La sentenza n. 12007 del 2024 della Sezione Terza civile della Corte di Cassazione riguardante la validità della clausola Euribor nei contratti di mutuo ha offerto chiarimenti circa le condizioni in cui le clausole che fanno riferimento all’Euribor possono essere considerate nulle o parzialmente nulle.
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Scarica qui la sentenza Corte di Cassazione- Sez. III Civ.- sent. n. 12007 del 03-05-2024
La questione
Una società aveva ricevuto un precetto di pagamento di una somma ingente di denaro, basato su un contratto di mutuo ipotecario. Questa ha contestato la validità della cessione del credito, presentando opposizione all’esecuzione e sostenendo che l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale non era sufficiente per legittimare l’azione. Il Tribunale di Busto Arsizio e successivamente la Corte d’Appello di Milano hanno confermato la validità del titolo e respinto l’opposizione. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, denunciando la mancanza di una prova specifica della cessione, l’inidoneità del mutuo come titolo esecutivo e l’assenza di legittimazione all’azione esecutiva da parte della società creditrice.
I motivi di ricorso
Come primo motivo di ricorso, la società ha sostenuto la violazione degli artt. 111, 113, 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., criticando la legittimità della cessione del credito comunicata solo tramite pubblicazione in G.U.;
Il secondo motivo del ricorso ha messo in dubbio la validità del contratto di mutuo come titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., poiché la somma mutuata era stata depositata su un conto infruttifero;
Il terzo motivo del ricorso ha contestato la legittimazione delle società nell’azione esecutiva come causa di una possibile violazione dell’art. 106 del TUB relativo all’iscrizione nell’albo tenuto da Banca d’Italia.
Valore probatorio dell’avviso pubblicato in G.U.
Nel rigettare il primo motivo di ricorso, la Cassazione ha affermato che, in base ai principi consolidati in materia, l‘avviso pubblicato in G.U., previsto dall’art. 58 del TUB può avere valore probatorio per dimostrare la cessione del credito in blocco. Tuttavia, quando il debitore contesta la legittimità della cessione stessa, il giudice deve esaminare tutte le prove disponibili, considerando la notifica pubblica come una prova indiziaria.
Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva valutato in modo corretto che la cessione del credito era stata dimostrata attraverso vari documenti, tra cui l’avviso pubblicato in G.U. e altri elementi probatori che confermavano che il credito contestato rientrava con effettività nella cessione in blocco.
Titolo esecutivo nel mutuo
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso.
In primo luogo, i giudici hanno sollevato la questione attinente alla natura del contratto di mutuo. Poiché la Corte d’Appello di Milano aveva affermato che il mutuo si era perfezionato nonostante la somma fosse stata depositata su un conto infruttifero, vincolato a specifiche condizioni, la Cassazione ha sottolineato che il punto centrale della questione non avvolgeva solo la validità del contratto di mutuo, ma piuttosto se questa potesse servire come titolo esecutivo legittimo per intraprendere un’azione esecutiva.
I giudici ermellini hanno criticato l’approccio della Corte d’Appello per non aver valutato se le condizioni post-contrattuali influenzassero l’obbligazione attuale di pagamento, di cui all’art. 474 c.p.c. Secondo la Cassazione, il giudice d’appello non doveva solo accertare la formalizzazione del mutuo, ma anche considerare tutte le obbligazioni successive.
Inoltre, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione dello “svincolo” della somma mutuata, che si riferisce al trasferimento della proprietà di una somma in precedenza erogata alla parte mutuataria e successivamente riaccreditata su un conto bancario controllato dalla banca stessa. Tale svincolo è obbligatorio, purché le condizioni previste dall’accordo vengano soddisfatte, come stabilito nell’atto pubblico.
Tuttavia, prima del verificarsi di tali condizioni, la mutuataria non ha alcun obbligo di restituzione della somma, poiché questa è già nel patrimonio della banca. Fino a quel punto, la banca è obbligata a trasferire la somma alla mutuataria, ma solo dopo l’avveramento delle condizioni contrattuali.
