24]; così non basta neanche la sussistenza di una seconda sottoscrizione che si limiti ad approvare genericamente e globalmente tutte le clausole previste dal contratto “ai sensi dell’art. 1341 e 1342 c.c.”[25], anche se non è necessario ripetere il contenuto della condizione[26].
Alla luce di queste riflessioni, emerge l’esigenza di verificare la sussistenza di un’indicazione idonea a suscitare l’attenzione del contraente firmatario: questa la stella polare che guida la decisione del giudice circa l’attitudine o meno della sottoscrizione, per poi statuire circa la validità o meno della clausola vessatoria[27].
Tale concezione regge il requisito dell’approvazione scritta inteso ad substantiam[28].
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Il caso della stipulazione promiscua
Nella prassi commerciale, può però capitare che il contraente contrattualmente forte predisponga unilateralmente tutta una serie di condizioni, enucleate “in blocco”, per poi richiedere che vengano sottoscritte indistintamente.
Una volta resa questa seconda sottoscrizione, si intende che l’altra parte abbia accettato volontariamente, insieme alle altre, anche le clausole particolarmente sbilanciate.
Si tratta dell’ipotesi di sottoscrizione promiscua: una sottoscrizione, cioè, indiscriminata, apposta in seguito all’elencazione di clausole vessatorie esposte unitamente a tutte le altre condizioni generali non onerose.
Tuttavia, in questo caso, l’assolvimento della formalità della doppia sottoscrizione non corrisponde a un’accettazione consapevole e ponderata delle stesse. Essendo le condizioni sfavorevoli presentate insieme a quelle non onerose, si impedirebbe al contraente sottoscrittore di prendere consapevolezza circa lo squilibrio che il regolamento di interessi comporterebbe.
La sottoscrizione promiscua, infatti, non riuscirebbe comunque a dimostrare la sussistenza di un’approvazione avveduta e giudiziosa perché le clausole vessatorie così predisposte non sarebbero chiaramente individuabili. Di conseguenza, non si potrebbe ritenere raggiunto quel grado di attenzione e discernimento atto a giustificare la valida accettazione della clausola sconveniente.
Non basta allora l’osservanza cieca del mero requisito formalistico: occorre indagare circa il perfezionamento – o meno – di un’adeguata considerazione delle condizioni svantaggiose.
Vigilanza impedita in nuce, secondo l’orientamento giurisprudenziale, dalla tecnica redazionale de qua.
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Conferma della ratio “sostanzialista” negli ultimi sviluppi della giurisprudenza
Il requisito della specifica approvazione per iscritto, ai sensi dell’art. 1341 co.2 c.c., non può dirsi integrato quindi dal richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive del carattere vessatorio.
In questi termini si esprime il Tribunale di Reggio Emilia con sentenza del 24 aprile 2018 n.623, inserendosi lungo la scia ermeneutica già tracciata dalla Corte di Cassazione[29].
“Le clausole vessatorie devono, infatti, essere tenute distinte dalle altre condizioni generali di contratto e dalle clausole che tali non sono ed essere indicate specificamente in maniera idonea”[30].
La tendenza conferma la ratio, ancora una volta, di matrice sostanziale: rappresentando, la sottoscrizione promiscua, una modalità che “rende oggettivamente difficoltosa la percezione” della vessatorietà.
Non assicurando l’attenzione del contraente debole, propedeutica all’assunzione prudente della clausola sfavorevole, non si rispetta il requisito di specificità richiesto dall’art. 1341 c.c.
La sensibilità ermeneutica in questione sembra favorire, allora, una tecnica che sia concretamente idonea a provocare la concentrazione del sottoscrittore sul significato delle clausole approvate distintamente, quale che sia l’espressione redazionale preferita dai contraenti[31].
Nel ribadire una concezione sostanzialista[32], l’orientamento pare prendere le distanze dalla convinzione secondo cui l’avvenuta sottoscrizione implicherebbe in ogni caso la conoscenza effettiva delle clausole vessatorie[33].
