
La questione
Un contribuente ha presentato ricorso contro una sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva annullato una precedente decisione che dichiarava non validi alcuni avvisi di liquidazione e relative sanzioni emesse dall’Agenzia delle Entrate per mancato pagamento dell’imposta di registro nel 2012 e 2013.
La questione riguardava un contratto di affitto del 2010 con una compagnia aerea, inerente a un immobile residenziale a Milano destinato al rappresentante legale dell’azienda locataria.
La Commissione tributaria regionale ha stabilito che il l’art. 3, comma sesto, del d.lgs.n. 23 del 2011 impedisce di applicare la “cedolare secca,” un regime fiscale agevolato previsto dal comma 1 per i locatori privati che non conducono attività commerciali, esclusione che si applica alle locazioni in cui l’inquilino svolge un’attività commerciale, professionale o artistica, non permettendo quindi l’utilizzo del regime agevolato.
Il motivo del ricorso
Con un unico motivo di ricorso, il contribuente ha contestato la decisione della Commissione tributaria regionale di equiparare erroneamente, ai fini della cedolare secca, i conduttori ai locatori. In particolare, ha sostenuto che solo i locatori possono beneficiare del regime se non svolgono attività imprenditoriale, artistica o professionale, criticando l’interpretazione restrittiva fornita dall’Agenzia delle Entrate.
Le argomentazioni della Corte
I giudici hanno opinato per la fondatezza del motivo di ricorso, poiché il proprietario o titolare di diritti reali di unità immobiliari abitative, optando per la cedolare secca, assolve il proprio obbligo tributario mediante il versamento della cedolare, come stabilito dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 7 aprile 2011 sicché la base imponibile è determinata dal canone di locazione annuo concordato tra le parti, con un’aliquota del 21% (o ridotta in caso di canone concordato). Inoltre, il locatore che sceglie questo regime agevolato non può richiedere l’aggiornamento del canone.
Secondo i giudici ermellini, sulla base all’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011, le regole riguardanti il regime della cedolare secca non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nel contesto di un’attività d’impresa o di arti e professioni. Questa disposizione, per essere coerente con le precedenti, che concedono al locatore la possibilità di scegliere il regime della cedolare secca senza interferenze da parte del conduttore, deve essere interpretata come riferita solo alle locazioni effettuate dal locatore nell’ambito della sua attività economica, indipendentemente dalle necessità abitative del conduttore. Tale interpretazione non solo si basa sul testo della legge, ma anche sul suo obiettivo di contrastare l’evasione fiscale, agevolare l’accesso agli alloggi e proteggere il patrimonio immobiliare.
La Corte chiarisce che nonostante il regime della cedolare secca possa portare vantaggi anche al conduttore, ciò non giustifichi una restrizione delle sue applicazioni a scapito del locatore, che è il principale beneficiario del regime. Inoltre, l’art. 3, comma 6-bis, non esclude la possibilità per il locatore di scegliere la cedolare secca anche per contratti di locazione con imprenditori o professionisti, mentre specifica le condizioni per la sub-locazione ad uso abitativo a studenti universitari al fine di prevenire abusi o distorsioni della normativa sulla cedolare secca.
Conclusione
Infine, i giudici hanno precisato che l’Agenzia delle Entrate non ha il potere di creare norme fiscali attraverso circolari o risoluzioni. Infatti, la circolare del 1/6/2011 n. 26/E non ha valore normativo e non può influenzare i rapporti tributari. Di conseguenza, la validità ricorso dipende dal fatto che il locatore può scegliere la cedolare secca anche se il conduttore svolge un’attività professionale.
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