La Cassazione ha sottolineato l’insufficienza a verificare l’esistenza di un contratto di mutuo per stabilire l’efficacia del titolo esecutivo, sottolineando che sarebbe stato necessario valutare tutte le pattuizioni contrattuali per determinare l’esistenza di un’obbligazione di pagamento vigente da parte della mutuataria.
Infatti, prima dello svincolo, le somme depositate nel conto infruttifero rimangono sotto il controllo della banca e non generano alcun obbligo esecutivo senza la presenza di un valido documento aggiuntivo che ne certifichi il trasferimento.
- In definitiva, il principio di diritto formulato dalla Corte di Cassazione afferma che, nel caso in cui una banca eroghi una somma di denaro a mutuo a una parte mutuataria, ma la somma viene immediatamente restituita alla banca stessa, a condizione che sarà svincolata solo al verificarsi di determinate condizioni, il contratto è da considerarsi un mutuo reale. Tuttavia, secondo l’art. 474 c.p.c., questo accordo negoziale non può essere utilizzato da solo come titolo esecutivo. Infatti, la mutuataria ha un obbligo di restituzione solo nel momento in cui la somma svincolata rientri nel suo patrimonio. Pertanto, è necessario un ulteriore atto attestante l’effettivo svincolo della somma dalla banca alla mutuataria. In assenza di tale documento, il contratto di mutuo di per sè non costituisce titolo esecutivo.
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Intese restrittive della concorrenza e rimedi interni all’ordinamento
Sull’inammissibilità del terzo motivo del ricorso è opportuno ricordare che i giudici d’appello avevano stabilito la validità della clausola Euribor all’interno del contratto di mutuo, e la società appellante, nel proporre appello, si era limitata a ribadire la nullità della clausola senza spiegare e contestare in che modo la motivazione fornita dal tribunale avesse mal interpretato le norme di diritto.
L’approfondimento evidenziato dai giudici ermellini riguardava la necessità di stabilire se i contratti di mutuo che fanno riferimento all’Euribor possano considerarsi “a valle” rispetto alle intese restrittive della concorrenza, sanzionate dalla Commissione Europea nel 2013 e confermate nel 2016. In particolare, occorreva capire se tali contratti rappresentassero una “applicazione” delle intese illecite, come in passato la Corte aveva già stabilito per i contratti di fideiussione “a valle” di intese nulle. La Corte ha ritenuto che un contratto possa essere considerato “a valle” solo se una delle parti fosse a conoscenza delle pratiche restrittive “a monte” e avesse intenzione di trarne vantaggio.
In ogni caso, secondo la Corte, le parti devono poter fare affidamento sui rimedi previsti dall’ordinamento interno per regolare i contratti “a valle” e proteggere gli interessi negoziali. Di talché, per i giudici della Cassazione, non è necessario ricorrere ai rimedi offerti dalle norme sovranazionali sulla concorrenza, come l’art. 2 della legge n. 287/1990 e l’art. 101 del TFUE. La Corte ha stabilito che i rimedi previsti dall’ordinamento interno sono sufficienti a regolare l’impatto di eventuali alterazioni illecite del parametro di riferimento per il tasso di interesse concordato tra le parti, anche senza la dichiarazione della nullità delle clausole contrattuali legate all’Euribor: la manipolazione rende la clausola contrattuale inadeguata, e può portare alla sua parziale nullità per il periodo in cui l’alterazione ha avuto effetto.
- In definitiva, le clausole contrattuali che fanno riferimento all’Euribor, pur in presenza di pratiche illecite che ne hanno alterato il valore, non possono essere considerate nulle a priori per il solo fatto di rappresentare un’applicazione di un’intesa illecita, a meno che uno dei contraenti non abbia deliberatamente cercato di trarre vantaggio da tale manipolazione. In tutti gli altri casi, l’alterazione del parametro comporta una nullità parziale della clausola, limitatamente al periodo in cui la manipolazione ha avuto effetto. Inoltre, il principio generale di complementarietà dei rimedi contrattuali consente ai contraenti danneggiati di ricorrere a strumenti risarcitori nei confronti dei responsabili delle pratiche illecite.