Anche nell’ipotesi di richiamo cumulativo delle clausole, l’accertamento deve essere rigoroso[34] e deve rifuggire da conclusioni a priori: questo sembra intendere l’orientamento della Corte di Cassazione[35] quando, per ammettere la legittimità della sottoscrizione de qua, ha individuato, nella descrizione sommaria del contenuto delle clausole, l’elemento in grado di ritenere raggiunto uno stadio diligente di attenzione sulla clausola di prossima sottoscrizione.
[1] A. ALBANESE, Contratto mercato responsabilità, Giuffrè, Milano 2008, p. 14 e ss: “La derogabilità della disciplina legale non esclude che sia imperativa la norma che dispone la nullità dell’accordo abusivo, significa invece che le parti possono derogare al diritto dispositivo, ove lo scambio non sia il risultato di un abuso. In tal modo la disciplina del rapporto risulta dall’intervento combinato di norme inderogabili e norme dispositive, che concorrono entrambe a definire la struttura del mercato. La non modificabilità delle prime, infatti, non è soltanto funzionale a realizzare un certo livello di uniformità nella disciplina di determinate operazioni, ma mira soprattutto a garantire un effettivo funzionamento concorrenziale del mercato, impedendo l’affermarsi di regole convenzionali, che sono nulle non già perché diverse da quelle legali, ma in quanto abusivamente imposte dalla parte economicamente più forte. […] La legge, quindi, non si sostituisce al mercato ma ne estende gli effetti a rapporti che in assenza di correttivi sarebbero sottratti alla sua influenza. La giustizia contrattuale non si realizza, infatti, in contrapposizione all’autonomia delle parti ma proprio garantendone l’esercizio laddove questo sia stato impedito a una parte”.
[2] Cass. civ., n. 2970/2012
[3] Cass. civ., 1606/1995
[4] G. DE NOVA, Rivista diritto civile, 76, II, p. 480
[5] Esiste anche una terzi tesi, quella dell’inopponibilità, che non è possibile trattare in questa sede. cfr. R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale (Comm.), 268, 276.
[6] Cass. civ., n.11594 /2010
[7] G.B. FERRI, Rivista diritto commerciale, 77, I, 11
[8] La norma continua: “Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista può, in deroga alle lettere h) e m) del comma 2:
- a) recedere, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore;
- b) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.
- Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista può modificare, senza preavviso, sempreché vi sia un giustificato motivo in deroga alle lettere n) e o) del comma 2, il tasso di interesse o l’importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto.
- Le lettere h), m), n) e o) del comma 2 non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera.
- Le lettere n) e o) del comma 2 non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte”.
[9] F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Giuffrè, Milano 2016, p. 916.
[10] Cfr. i commi ulteriori dell’art.34: “[…] La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile.
- Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea.
- Non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale.
- Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.
[11] Cass. civ., 21 dicembre 2018 n.33163; Cass. civ., ord., 27 febbraio 2018 n. 3307
[12] Le ipotesi sono le clausole aventi per oggetto o per effetto di: “a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista; b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista; c) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto”.
[13]Cass.civ., sez. II, 21 marzo 2014 n. 6784
[14] F. GAZZONI, op.cit., p. 914: “Se la disciplina di cui agli artt. 1341 – 1342 è generale, diversificata è invece quella relativa a dette clausole, a seconda che contraggano tra di loro soggetti di pari forza o meno”.
[15]Cass. sent. 22891/15
[16] C.M. BIANCA, Diritto civile, Il contratto, Giuffrè, Milano 1987, p. 351: “In quanto le condizioni generali sono utilizzate dal predisponente nel proprio interesse, l’aderente è particolarmente esposto al pericolo di trovarsi assoggettato ad un regolamento che aggravi ingiustificatamente la sua posizione contrattuale. Il requisito di forma che la legge richiede per l’efficacia delle clausole vessatorie si pone appunto in funzione di tutela dell’aderente, poiché la specifica approvazione per iscritto dovrebbe valere a prevenire la sorpresa di clausole gravose accettate inavvertitamente o senza sufficiente attenzione”.
