
La decisione emessa il 28 marzo 2025 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nella causa civile iscritta al n. 9126/2019 R.G.A.C. (trovi il testo integrale della sentenza qui), offre uno spaccato significativo circa il corretto assetto probatorio nelle operazioni di cessione di crediti, in particolare nell’ambito delle cartolarizzazioni disciplinate dall’art. 58 del D.lgs. n. 385/1993. Nella controversia in esame, la parte creditrice, che aveva fatto valere il proprio diritto mediante decreto ingiuntivo (pubblicato il 27 giugno 2019), si è trovata a dover provare in maniera puntuale e documentata la titolarità del credito oggetto della cessione. La parte debitrice, opponendosi al decreto, ha invece sollevato la questione dell’inesistenza di una prova contrattuale adeguata per dimostrare l’inclusione del credito nell’operazione di cartolarizzazione.
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Aspetti probatori e contesto processuale
Il giudice ha sottolineato l’importanza di differenziare, in sede probatoria, la mera efficacia formale dell’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dalla necessità di produrre un documento contrattuale che contenga tutti gli elementi identificativi del credito trasferito. Sebbene la pubblicazione costituisca un presupposto indispensabile per la validità della cessione in blocco – in deroga agli obblighi di notifica individuale previsti dall’art. 1264 del Codice Civile – essa possiede solo un valore indiziario. Di conseguenza, il documento che attesti il contenuto e la portata dell’operazione deve essere redatto con la dovuta precisione, in modo da consentire, anche in presenza di contestazioni specifiche, l’identificazione inequivoca del credito oggetto di trasferimento.

Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito
Aggiornato al terzo decreto correttivo del CCII (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136), il volume, giunto alla sua II edizione, propone un’ampia ricognizione delle rilevanti novità normative e del panorama giurisprudenziale sul tema della crisi da sovraindebitamento. Sono raccolti diversi casi giudiziari riguardanti piani, omologati e non, ove emergono gli orientamenti dei vari fori e le problematiche applicative della normativa di riferimento. Il taglio pratico rende l’opera uno strumento utile per il professionista – gli organismi di composizione e i gestori della crisi, gli advisor e i liquidatori – al fine di offrire un supporto nelle criticità e i dubbi che possano sorgere nella predisposizione del Piano.
Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.
Tecniche difensive e onere della prova
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Differenziazione tra notifica e prova contrattuale: Il giudice ha evidenziato che la notificazione della cessione, anche se effettuata tramite l’avviso pubblicato, non costituisce in sé prova del contenuto del contratto di cessione. La necessità di integrare tale elemento con una documentazione contrattuale completa si rivela imprescindibile per evitare ambiguità probatorie e contestazioni efficaci.
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Criticità degli elementi documentali prodotti: La documentazione presentata dalla parte creditrice – comprendente estratti ufficiali, elenchi non dettagliati e dichiarazioni unilaterali rese nell’ambito di solleciti di pagamento – è stata ritenuta incapace di soddisfare il requisito dell’identificazione precisa del credito. La mancanza di una ricostruzione puntuale, che includesse criteri specifici relativi all’esatta natura e alle caratteristiche del credito, ha permesso di far emergere il difetto della pretesa monitoria.
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Imposizione del “criterio della ragione più liquida”: basandosi su orientamenti consolidati, il giudice ha applicato il criterio della ragione più liquida, il quale ha portato alla revoca del decreto ingiuntivo. Questo principio, adottato anche in precedenti pronunce, serve a prevenire che si emettano decisioni fondate su elementi documentali insufficienti, a discapito della necessaria trasparenza e precisione nell’ambito delle operazioni di cessione in blocco.