Conclusione
In conclusione la Sezione Terza civile ha enunciato i seguenti principi di diritto:
- «I contratti di mutuo contenenti clausole che, al fine di determinare la misura di un tasso d’interesse, fanno riferimento all’Euribor, stipulati da parti estranee ad eventuali intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza dirette alla manipolazione dei tassi sulla scorta dei quali viene determinato il predetto indice, non possono, in mancanza della prova della conoscenza di tali intese e/o pratiche da parte di almeno uno dei contraenti (anche a prescindere dalla consapevolezza della loro illiceità) e dell’intento di conformare oggettivamente il regolamento contrattuale al risultato delle medesime intese o pratiche, considerarsi contratti stipulati in “applicazione” delle suddette pratiche o intese; pertanto, va esclusa la sussistenza della nullità delle specifiche clausole di tali contratti contenenti il riferimento all’Euribor, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990 e/o dell’art. 101 TFUE»;
- «Le clausole dei contratti di mutuo che, al fine di determinare la misura di un tasso d’interesse, fanno riferimento all’Euribor, possono ritenersi viziate da parziale nullità (originaria o sopravvenuta), per l’impossibilità anche solo temporanea di determinazione del loro oggetto, laddove sia provato che la determinazione dell’Euribor sia stata oggetto, per un certo periodo, di intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza poste in essere da terzi e volte a manipolare detto indice; a tal fine è necessario che sia fornita la prova che quel parametro, almeno per un determinato periodo, sia stato oggettivamente, effettivamente e significativamente alterato in concreto, rispetto al meccanismo ordinario di determinazione presupposto dal contratto, in virtù delle condotte illecite dei terzi, al punto da non potere svolgere la funzione obbiettiva ad esso assegnata, nel regolamento contrattuale dei rispettivi interessi delle parti, di efficace determinazione dell’oggetto della clausola sul tasso di interesse»;
- «In tale ultimo caso (ferme, ricorrendone tutti i presupposti, le eventuali azioni risarcitorie nei confronti dei responsabili del danno, da parte del contraente in concreto danneggiato), le conseguenze della parziale nullità della clausola che richiama l’Euribor per impossibilità di determinazione del suo oggetto (limitatamente al periodo in cui sia accertata l’alterazione concreta di quel parametro) e, prima fra quelle, la possibilità di una sua sostituzione in via normativa, laddove non sia possibile ricostruirne il valore “genuino”, cioè depurato dell’abusiva alterazione, andranno valutate secondo i principi generali dell’ordinamento».
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Avvocato, Partner di Orsingher Ortu Avvocati Associati e responsabile della practice di diritto antitrust. Dottore di ricerca in diritto commerciale presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, ha conseguito un Postgraduate Diploma in EU Competition Law e un LL.M. in International Business Law, rispettivamente presso il King’s College London e la De Montfort University of Leicester. È Non Governmental Advisor della DG Competition della Commissione europea, nonché professore a contratto di diritto antitrust presso l’Università Mercatorum. Ha maturato particolare esperienza nei settori regolati, quali tlc, media, energy e farmaceutico, assistendo clienti nazionali e internazionali dinanzi all’AGCM, alla Commissione europea, al Giudice amministrativo e a quello ordinario, nonché alle Corti comunitarie in relazione a ogni genere di criticità antitrust o consumeristica. È presente nelle principali legal directories italiane e internazionali quale esperto di competition law ed è autore e/o curatore di numerose pubblicazioni in materia di diritto della concorrenza e dei consumatori, tra cui un’opera monografica (Le linee guida sulla quantificazione delle sanzioni antitrust, Torino, 2018) e un trattato (Diritto antitrust, Milano, 2021).
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