[17] Cass. sent. 20606/16
[18] Cfr. G. ALPA, Responsabilità dell’impresa e tutela del consumatore, Giuffrè, Milano 1975, p. 515; cfr. C.M. BIANCA, op.cit., p. 370: “Il problema che si pone è allora quello di un controllo sostanziale […] che valga a tutelare gli aderenti contro la regolamentazione abusiva dei rapporti contrattuali, e cioè contro l’abusivo aggravamento della posizione del contraente debole”.
[19] C.M. BIANCA, op.cit., p. 359.
[20] Cass. civ., 9 dicembre 1997 n. 12455
[21] Cass. civ., 28 aprile 1977 n.1632
[22] Cass. civ., 8 gennaio 1996 n.192
[23] Cass.civ., 2 marzo 1971 n.516
[24] Cass.civ., 2 febbraio 2005 n. 2077
[25] Cass. civ., 5 dicembre 2012 n. 18680
[26] Cass. civ., 11 novembre 2015 n. 22984: “L’obbligo della specifica approvazione per iscritto, di cui all’art. 1341 c.c., rimane limitato alla sola clausola vessatoria, senza necessità di trascrizione integrale del contenuto della clausola, essendo sufficiente il richiamo, mediante numero o titolo, alla clausola stessa, in quanto in tal modo si permette al sottoscrittore di conoscerne il contenuto”.
[27] Cass. civ., 6 novembre 2000 n.14454: “[…] anche se individuate con riferimento al numero d’ordine o alla lettera ed all’oggetto di ciascuna di essa”.
[28] Cass.civ., n. 1606/1995
[29] Cass. civ., 12 ottobre 2016 n. 20606: “[…] rispetto alla risalente giurisprudenza citata a tal fine dal tribunale, per il quale la cumulativa elencazione numerica seguita da sottoscrizione per approvazione è sufficiente a farle ritenere operanti, prevale un fermo orientamento di legittimità che è dichiaratamente in senso opposto. Si ritiene, in tema di clausole vessatorie, che si configura richiamo cumulativo, che non soddisfa il requisito della specificità della sottoscrizione delle clausole vessatorie richiamate, non solo quando esso sia riferito a tutte le condizioni generali di contratto, ma anche quando, prima della sottoscrizione, siano indistintamente richiamate più clausole del contratto per adesione, di cui solo alcune siano vessatorie, dovendosi ritenere, per identità di ratio, che neppure in tal caso è garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra le altre richiamate, resa non facilmente conoscibile dal predisponente proprio perché confusa tra quelle”.
[30] Cass. civ., 16417/2009; Cass. civ., n. 4452/2006.
[31] Cass. civ., n. 5733/2008: “Sembra opportuno ribadire che l’esigenza di specificità e separatezza imposta dall’art. 1341 c.c. non può ritenersi soddisfatta mediante il richiamo cumulativo numerico e la distinta sottoscrizione di gran parte delle condizioni generali di contratto, effettuato con modalità tali da rendere difficoltosa la selezione e la conoscenza di quelle a contenuto vessatorio, in quanto la norma richiede non solo la sottoscrizione separata, ma anche la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate”.
[32]Cass. 12 ottobre 2016, n. 20606; Cass. 13 novembre 2014, n. 24193 ; Cass. 11 giugno 2012, n. 9492; Cass. 27 febbraio 2012, n. 2970; Cass. 26 settembre 2008, n. 24262; Cass. 29 febbraio 2008, n. 5733
[33] D. DE GIORGI, Clausole vessatorie: non basta sottoscrivere in blocco le condizioni generali, 19 giugno 2018, www.altalex.it
[34] Cass. civ., 13 novembre 2014 n.24193: “[…] la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni affermato che la specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie deve essere separata ed autonoma rispetto a quella delle altre, perché solo in questo modo viene adeguatamente richiamata l’attenzione del contraente debole. Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata delle stesse, sia pure apposta sotto la loro elencazione secondo il numero d’ordine, non determina la validità ed efficacia, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, cod. civ., di quelle onerose”.
[35] Cass. civ., ord. 9 luglio 2018 n. 17939