
La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 29760 dell’11 novembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), affronta un caso di responsabilità per caduta su una scalinata monumentale comunale (nell’episodio specifico, la Scalinata Tirinità dei Monti a Roma), mettendo a fuoco uno degli aspetti centrali in tema di responsabilità da cose in custodia: il ruolo della condotta del danneggiato nella verifica del nesso causale. Pur riguardando un bene storico soggetto a costante usura, la vicenda offre l’occasione per chiarire, ancora una volta, come si distribuiscono gli oneri probatori e quando l’imprudenza può integrare caso fortuito, escludendo la responsabilità dell’ente custode.
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Cos’era accaduto?
Una donna aveva convenuto in giudizio il Comune di Roma chiedendo il risarcimento dei danni derivanti da una caduta lungo una scalinata monumentale (Trinità dei Monti, appunto), affermando che i gradini fossero in cattivo stato di manutenzione. Il Comune della capitale, però, aveva rilevato che si trattasse di un bene monumentale soggetto a usura continua, regolarmente pulito e privo di insidie non visibili. La ricostruzione dell’incidente, inoltre, era risultata incerta: non erano stati indicati con precisione né il punto esatto della caduta né prodotti elementi probatori (fotografie, testimoni) idonei a dimostrare un difetto della “cosa custodita”.
Sia il Tribunale sia la Corte d’appello avevano escluso la responsabilità dell’ente, ritenendo prevalente la condotta imprudente dell’utente e non provato il nesso causale tra stato dei luoghi e sinistro. La ricorrente ha quindi adito la Suprema Corte.
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La valutazione della Suprema Corte: onere della prova sul nesso causale
La Cassazione, nell’analizzare il ricorso, ha ribadito quanto segue: la responsabilità ex art. 2051 c.c. è sì oggettiva, ma richiede sempre la prova del nesso causale tra cosa e danno. Prova che, nel caso di specie, mancava.
La ricostruzione della caduta era stata generica: non erano stati individuati né il punto preciso, né le condizioni dei gradini; nessuna fotografia o testimonianza era stata utilmente prodotta; la ricorrente, poi non aveva presentato ulteriori istanze istruttorie. In assenza di elementi certi sulle condizioni della scalinata nel punto della caduta, non può dirsi provata la “normalità causale” tra condizione della cosa e sinistro.
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La condotta del danneggiato come possibile caso fortuito
Quando la situazione di possibile pericolo è prevedibile e superabile con cautele ordinarie, l’imprudenza dell’utente può assumere efficacia causale esclusiva, interrompendo il nesso.
Nel caso concreto, la scalinata:
- era nota, monumentale e staticamente strutturata;
- presentava caratteristiche visibili e prevedibili;
- era percorsa con buona visibilità e senza affollamento.
La stessa danneggiata aveva dichiarato di aver visto bene la scala e di conoscere il luogo. Per la Corte, queste condizioni rendono ragionevole imputare la caduta a un comportamento disattento, integrando il caso fortuito idoneo a escludere la responsabilità del custode.
Inammissibilità dei motivi di ricorso
La Terza Sezione Civile ha, quindi, rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Aldilà, infatti, dell’erroneità delle censure della ricorrente rispetto alle quali la Cassazione ha ribadito i principi in tema onere della prova e caso fortuito nel danno da cose in custodia, il ricorso era inammissibile anche perché volto a ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità quando la motivazione del giudice di merito sia logica e completa, come nel caso di specie.
Conclusioni
La decisione offre un richiamo per chi agisce in giudizio per danni da caduta su beni pubblici: l’onere della prova sul nesso causale non può essere assolto attraverso allegazioni generiche. La prevedibilità del rischio, specie in luoghi noti e “naturalmente statici” come una “celebre scalinata monumentale”, diventa elemento chiave: se il pericolo è superabile con cautele ordinarie, l’imprudenza dell’utente può integrare il caso fortuito, facendo venir meno la responsabilità dell’ente custode.











