Cessione di credito: funzione della notifica ex art. 1264 c.c. e mancata contestazione da parte del debitore ceduto

Con la sentenza n. 3184 del 18 febbraio 2016, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito, in materia di cessione del credito, quale sia la funzione della notifica prevista dall’art. 1264 c.c. e se, in particolare, la mancata contestazione a seguito di tale notifica comporti il riconoscimento di debito verso il nuovo creditore da parte del debitore ceduto.

Nel caso di specie, la società ricorrente riteneva di aver adempiuto all’onere di provare l’esistenza del credito ceduto, dal momento che a seguito dell’avvenuta notifica della cessione tramite ufficiale giudiziario al debitore ceduto, non era stata effettuata alcuna contestazione, salvo quella proposta per la prima volta in sede giudiziale: circostanza che, a parere del ricorrente, comportava una tacita accettazione da parte del debitore ceduto integrante un vero e proprio riconoscimento di debito verso il nuovo creditore.

A tal riguardo, v’è in effetti una parte della dottrina che sostiene la tesi secondo cui l’accettazione (nella specie, tacita) della cessione del credito avrebbe natura di riconoscimento di debito. La Cassazione ha tuttavia smentito tale orientamento ritenendo che la notifica prevista dall’art. 1264 c.c. svolge piuttosto la funzione di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, e non vale ad esonerare quest’ultimo dall’onere di provare il credito.

La Suprema Corte ha poi ribadito il già espresso principio di diritto, in forza del quale il debitore ceduto, pur se portato a conoscenza della cessione, non viola il principio di buona fede nei confronti del cessionario se non contesta il credito, né il suo silenzio può costituire conferma di esso, perché “per assumere tale significato occorre un’intesa tra le parti ed invece egli rimane estraneo alla cessione, di modo che è onere del cessionario provare l’esistenza e l’ammontare del credito” (Cass. civ., sez. II, 27.02.1998, n. 2156).

L’accettazione della cessione da parte del debitore ceduto costituisce dunque dichiarazione di scienza priva di qualunque contenuto negoziale e non vale in sé quale ricognizione tacita del debito. Tale valenza non può infatti desumersi nè dal silenzio del debitore sulla natura del credito ceduto – atteso che quest’ultimo si identifica con il contratto dal quale nasce, da presumersi noto al nuovo creditore – nè dalla mancata informativa al cessionario sulle ragioni della contestazione del credito, in quanto l’obbligo di diligenza di cui all’art. 1176 c.c. è imposto al debitore solo nell’adempimento della prestazione, mentre non può essere esteso sino ad includere l’informazione dettagliata delle ragioni del rifiuto di adempiere (Cass., sez. I, 18.12.2007, n. 26664).

In conclusione, la Corte ha pertanto rigettato il ricorso, con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, sez. III civile, sentenza n. 3184 del 18 febbraio 2016

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